Tommaso Minniti ci parla della pièce che sta portando in giro per l’Italia, “Spezza le tavole senza legge!”. Una pièce politico-poetica come lui stesso l’ha definita, che ci riporta all’ordine eterno delle cose, alla vera legge che non muore. Una pièce che vuole scuotere e provocare lo spettatore, come solo la vera arte sa fare.
Nel buio di questi tempi occorre riportare la parola alla vera luce, alla luce di verità. Perché la parola, se vera, può liberare l’uomo dall’illusione in cui si è da solo gettato. Ma per fare questo non bastano le analisi, le pur ragionevoli riflessioni, le quali soffrono sempre di un fiato corto, di un coraggio che non si dà mai del tutto. Serve di più, serve la voce e la potenza dell’arte. Quella ancora capace di definirsi tale!
E per questo vogliamo con piacere dare risalto ad una pièce teatrale che sta girando l’Italia: Spezza le tavole senza legge! facendo due chiacchiere con Tommaso Minniti che della stessa pièce è autore, regista e interprete.
Tommaso Minniti, perugino di nascita, si diploma al Piccolo Teatro di Milano e, iniziando sotto il magistero teatrale di Giorgio Strehler, prosegue una carriera che dura da oltre 25 anni, una carriera che lo ha portato su innumerevoli palcoscenici nazionali e internazionali.
Nel 2021 produce e dirige il documentario Non è un caso, Moro che vuole far luce sulle verità più nascoste e taciute del delitto che ha segnato la storia del secondo dopoguerra.
Come già nel film, anche nel suo recente spettacolo teatrale, Tommaso si avvale della collaborazione del compositore e musicista Johannes Bickler.
Come nasce, Tommaso, l’idea di questa pièce teatrale?
Nasce come tutto ciò che non nasce mai a caso:
Mi viene chiesto di scrivere qualcosa per arricchire delle conferenze e io scrivo una intera pièce che alla fine ha costretto anche le conferenze a diventare teatrali. Il teatro è un mezzo molto più potente di qualsiasi parola lasciata sciolta. Dopo aver usato il mezzo cinematografico, con il film Non è un caso, Moro sono tornato a trafiggere la cronaca marcia, ma dal palcoscenico, da dove è più divertente per un regista e attore trasformare la potenza della parola, nell’atto del fingere, quel rito meraviglioso del “fare per saper far accadere”: il Teatro.
Naturalmente fingere non significa affatto mentire, quello lo fanno gli attori non dichiarati, prestati per una stagione alla politica, fingere è costruire una potente allusione che instradi il mondo grande (il pubblico) al motivo della vita.
Lo spettacolo si impernia su due punti focali: il Mito della Caverna di Platone e le Tavole della Legge consegnate a Mosè. Ci sono però anche altri riferimenti che tu usi in scena, da Eliot a Campana, per esempio. E tutto si gioca sul contrasto tenebra-luce. Ce ne vuoi parlare meglio?
Non so nemmeno io cosa ho fatto e come l’ho concepito. Resta il fatto che è nato così, come un tragitto lampante dal buio alla luce: tento di far sposare la logica platonica del mito della caverna e le leggi date alla luce del Logos.
Il tentativo è quello di mostrare con una logica ferrea e con un’ironia devastante, che nessun codice, nessuna legge, nessun decreto esposto senza la luce della Verità produrrà mai sapienza, né virtù negli umani che lo osserveranno.
Oggi le leggi sono tutte date e ricevute nel buio della falsa luce dell’occulta fratellanza e questo è un grosso problema per i pochi che hanno capito.
I restanti sono pronti a tuffarsi nei paradigmi falsi di un nuovo ordine e … tanti auguri!
Qui la poesia entra potente: me ne servo, attraverso i versi di Dino Campana, per dimostrare senza dubbi che il Nuovo Ordine preconizzato dai signori della caverna non esiste, anzi descrive il massimo avanzamento verso il disordine. Se oggi avete la sensazione che tutti i cambiamenti stiano strisciando trasversalmente, è perché il disordine non può darsi un tono, ma deve usare la coperta del perbenismo per attecchire di nascosto.
Tutto questo non è un discorso ozioso, in teatro l’ozio non resiste alla prova del pubblico. Denunciare il buio oggi è vitale. Mettersi alla luce della verità è capitale e bisogna farlo anche in fretta. Per questo alla fine della pièce sono accolto puntualmente da una standing ovation, perché quel che suscitiamo è necessario e io pretendo che il pubblico esca dal teatro diverso da come è entrato, lo pretendo da me stesso, ovviamente!
Poi si va al sodo, i principi che contano, l’ordine eterno delle cose, la legge che non muore.
Infine la soluzione, che è quasi invisibile, sottilissima e viene evocata attraverso il meraviglioso dramma poetico di Eliot. Insomma nulla è giocato a basso costo, a costo di realizzo, qui o si fa la verità o si muore.
Perché una pièce politica, che riguarda platonicamente le cose della Polis, in un registro poetico? C’è bisogno di reinquadrare il senso della vera Politica e della vera Poesia?
C’è bisogno di parlar chiaro, ma senza prendere a cazzotti il pubblico con la verità.
La verità per fare effetto deve rivelarsi in un abbraccio che sembri unico e irrinunciabile. Così si percepisce anche la mia (teatrale) distanza da un certo mondo del dissenso che grida cercando voti. Perché quando le menti raffinatissime avranno messo a punto il loro nuovo step, io sono sicuro, gli urlatori torneranno a chiudersi in casa e benediranno soluzioni istituzionali qualunquistiche e cieche.
Mentre noi diamo alla parola d’arte, alla musica e alla logica il ruolo di aggrappante, come fosse un’ancora ben incagliata al senso profondo delle cose.
Con quali scopi nasce l’Italia? Qual è la matrice della Democrazia? Che danno stanno facendo i camerieri del potere, nella loro rappresentazione inverosimile della realtà?
Ci è utile l’ordine di sempre? Dove le leggi eterne torneranno a imprimersi nelle nostre vite, se le abbiamo estromesse dalle nostre consuetudini?
Spezzare le tavole senza legge vuole auspicare che se un ordine autentico ci sarà utile dovremo imparare a conservarlo dentro, perché fuori di noi, tra le righe dei decreti e nel procedere delle istituzioni è ormai tutto preso!
In altre occasioni hai detto che l’artista deve stare in un luogo “altro” e che da lì deve farsi portatore di una visione. Che deve riuscire a provocare lo spettatore. Trovo molto importanti e urgenti per questo tempo le tue parole. Ti chiedo di approfondirle.
Noi siamo prigionieri del flusso di notizie che esce da questa immensa sala di deanimazione, che è il nostro tempo.
Prendo come esempio me stesso: invitato a presentare il mio film, o prima di uno spettacolo, sto in silenzio per giorni, magari in campagna da solo. Come credete si possano avere parole incisive, assolute, deterrenti e determinanti se ne disperdiamo a tutte le ore del giorno, ascoltando ed emettendo chiacchiere?
Ecco, un artista chiamato a “fare per saper far accadere” deve collocarsi fuori dalle diatribe d’opinione, fuori dal commento di cronaca, perché tutto questo in un’ottica assoluta, che l’artista è obbligato per “deontologia” a frequentare, appesantisce le ali e mette il povero dicitore all’angolo del già detto, del politicamente a posto, insomma lo rende insulso e la sua opera inutile. Pasolini diceva: “Io so ma non ho le prove” perché il fronte probatorio va lasciato a chi si illude che la realtà è quello che si vede. L’artista sa che è la verità che conta e la verità non la puoi scegliere, sceglie lei te, quindi devi avere il cuore libero, anche solo per riconoscerla. Altro che chiacchiere e Maurizi Costanzi Show! Incidere il senso ultimo delle cose richiede l’umiltà di saper il tanto che non sai e che non sei. Non è forse il nostro un tempo di media alfabetizzazione, di superbia incomparabile e impareggiabile stoltezza? Cose che vanno immancabilmente insieme. Umilmente, ma dirompenti, noi invertiamo la rotta.
Evviva, esistono ancora giornalisti veri ed artisti veri….ma il pubblico vero c’è????
Giusta provocazione.
Ne abbiamo scritto anche altrove in precedenti articoli. Ognuno di noi si chieda se è disponibile a lasciarsi sorprendere, provocare, elevare. Oppure se cerca solo ciò che lo conferma in quello che è e sa. Non si dà arte senza un pubblico capace di riceverla e promuoverla.
Non posso commentare ciò che scrivi , il tuo scritto e pensiero è il mio , posso solo condividere.
Grazie Luca. Credo che lo scambio con Tommaso Minniti, nella sua pur brevità, nasconda molti più spunti di riflessione di tante analisi che si leggono in giro. Se lo apprezzi, diffondilo. Anche Tommaso ne sarà certamente felice.
Noi qui, su questo sito, cerchiamo sempre di offrire riflessioni che non sono abituali, nemmeno nell’area del “dissenso” e chiedono un tempo di sosta al lettore.