LA MACCHINA MEDIATICA DI BRUXELLES: I FINANZIAMENTI DELL’UE AI MEDIA E LA DEFINIZIONE DEL DISCORSO PUBBLICO

DiOld Hunter

5 Giugno 2025

Un nuovo rapporto svela un vasto sistema, in precedenza poco indagato, attraverso il quale l’Unione Europea eroga annualmente 80 milioni di euro all’anno a progetti mediatici in tutta Europa e oltre.

di Thomas Fazi, thomasfazi.com, 3 giugno 2025    â€”    Traduzione a cura di Old Hunter

In un nuovo rapporto esclusivo per MCC Brussels — La macchina mediatica di Bruxelles: finanziamenti dell’UE ai media e la definizione del discorso pubblico â€” rivelo un vasto sistema, in precedenza poco indagato, con il quale l’Unione europea eroga ogni anno quasi 80 milioni di euro a progetti mediatici in tutta Europa e oltre.

In questo articolo sostengo che questo ampio finanziamento, spesso presentato come sostegno alla libertà dei media, in realtà serve spesso a promuovere narrazioni esplicitamente pro-UE e a marginalizzare le voci critiche, sollevando serie preoccupazioni circa l’indipendenza editoriale e l’integrità democratica.

Il rapporto sostiene che la leva finanziaria dell’UE crea una “relazione semi-strutturale” con i principali organi di informazione, in particolare le emittenti pubbliche e le agenzie di stampa, confondendo i confini tra giornalismo indipendente e comunicazione istituzionale e compromettendo seriamente la capacità dei media di chiedere conto al potere.

Principali risultati ed esempi del rapporto:

Finanziamenti ingenti e poco indagati: la Commissione europea e il Parlamento europeo erogano collettivamente quasi 80 milioni di euro all’anno a progetti mediatici. Questa è considerata una stima prudente, con un totale nell’ultimo decennio che probabilmente ha superato il miliardo di euro. Questa cifra non include i flussi di finanziamento indiretti, ad esempio i contratti pubblicitari o di comunicazione assegnati alle agenzie di marketing che poi ridistribuiscono i fondi ai principali media.

Promuovere narrazioni pro-UE: i programmi di finanziamento sono spesso inquadrati con parole d’ordine come “combattere la disinformazione” o “sostenere la programmazione fattuale”, ma il rapporto dimostra che hanno chiari obiettivi strategici per plasmare il dibattito pubblico e promuovere l’agenda dell’UE. Molti progetti, ad esempio, promuovono esplicitamente narrazioni pro-UE, tra cui “promuovere l’integrazione europea”, “demistificare l’UE” e “combattere i movimenti nazionali estremisti ed euroscettici”. Su questioni geopoliticamente delicate – in particolare il conflitto Russia-Ucraina – questi progetti promuovono un ambiente in cui i media sono finanziariamente incentivati ​​a fare eco alle posizioni ufficiali UE-NATO, riducendo ulteriormente lo spazio per il giornalismo indipendente.

Campagne occulte di propaganda: dal 2017, il programma “Misure di informazione per la politica di coesione dell’UE” (IMREG) ha erogato circa 40 milioni di euro a organi di stampa e agenzie di stampa per produrre contenuti che evidenziassero i “benefici” della politica dell’UE. Il rapporto evidenzia esempi in cui questi finanziamenti non sono chiaramente resi pubblici, il che equivale di fatto a “marketing occulto” o “propaganda occulta”. Altri progetti mirano esplicitamente a “aumentare la consapevolezza dei benefici” o a “contribuire a una migliore comprensione” e a rafforzare il “senso di appartenenza all’UE” dei cittadini. Questi eufemismi mascherano quello che è, di fatto, un tentativo dall’alto di costruire un demos europeo – una coscienza politica unitaria che, nelle attuali condizioni politiche e culturali, rimane più un’aspirazione ideologica che una realtà democratica.

Le agenzie di stampa come guardiani della narrazione: l’UE collabora strategicamente con importanti agenzie di stampa come ANSA (Italia), EFE (Spagna) e Lusa (Portogallo) attraverso programmi come IMREG, garantendo che i messaggi pro-UE si diffondano a cascata su centinaia di testate che si affidano ai contenuti delle agenzie. Ad esempio, il progetto European Newsroom, finanziato dall’UE con 1,7 milioni di euro, che riunisce 24 agenzie di stampa a Bruxelles, rappresenta di fatto uno sforzo per standardizzare e allineare i messaggi sulle questioni europee.

“Fact-checking” e controllo del discorso: iniziative come l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO), finanziato con almeno 27 milioni di euro, coinvolgono agenzie di stampa e media in reti per “combattere la disinformazione”. Il rapporto avverte che, quando le entità coinvolte nei finanziamenti promozionali partecipano anche alla definizione della disinformazione, rischiano di diventare uno strumento per sorvegliare i confini del discorso accettabile ed etichettare il dissenso come disinformazione.

Il giornalismo investigativo si concentra sull’esterno e mai sull’interno: il rapporto esamina attentamente i progetti di giornalismo investigativo finanziati dall’UE, notando una tendenza per cui gran parte dell’attenzione è rivolta a paesi extra-UE come Russia o Kazakistan, con scarso controllo dell’UE stessa, nonostante i numerosi scandali documentati al suo interno.

La propaganda del Parlamento europeo: il Parlamento europeo, attraverso la sua Direzione generale della Comunicazione, ha stanziato quasi 30 milioni di euro dal 2020 per campagne mediatiche, inclusi contenuti esplicitamente autopromozionali in vista delle elezioni. L’obiettivo è “aumentare la portata verso un pubblico mirato in modo più efficace con messaggi relativi all’attività del Parlamento europeo”, aggiungendo “legittimità alle campagne del Parlamento”. Questo dovrebbe essere visto come un tentativo di costruire legittimità democratica a causa della mancanza di un sostegno organico.

Il rapporto conclude che i dati indicano che l’UE sta investendo sistematicamente nella creazione di un ambiente mediatico “amichevole” che ne rafforzi la legittimità e gli obiettivi politici, anziché limitarsi a sostenere una stampa libera. Chiede un’urgente presa di coscienza pubblica e che i legami istituzionali tra potere politico e giornalismo siano esaminati e, in ultima analisi, recisi.

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