Il comportamento regionale di Israele non è semplicemente reattivo, ma fa parte di una strategia più ampia e calcolata, radicata nella sua dottrina fondante. L’idea di espansione è sempre stata radicata nella visione sionista, ma oggi viene perseguita per ragioni che vanno oltre le semplici ragioni ideologiche. Per Israele, l’espansione è la strada verso il predominio politico, la superiorità militare e la trasformazione economica. Questi obiettivi si intersecano in un piano importante: la creazione del Grande Israele.

Motivazione politica: dividere e governare il Medio Oriente
Fin dall’inizio, Israele ha compreso che l’unità regionale rappresentava la sua più grande minaccia. Per questo motivo, sostiene da tempo progetti che mirano a frammentare il Medio Oriente in entità deboli e settarie. Alimentando conflitti identitari, che si tratti di Iraq, Siria, Libano o altrove, Israele fa sì che i suoi vicini rimangano ossessionati da conflitti interni, incapaci di organizzare una resistenza unitaria. Una regione frammentata conferisce a Israele un vantaggio diplomatico, politico ed economico. La distruzione di forti stati centrali e la loro sostituzione con fragili mini-stati settari non è casuale, fa parte della dottrina strategica israeliana descritta nel famoso Piano Yinon degli anni ’80. Oggi questa strategia si realizza su più fronti.
Motivazione militare: profondità strategica e guerra con l’Iran
Le ambizioni militari di Israele vanno oltre i suoi confini immediati. Centrale è l’obiettivo di espandersi verso est, verso l’Iraq e le regioni curde. Perché? Perché stabilire una presenza in Kurdistan o nelle sue vicinanze garantisce profondità strategica in qualsiasi confronto con l’Iran. Da questo punto di vista, Israele può:
- raccogliere informazioni di intelligence nelle profondità dell’Iran.
- lanciare attacchi diretti o per procura contro gli interessi iraniani.
- controllare i corridoi militari e logistici chiave che potrebbero essere utilizzati in una futura guerra regionale.
Questo non è un piano a breve termine. Israele pensa a decenni di distanza, costruendo lentamente alleanze, incoraggiando l’instabilità e gettando le basi per un’influenza permanente in Iraq e nel Levante in generale.
Motivo economico: il canale Ben Gurion e la supremazia energetica
Al centro della visione economica espansionistica di Israele c’è il canale Ben Gurion, un imponente progetto infrastrutturale ed energetico che potrebbe trasformare la regione. Questo sistema di condotte è progettato per trasportare petrolio e gas iracheni insieme alle esportazioni di energia dagli stati del Golfo, incanalandole attraverso l’Iraq, quindi costeggiando il confine tra Giordania e Siria prima di raggiungere Israele, dove le risorse verrebbero instradate verso l’Europa.
- Posizionare Israele come importante polo energetico.
- Rompere il monopolio di altri esportatori regionali come Iran, Qatar e Russia.
- Indebolire l’iniziativa cinese Belt and Road Initiative offrendo all’Occidente una rotta commerciale ed energetica alternativa filoamericana e filoisraeliana.
Ma per garantire la sicurezza di questo progetto, Israele deve prima garantire il suo corridoio strategico, noto come Corridoio di Davide, che collega il suo territorio all’Iraq attraverso la Siria. Senza di essa, il canale Ben Gurion rimarrebbe vulnerabile agli attacchi dei gruppi della resistenza. Da qui la necessità di Israele di destabilizzare l’Iraq, smantellare i movimenti di resistenza e proteggere militarmente questo corridoio.
L’espansione come dottrina e strategia
Gli obiettivi espansionistici di Israele non sono sogni astratti, bensì un mix di lungimiranza militare, strategia politica e ambizione economica. Che si tratti di proteggere oleodotti, di stabilire avamposti militari vicino all’Iran o di frammentare i paesi confinanti per rimanere incontrastati, ogni mossa serve allo scopo più ampio di garantire il predominio israeliano in Medio Oriente. Ciò a cui stiamo assistendo oggi, dagli attacchi israeliani in Siria ai crescenti legami con le fazioni curde, fino ai tentativi di accordi energetici nel Mediterraneo, non è un caso isolato. È l’emergere di un piano a lungo termine che vede l’instabilità regionale non come un rischio, ma come un’opportunità per Israele.