UN ATTACCO CALCOLATO MALE: LA SCOMMESSA DI USA E ISRAELE SULL’IRAN

DiRedazione

20 Luglio 2025
Un altro interessante approfondimento di Ibrahim Majeb sulle conseguenze della guerra dei dodici giorni e sulla strategia di accerchiamento dell’Iran perseguita da USA e Israele. Doveva essere una guerra lampo che avrebbe dato una spallata violenta e decisiva al regime di Teheran. Invece, Washinton e Tel Aviv hanno sbagliato i loro calcoli: l’Iran ha reagito dimostrando una forza e un coordinamento sorprendenti. Se vogliono far cadere Teheran, ora USA e Israele devono andare “boots on the ground”, operazione azzardata che presuppone il controllo sul Levante e la realizzazione del “Corridoio di David”, che garantirebbe un ponte terrestre diretto dal Mediterraneo all’Iraq.

Ibrahim Majeb, X


Dopo un anno di significativi progressi strategici in Medio Oriente, Stati Uniti e Israele sembravano essere sulla cresta dell’onda. L’Asse della Resistenza era in difficoltà, soprattutto dopo la caduta del precedente regime siriano e l’insediamento a Damasco di un nuovo governo takfiri per procura, allineato agli americani. Incoraggiati da queste vittorie, Washington e Tel Aviv hanno compiuto un passo coraggioso: attaccare direttamente l’Iran. Ma si è rivelato un grave errore di valutazione. Anziché crollare sotto la pressione, l’Iran ha reagito con un livello di forza e di coordinamento che ha stupito sia l’intelligence americana che quella israeliana. È diventato chiaro che Teheran aveva previsto una mossa del genere e aveva trascorso anni a preparare una risposta calibrata e asimmetrica, in grado di sventare anche i piani occidentali più avanzati.

Lo shock della ritorsione: la risposta inaspettata dell’Iran

La risposta iraniana non solo ha infranto l’illusione della superiorità militare israelo-americana, ma ha anche costretto entrambe le potenze a riconsiderare la propria strategia. Quella che si prevedeva sarebbe stata una dimostrazione di forza limitata si è trasformata in un errore strategico, riaccendendo la solidarietà regionale tra le fazioni della resistenza e mettendo a nudo le vulnerabilità della deterrenza israelo-americana. Per la prima volta da anni, Tel Aviv e Washington hanno dovuto rivalutare i costi dell’escalation. Non si trattava più solo di missili o di arricchimento nucleare; si trattava della sopravvivenza del loro programma regionale a lungo termine.

Ritorno al piano originale: stivali sul terreno e controllo del Levante

Riconoscendo che i soli attacchi aerei non distruggeranno gli impianti nucleari iraniani, il programma missilistico o rovesceranno il regime, i pianificatori statunitensi e israeliani sanno cosa deve succedere: schierare truppe sul terreno all’interno dell’Iran. Ma una campagna del genere non può essere lanciata senza mettere in sicurezza la geografia circostante. Per rendere possibile ciò, il controllo sul Levante diventa non negoziabile. Il progetto israeliano del “Corridoio di Davide”, che gli garantirebbe un ponte terrestre diretto dal Mediterraneo all’Iraq, è ora più cruciale che mai. Il piano si basa sulla completa destabilizzazione di Siria, Libano e Iraq. L’obiettivo non è solo indebolire gli alleati dell’Iran, ma anche creare basi operative avanzate e linee di rifornimento che possano essere utilizzate in una guerra più ampia contro l’Iran.

Accerchiare l’Iran: l’obiettivo strategico più ampio

Per Washington e Tel Aviv, l’obiettivo finale è isolare l’Iran dai suoi partner regionali e accerchiarlo militarmente. Il piano prevede di trasformare l’Iraq, e in particolare la regione curda, in una rampa di lancio, sfruttando l’Azerbaijan a nord come punto d’appoggio strategico, frammentando la Siria in enclave settarie e spingendo il Libano verso il collasso civile. Per attuare questo piano, hanno coltivato la forza ideale takfiri per procura: spietata, motivata da ideologia e facilmente schierabile lungo le linee del fronte al collasso. In questo modo, mirano a circondare l’Iran con zone ostili e a eliminarne la capacità di proiettare influenza oltre i propri confini. Ma questa strategia non è esente da rischi seri. Quanto più destabilizzano la regione, tanto più imprevedibili diventano le conseguenze. Nella loro ricerca di un dominio a tutto campo, Stati Uniti e Israele potrebbero innescare un tipo di guerra regionale incontrollabile che potrebbe ritorcersi contro i loro stessi interessi.

Oggi il Medio Oriente assomiglia a una scacchiera con posta in gioco molto alta: ogni mossa rimodella il paesaggio e ogni parte attende pazientemente che l’altra scivoli, pronta a dare scacco matto.

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