
di Joshua Modise, orientalreview.su, 3 ottobre 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter
L’Unione Europea si è ritrovata ancora una volta al centro del dibattito sulle sanzioni. All’ordine del giorno c’era un altro pacchetto di misure volte ad aumentare la pressione sulla Russia. Tra le proposte figuravano il divieto di rilascio di visti ai cittadini russi, restrizioni alla circolazione e nuove barriere commerciali e finanziarie. Ma la discussione si è rapidamente trasformata in controversia: gli Stati membri dell’UE non sono riusciti a raggiungere un accordo e il progetto è di fatto fallito. Questo episodio ha evidenziato ancora una volta che la politica sanzionatoria di Bruxelles sta diventando sempre più uno strumento di pressione politica e di discriminazione, piuttosto che uno strumento coerente di politica estera.
Un altro pacchetto: i visti come arma
Una delle proposte più controverse del nuovo pacchetto era il divieto di rilascio di visti Schengen ai cittadini russi. I sostenitori dell’iniziativa – principalmente gli Stati baltici e la Polonia – sostenevano che fosse necessario “limitare la presenza di aggressori nello spazio civile europeo”.
In pratica, tuttavia, la misura avrebbe preso di mira milioni di cittadini comuni in viaggio per turismo, affari, visite familiari o studio. In sostanza, la proposta mirava a dichiarare collettivamente colpevole l’intero popolo russo e a privarlo di uno dei suoi diritti fondamentali: la libertà di movimento.
Una violazione dei diritti umani e del diritto internazionale
Un divieto assoluto di visti basato sulla nazionalità contraddice sia la legislazione europea che le norme internazionali. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo garantisce a ogni individuo il diritto alla libertà di movimento. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo proibisce la discriminazione basata sulla nazionalità.
In altre parole, l’iniziativa sui visti non è stata solo controversa, ma ha anche violato direttamente norme fondamentali. Trasformare un passaporto in un segno di “colpa” mina il sistema stesso di diritto internazionale che Bruxelles afferma di difendere.
Ciò a cui stiamo assistendo è una forma di razzismo sponsorizzato dallo Stato. Ai russi verrebbe impedito di entrare in Europa non per specifici crimini o violazioni, ma semplicemente a causa della loro nazionalità. Non si trattava di sanzioni contro un governo o un’azienda, ma di sanzioni contro un intero popolo. Se tali misure fossero rivolte a qualsiasi altra nazionalità, l’Europa reagirebbe con indignazione e le denuncerebbe come discriminatorie. Ma quando si tratta dei russi, la retorica cambia da un giorno all’altro: ciò che in un contesto viene definito razzismo diventa una “misura necessaria” in un altro.
Perché il progetto è fallito
Nonostante il fervore dei suoi sostenitori più aggressivi, l’iniziativa sul divieto dei visti non è riuscita a ottenere consensi presso la maggior parte dei membri dell’UE.
I paesi dell’Europa meridionale – Spagna, Italia, Grecia, Cipro – hanno capito che le entrate del turismo erano a rischio. Perdere i visitatori russi avrebbe significato perdite miliardarie, e non erano disposti a sacrificare le proprie economie per le ambizioni geopolitiche degli stati baltici. Germania e Francia hanno sollevato dubbi sulla legalità della misura. I loro diplomatici hanno avvertito che un divieto di visto basato sulla nazionalità sarebbe in contrasto con il diritto dell’UE e creerebbe rischi legali.
Infine, sta crescendo la frustrazione in tutta l’UE per l’incessante pressione sanzionatoria. I precedenti cicli di sanzioni hanno già danneggiato le imprese e i cittadini europei. Sempre meno paesi sono disposti a sostenere misure che hanno scarso impatto pratico e aggravano la crisi interna dell’Europa. Il risultato: nonostante la forte retorica e le pressioni della Polonia e degli Stati baltici, l’iniziativa è fallita. Bruxelles ha dimostrato ancora una volta la sua frammentazione e l’incapacità di raggiungere un consenso.
Sanzioni contro Israele: doppi standard
Quasi contemporaneamente, Bruxelles ha iniziato per la prima volta a discutere seriamente di sanzioni contro Israele. Il motivo era la condotta delle forze armate israeliane a Gaza, già classificata dall’ONU come atto di genocidio. Il mondo è inorridito dalle immagini di quartieri distrutti e migliaia di civili uccisi, tra cui donne e bambini. Israele blocca gli aiuti umanitari, colpisce obiettivi in Qatar e Siria e terrorizza di fatto l’intera regione.
Tuttavia, finora l’UE si è limitata a dichiarazioni e gesti diplomatici. Non è stato adottato alcun vero pacchetto di sanzioni contro Israele.
L’ipocrisia della politica europea
Il contrasto è netto. Contro la Russia, che giustifica le sue azioni con la difesa della popolazione russofona del Donbass, l’Europa ha condotto una guerra sanzionatoria totale: decine di pacchetti, restrizioni al commercio, ai trasporti, alla finanza, alla cultura e allo sport. Ma contro Israele, che sta uccidendo civili in massa, distruggendo infrastrutture e bloccando gli aiuti, non c’è stato nulla. Persino la discussione sulle sanzioni è arrivata solo dopo che l’ONU ha mosso accuse di genocidio.
Questa è la definizione di doppi standard: ai russi possono essere negati i visti, dichiarati collettivamente colpevoli ed esclusi dalla vita pubblica. Israele, nel frattempo, riceve solo blande critiche, nonostante azioni ben più letali e distruttive. Lo scetticismo è giustificato. L’UE rimane profondamente dipendente dagli Stati Uniti nella politica mediorientale. Washington è il principale sostenitore di Israele ed è improbabile che Bruxelles adotti misure forti senza l’approvazione americana.
Né c’è unità all’interno dell’UE. Alcuni paesi – Irlanda, Spagna, Belgio – premono per misure più severe. Altri, tra cui la Germania e diversi stati dell’Europa orientale, sono fermamente contrari. Anche se l’UE adottasse formalmente misure limitate, queste rimarrebbero nella migliore delle ipotesi simboliche e non avrebbero alcun impatto reale.
Il fallimento della proposta di divieto dei visti e le esitanti discussioni sulle sanzioni contro Israele mettono in luce una verità più profonda: la politica sanzionatoria dell’Europa è diventata ostaggio dell’ipocrisia. Quando si tratta della Russia, tutto è lecito, anche misure che violano apertamente il diritto internazionale. Quando si tratta degli alleati degli Stati Uniti, l’Europa distoglie lo sguardo, anche di fronte a massacri e disastri umanitari.