Il rinnovato impegno del presidente Trump nel riconquistare la base aerea di Bagram e nello sviluppare il porto pakistano di Pasni segnala il tentativo di Washington di riaffermare la propria influenza strategica in una regione sempre più dominata da Cina, Russia e Iran.

Salman Rafi Sheikh, journal-neo.su, 19 ottobre 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter
Gli Stati Uniti mirano a riconquistare l’influenza perduta. La richiesta del presidente Trump che i talebani cedano la base aerea di Bagram non è dettata dalla nostalgia; è una mossa strategica. Dopo anni di ritirata, Washington si sta silenziosamente posizionando per riaffermare la propria influenza in Asia meridionale, occidentale e centrale. Il presunto piano del Pakistan di far costruire agli Stati Uniti un nuovo porto sul Mar Arabico – potenzialmente con funzione di base navale – indica un cambiamento nelle dinamiche di potere regionali. Mentre Cina, Russia e Iran rafforzano la loro presa sulle rotte commerciali e della sicurezza della regione, l’America sembra pronta a offrire concorrenza.
Bagram, basi strategiche e il fattore Cina
Quando il presidente Donald Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno “cercando di riprendersi” la base aerea di Bagram, ha fatto più che esprimere nostalgia: ha rivelato un calcolo strategico. Bagram non è semplicemente una pista di atterraggio, ma una posizione di potere chiave. Trump è stato chiaro quando ha sottolineato la vicinanza di Bagram alle aree in cui, a suo dire, la Cina “costruisce i suoi missili nucleari”, evidenziando direttamente come Washington percepisca l’Afghanistan come qualcosa di più di un semplice sito antiterrorismo. In effetti, Trump ha chiarito che la base aerea ora ha implicazioni nella contesa in corso con Pechino. Sebbene i talebani abbiano già respinto la richiesta degli Stati Uniti e Trump abbia minacciato gravi conseguenze, il suo obiettivo è ovvio: inviare un messaggio alla Cina che gli Stati Uniti hanno ancora interessi in regioni che la Cina potrebbe considerare come sua esclusiva zona di influenza, come la Cina occidentale/Xinjiang, ricordando al contempo a Russia e Iran che l’Afghanistan non può essere ignorato. Con la Russia che ha recentemente ospitato delegazioni talebane e che ha messo in guardia contro la presenza militare straniera nella regione, considerata destabilizzante, è chiaro che anche Mosca è consapevole di ciò che Washington potrebbe perseguire.
Il porto di Pasni: un punto d’appoggio economico con ricadute strategiche
Parallelamente alla mossa di Bagram, il Pakistan propone agli Stati Uniti di trasformare Pasni, una piccola città portuale sul Mar Arabico, in un porto d’altura collegato tramite ferrovia alle regioni interne ricche di minerali. Il piano prevede investimenti per circa 1,2 miliardi di dollari. Sebbene sia progettato per consentire al Pakistan di esportare negli Stati Uniti minerali essenziali – rame, antimonio, neodimio e altre terre rare – che stanno diventando sempre più essenziali per le moderne catene di approvvigionamento della difesa, delle energie rinnovabili e delle infrastrutture critiche, il porto potrebbe anche servire interessi strategici statunitensi più ampi. Sebbene questo porto non abbia implicazioni militari dirette, almeno formalmente, la sua posizione è comunque illuminante: a soli 112 chilometri da Gwadar, sostenuta dalla Cina, e a 160 chilometri dal confine con l’Iran. Il porto, quindi, offre agli Stati Uniti un punto di accesso al Mar Arabico, consentendo di influenzare le rotte marittime e limitando indirettamente le ambizioni della Cina nell’ambito del Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC). In questo modo il porto non fungerebbe da leva economica, ma potrebbe avere un duplice scopo: infrastrutturale, commerciale, logistico e perfino di monitoraggio strategico.
Contrastare Russia, Cina e Iran: il gioco degli scacchi triangolare
La Cina è forse l’obiettivo principale. Nell’ambito della Belt and Road Initiative (BRI), la Cina ha investito massicciamente nelle infrastrutture del Pakistan (in particolare a Gwadar), in Asia centrale e nell’espansione della sua influenza nel vicino Afghanistan. Un ritorno degli Stati Uniti a Bagram o una presenza tramite Pasni minerebbe l’influenza della Cina: aggiungerebbe alternative ai porti sostenuti dalla Cina, aumenterebbe la leva statunitense nelle catene di approvvigionamento minerario e complicherebbe i piani cinesi per la profondità strategica, soprattutto nel Mar Arabico.
Per anni, la Russia ha cercato di ristabilire la propria posizione nell’Asia meridionale collaborando con i talebani, promuovendo formati multilaterali (ad esempio, il Formato di Mosca sull’Afghanistan), enfatizzando la cooperazione in materia di sicurezza regionale e mettendo costantemente in guardia contro le basi militari straniere negli stati confinanti. Mosca considererebbe un ritorno degli Stati Uniti a Bagram – se realizzato – come una sfida diretta non solo alla propria posizione nell’Asia meridionale, ma anche in quella centrale. Non dimentichiamo che anche gli Stati Uniti, sotto la presidenza Trump, si stanno muovendo per rientrare nella geopolitica dell’Asia centrale.
L’Iran ha i suoi interessi. Confinante con Pakistan e Afghanistan, con legami storici con gruppi sciiti e talebani (sunniti) e con interessi nelle rotte commerciali che aggirano i corridoi controllati dagli Stati Uniti e dall’Occidente, Teheran sarà cauta. Una presenza statunitense a Pasni potrebbe consentire il monitoraggio delle rotte marittime iraniane, delle rotte marittime nel Golfo e di quello che l’Iran considera il suo cortile di casa.
Gli Stati Uniti riusciranno davvero a raggiungere i loro obiettivi?
Raggiungere questi obiettivi sarà molto più difficile – e costoso – di quanto Washington possa percepire in questa fase. In primo luogo, la posizione retorica di Washington su Bagram è forte, ma trasformare la retorica in controllo significa superare la sovranità, la resistenza e l’opposizione regionale afghana – e talebana. I talebani hanno respinto categoricamente qualsiasi ritorno degli Stati Uniti a Bagram, insistendo sull’indipendenza nazionale e respingendo la presenza militare straniera. Acquisire la base aerea senza significativi benefici reciproci, ovvero scongelando i beni sequestrati dell’Afghanistan, rimane improbabile. A meno che gli Stati Uniti non riescano a modificare radicalmente la loro politica post-2021 nei confronti dell’Afghanistan e dei talebani, la possibilità che riconquistino la base rimane scarsa. Tuttavia, ristabilire un’impronta militare nella regione, ancora influenzata dalla militanza islamista di gruppi come l’IS-K, potrebbe suscitare numerose reazioni negative nell’arena politica interna per l’amministrazione Trump.
In secondo luogo, la proposta del porto di Pasni offre un terreno più realistico per l’influenza statunitense, ma la sua effettiva attuazione dipende dalla stabilità, dai finanziamenti e dall’adesione del Pakistan. Ad esempio, nonostante l’offerta di Islamabad, il Pakistan non può realisticamente alienarsi la Cina, data la sua presenza economica e militare in Pakistan, senza gravi ripercussioni (perdita di investimenti e pressione politica).
In terzo luogo, Russia, Cina e Iran non sono passivi. La Cina probabilmente reagirà diplomaticamente ed economicamente, anche cercando di costruire relazioni più profonde con l’esercito pakistano. La Russia raddoppierà i suoi accordi con i talebani, usandoli per bloccare l’influenza statunitense e frenare qualsiasi invasione statunitense. L’Iran cercherà alleanze (forse rafforzando i legami con il Pakistan o l’Afghanistan) e sfrutterà le reti transfrontaliere.
In definitiva, quindi, mentre Washington può continuare a insistere retoricamente per una sua “seconda venuta” nella regione dopo il 2021, è innegabile che lo spazio disponibile per le sue manovre sia estremamente limitato. Il suo successo dipenderà meno dal recupero di vecchie basi e più dall’adattamento a un terreno multipolare in cui il potere viene scambiato, non imposto.