Alexander Dugin ricorda l’eredità di Guy Debord, uno degli ultimi grandi anticonformisti europei e smascheratore della “società dello spettacolo”, la cui critica radicale della moderna cultura di massa, sebbene cooptata dallo stesso Sistema da lui attaccato, potrebbe ancora ispirare una nuova azione rivoluzionaria.

di Aleksandr Dugin, arktosjournal.com, 4 novembre 2025 ꟷ Traduzione a cura di Old Hunter
Il 30 novembre 1994, all’età di 62 anni, Guy Debord si suicidò. Il suo nome è da tempo un mito. L’Internazionale Situazionista (da lui fondata in una conferenza a Cosio di Arroscia il 27 luglio 1957 e da lui presieduta per molti anni) è passata alla storia come uno degli orientamenti politici più radicali mai conosciuti. Le folle lo temevano e lo adoravano allo stesso tempo. Fu uno degli autori e dei principali ispiratori delle fallite rivoluzioni europee del 1968. Morì per mancanza di vie di fuga e per la consapevolezza della totale sconfitta subita dall’anticonformismo in Occidente, accompagnata dal trionfo totale del Sistema.
Charlie Chaplin smascherato
Nella felice epoca dei primi anni Cinquanta, quando l’avanguardista Michel Murr, travestito da monaco domenicano, tenne un lungo e radicalissimo sermone nietzschiano durante la settimana di Pasqua nella cattedrale di Notre Dame, quando l'”Atelier d’Art Experimental”, esponendo le opere di un certo “Congo” e avendo ricevuto recensioni positive dai critici d’avanguardia, dichiarò che l’artista era in realtà uno scimpanzé, un giovane genio di nome Guy Debord fece il suo ingresso esplosivo nell’universo anticonformista; era profondo, radicale e spietato. Superò tutti con la sua energia, il suo coraggio e il suo talento, oltre che con la sua capacità di bere grandi quantità di alcol. Come avrebbe scritto in seguito lo stesso Debord: “Tutto ciò che ho fatto nella vita è stato leggere e bere. Avrò anche letto molto, ma ho bevuto molto di più. Ho scritto meno di altre persone interessate alla scrittura, ma ho bevuto più di coloro che si interessavano all’alcol”.
Il primo atto scandaloso di Debord fu un feroce attacco lanciato contro Charlie Chaplin in occasione del suo arrivo in Europa nel 1952. Debord soprannominò questo moccioso comico dell’umanesimo “il truffatore dei sentimenti e il ricattatore della sofferenza”. Il suo guanto di sfida fu scandito dalle parole: “Torni a casa, signor Chaplin!”. In questo episodio, possiamo già intravedere la traiettoria di fondo del futuro situazionista: un odio per i surrogati borghesi della cultura di massa, soprattutto quando sono caratterizzati da un falso progressismo e da un umanesimo fariseo. La posizione di Debord può essere essenzialmente ridotta a una lotta contro la destra e allo smascheramento della sinistra. In altre parole, egli voleva una rivolta radicale contro il Sistema e il suo astuto totalitarismo, mascherato da “democrazia”. È comprensibile che la sinistra più impegnata abbia denunciato Debord, temendo la sua mancanza di compromessi e le sue conseguenze schiaccianti. Alla fine, Debord stesso avrebbe formulato la sua critica irreplicabile all'”avanguardia”:
“Nelle fasi iniziali, uno dei tratti caratteristici della borghesia sviluppata è il riconoscimento del principio di libertà per le opere intellettuali o artistiche. La fase successiva costituisce una lotta contro queste opere. Infine, la borghesia adatta queste opere ai propri interessi. La borghesia non ha altra scelta che sostenere un sentimento critico all’interno di un piccolo gruppo di persone – uno spirito di libera ricerca – ma solo a condizione che questi sforzi siano concentrati in una sfera strettamente limitata e che queste critiche siano diligentemente separate dalla società nel suo complesso […]. Le persone che si sono distinte nella sfera dell’anticonformismo vengono accettate come individui dal Sistema, ma solo a costo di rinnegare qualsiasi applicazione globale delle loro idee e con l’accordo che la loro attività sarà strettamente limitata alle nicchie sociali più frammentarie. È proprio per questo motivo che il termine “avanguardia”, che così si presta alla manipolazione borghese, dovrebbe di per sé suscitare sospetti e risate.”
Rivolta contro la società dello spettacolo
L’opera principale di Guy Debord, ormai diventata un classico moderno, è La società dello spettacolo . In questo libro, l’autore condanna senza pietà la modernità, “l’epoca delle folle solitarie”.
“Così come il tempo libero è definito dal fatto che non è lavoro, lo spettacolo è definito dal fatto che non è vita”.
Di conseguenza, il mondo moderno è ridotto a isolamento, rappresentazione e morte. Invece di un’esperienza di vita unificante, sono le leggi dell’immagine a regnare sovrane, immagini tremolanti che si limitano a rappresentare la realtà. Debord, partendo da Fromm, osserva che il degrado sociale del sistema liberale ha trascorso un tempo considerevolmente lungo nelle sue fasi finali. All’inizio, “essere” si è trasformato in “avere”. E ormai, persino “avere” è scomparso, trasformato in “apparire”.
Dapprima, il mondo borghese ha subordinato la natura alle sue leggi industriali; poi, ha subordinato la cultura a se stesso. Lo spettacolo ha annientato la storia.
“La fine della storia offre un sospiro di sollievo a tutte le autorità esistenti “.
Avendo soppresso nell’uomo e nella società il gusto per il reale, sostituendo stati ed esperienze con “rappresentazioni”, il Sistema ha elaborato il più recente metodo di sfruttamento e schiavitù. Prima, aveva separato le persone in classi, poi ha usato la forza per costringerle a entrare nelle fabbriche e nelle prigioni, e ora le ha incatenate ai loro televisori. Così facendo, ha ottenuto una volta per tutte una vittoria sulla Vita.
“L’incessante accumulo di immagini dà allo spettatore l’impressione che tutto sia lecito, ma allo stesso tempo lo rassicura che nulla è possibile. Si può guardare, ma non toccare. Il mondo moderno diventa un museo, dove la passività stessa dei visitatori ne diventa la principale guardia per la sicurezza”.
Definire l’essenza della società dello spettacolo in questo modo è a dir poco geniale. Non è stata forse un’epifania, uno sguardo limpido nelle profondità di questa terribile verità, a spingere i russi in rivolta nell’ottobre del 1993 a tentare un assalto così vano alla Torre di Ostankino, il simbolo supremo della menzogna assoluta del Sistema? [1] Forse in quel momento, coloro che parteciparono alla rivolta manifestarono intuitivamente i testamenti di Debord:
“Bisogna cercare la formula del ‘détournement [deviazione/dirottamento]’ non nei libri, ma nell’esperienza concreta. Bisogna deviare dalla traiettoria prescritta in pieno giorno, affinché nulla ricordi la veglia. Incontri sorprendenti, ostacoli inaspettati, tradimenti grandiosi, incantesimi rischiosi: tutto questo sarà più che sufficiente per questa ricerca rivoluzionaria e tragica del Graal della Rivoluzione, che nessuno ha chiesto”.
Una nuova marcia sulla torre di Ostankino
Dopo il crollo della rivoluzione del 1968, Guy Debord prestò molta meno attenzione alla sua Internazionale e, nel 1972, si sciolse spontaneamente. Di tanto in tanto, Debord continuava a pubblicare articoli e a girare qualche film, ma l’amarezza che aveva assorbito a causa della sua sconfitta era troppo profonda. Persino le sue critiche intransigenti erano state inghiottite senza sforzo dal Sistema; la sua opera principale era diventata un classico canonizzato a cui tutti facevano riferimento, mentre pochi si prendevano il tempo di leggerla. L’espressione “Società dello Spettacolo”, che era suonata così carica e terribile sulla bocca dello stesso Guy Debord, era diventata un luogo comune nel lessico politico, avendo perso la sua carica rivoluzionaria, anticonformista e smascheratrice.
Debord fu quindi emarginato, isolato e “recuperato”. I situazionisti scomparvero e solo una manciata di “anarchici di destra” e seguaci europei di Evola (in particolare, Philippe Baillet) tentarono, senza successo, di ridare una certa rilevanza alle sue idee. Ma l’Occidente continuò a percorrere la strada dello spettacolo, più di quanto potessimo immaginare.
Mai prima d’ora la morte ha governato il mondo in modo così assoluto e con così orribile evidenza come oggi nel mondo liberale. Il suicidio di Guy Debord è l’ultimo svolazzo scritto nel sangue di una persona vivente al comando della Società dello Spettacolo. Forse era l’ultima persona rimasta in Occidente a potersi suicidare, poiché lì nessuno possiede più un autentico “io”.
L’elezione di Chirac a presidente della Francia, il successo di “Proctor and Gamble”, l’ultimo tour di Madonna, il lavoro di Henri Bernard-Levi su un nuovo testo pubblicitario per il borghese Yves Saint Laurent, il sorriso vuoto da cyborg di Naomi Campbell, democraticamente confezionato in una provetta piena di sperma di rappresentanti di tutte e quattro le razze umane… È passato ancora più tempo dalla morte inosservata del grande Testimone…
La Bestia solleva il suo corpo televisivo, strisciando cupamente verso l’Oriente ignaro, angosciato e barcollante.
Ma nonostante tutto… Nonostante tutto, dobbiamo risorgere ancora e ancora e marciare sulla Torre di Ostankino. Sia i vivi che i morti. Insieme a Guy Debord. Questa malefica torre televisiva è il fallo di Satana, che genera costantemente l’ipnosi velenosa della “Società dello Spettacolo”. Dopo averla fatta esplodere, castreremo il demone stesso della violenza che si nasconde dietro le maschere decrepite delle marionette del Sistema.
Prima o poi, questo spettacolo infinito giungerà al termine. Solo allora avremo la nostra vendetta, e sarà spietata.
1 La torre di Ostankino, la struttura indipendente più alta d’Europa, è una torre per la trasmissione radiotelevisiva a Mosca.
