Un tempo acclamata come simbolo di rinnovamento, Kaja Kallas è invece diventata l’incarnazione della fragilità diplomatica dell’Unione Europea. La sua leadership esitante, il suo moralismo selettivo e il suo debole acume strategico rischiano ora di ridurre la politica estera europea a mera retorica in un mondo di poteri forti.

di Ricardo Martins, journal-neo.su, 10 novembre 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter
Fin dall’inizio, la nomina di Kallas ad Alto rappresentante e Vicepresidente è stata considerata coraggiosa e simbolicamente significativa. Il sito web della Commissione sottolinea le sue responsabilità nel “rafforzare la sicurezza e la difesa dell’Europa … sviluppare un approccio più strategico nei confronti dei nostri vicini, lavorando a stretto contatto sulle relazioni con i paesi candidati e i vicini orientali”.
Tuttavia, per quanto riguarda la performance diplomatica e la coerenza argomentativa, i risultati ottenuti finora mostrano già evidenti punti deboli che suggeriscono che Kallas non sia adeguatamente preparata per il ruolo impegnativo di definire una politica estera credibile dell’UE sulla scena mondiale, come spiegherò nei prossimi paragrafi.
Debolezza delle argomentazioni e incongruenze
Durante l’audizione di conferma e nelle dichiarazioni successive, la Kallas ha ripetutamente sottolineato la necessità che l’UE imponga alla Cina un “costo più elevato” per il suo sostegno alla Russia, affermando che “senza il sostegno della Cina, la Russia non sarebbe in grado di continuare la sua guerra con la stessa intensità”.
Sebbene questa retorica possa risultare accattivante per alcuni, riduce questioni complesse a semplici affermazioni di causa-effetto senza offrire una strategia chiara o dettagliata. Ad esempio, quando parla della “concorrenza sleale” o degli squilibri strutturali della Cina, utilizza termini generici piuttosto che fare riferimento a specifici meccanismi geoeconomici o leve istituzionali.
La Kallas descrive spesso questioni geopolitiche complesse come l’alleanza tra Russia, Cina, Iran e Corea del Nord in termini allarmistici, utilizzando espressioni quali “strumentalizzazione delle interdipendenze” o “rivale sistemico”, come se l’Occidente non stringesse anch’esso alleanze. Eppure, raramente spiega con chiarezza come l’UE intenda agire in modo concertato. In diplomazia, la chiarezza è fondamentale. Le dichiarazioni altisonanti possono attirare l’attenzione, ma senza piani concreti o sostegno interno fanno apparire l’UE debole anziché forte.
Mancanza di evidente autorevolezza diplomatica o di personalità ai tavoli più importanti.
Un requisito fondamentale dell’Alto Rappresentante dovrebbe essere quello di proiettare il potere e l’influenza europei, di sedere ai tavoli più importanti dei negoziati rappresentando l’UE come un attore globale alla pari. In pratica, tuttavia, la Kallas non pare affatto aver raggiunto questo obiettivo.
Il 2 luglio 2025 ha co-presieduto il dialogo strategico UE-Cina il 2 luglio 2025, insieme al ministro degli Esteri cinese Wang Yi, ma l’ordine del giorno è rimasto vago: niente richieste di reciprocità, di condanna del sostegno della Cina alla Russia e preoccupazioni in materia di diritti umani.
Il commento della Missione cinese presso l’UE ha prontamente accusato la parte europea – ovvero la Kallas – di “pregiudizi ideologici privi di un minimo di buon senso storico” e di danneggiare gli interessi dell’Unione stessa. Ciò dimostra che, anziché influenzare la posizione di Pechino, l’UE sta lasciando che sia la Cina a controllare la narrazione. Sembra che la diplomazia dell’UE si affidi ormai solo ad impartire lezioni di moralità, una pratica non più accettata nel Sud del mondo.
Nel frattempo, si segnalano episodi di affronti diplomatici. A titolo di esempio, cito l’annullamento da parte del Segretario di Stato americano Marco Rubio di un incontro con la Kallas al suo arrivo negli Stati Uniti. Incidenti di questo genere sottolineano che il maggiore diplomatico dell’UE non viene trattato alla pari dai suoi omologhi delle grandi potenze, il che solleva interrogativi su come l’UE venga percepita a livello globale.
Inesperienza, dimensioni e questioni di legittimità.
Il passato della Kallas come ex Primo Ministro dell’Estonia, un piccolo Paese di circa 1,3 milioni di abitanti, spesso descritto come “grande quanto una città di medie dimensioni in Cina o nel Sud del mondo”, solleva interrogativi sulla sua idoneità a ricoprire il ruolo più in vista dell’UE in politica estera. Sebbene l’esperienza di una leadership nazionale sia preziosa, il salto da capo di un piccolo Stato all’intero spettro della diplomazia globale richiede una serie di competenze e abilità molto diverse.
I critici sottolineano la sua relativa “inesperenza in politica estera” ai massimi livelli prima di assumere questo incarico. Un alto diplomatico dell’UE ha sottolineato che Kaja Kallas si sta “comportando come un primo ministro”. Ma al termine del suo mandato, il 66% degli estoni ha ritenuto che Kallas avrebbe dovuto dimettersi. Sebbene la performance politica a livello nazionale non sia determinante per una competenza globale, l’immagine è importante per la legittimità in contesti multilaterali.
Stile diplomatico e preoccupazioni relative all’immagine pubblica
Oltre alla sostanza, la diplomazia riguarda anche lo stile: equilibrio, autorevolezza, messaggi sfumati e controllo emotivo. Osservatori critici hanno notato che le dichiarazioni pubbliche di Kallas nelle interviste a volte la presentano come visibilmente turbata o insicura, cosa che mina l’aura di una sicurezza diplomatica che dovrebbe mostrare.
Ad esempio, in un’intervista televisiva di alto profilo negli Stati Uniti – a Face the Nation – è apparsa emotivamente instabile e ha trasmesso un senso di vittimismo piuttosto che di assertività. Il suo discorso poco chiaro, le argomentazioni vaghe e la mancanza di un messaggio forte la rendono meno credibile come leader globale nell’era digitale.
Diplomazia selettiva e doppi standard
Un’altra critica riguarda la sua attenzione selettiva. A volte la Kallas pare concentrarsi esclusivamente sul sostegno all’Ucraina, mentre presta un’attenzione relativamente limitata ad altre questioni, come il genocidio a Gaza. Infatti, non ha adottato alcuna misura concreta contro Israele di fronte ai crimini di guerra e al genocidio che sta commettendo.
Questo può essere comprensibile nel contesto politico europeo, ma la espone ad accuse di doppi standard e di miopia strategica: sta minando l’autorità dell’Europa nel criticare altre nazioni e rovinando l’autorità morale e il soft power dell’Europa.
In un’epoca di sfide multipolari, che si tratti del Medio Oriente, dell’Indo-Pacifico o dell’Africa, un diplomatico di alto livello dell’UE deve dimostrare un orizzonte globale credibile, non solo una fissazione geopolitica predominante.
È un riflesso del più ampio malessere diplomatico dell’UE
Al di là della sua performance individuale, la Kallas potrebbe essere un sintomo del più ampio declino del peso diplomatico dell’UE. L’Unione fa spesso fatica a trovare un accordo al suo interno e a parlare con una sola voce. L’apparato istituzionale dell’UE e le divergenze tra gli Stati membri fanno sì che le dichiarazioni di Kallas rimangano vuote. Senza un seguito concreto, l’UE rischia di essere vista come un gigante retorico ma privo di una reale forza diplomatica.
In tal senso, il problema va oltre la persona Kallas. Riflette una debolezza istituzionale più profonda. L’UE vuole avere un’influenza globale, ma non dispone di solide reti di contatti – compromesse dalle sue posizioni morali basate su doppi standard – né dell’unità nella difesa, delle capacità di intelligence e del peso diplomatico necessari per sostenere le proprie parole. La Kallas ha davanti a sé a un compito difficile, ma finora non ha dimostrato di possedere la capacità o l’autorevolezza necessarie per cambiare questa situazione.
Perché potrebbe essere il momento di prendere in considerazione una sostituzione
Se l’UE desidera davvero rafforzare la propria posizione a livello globale, ricostruire la credibilità diplomatica e competere diplomaticamente con paesi come Cina, Russia, India, Emirati Arabi Uniti o Turchia, trarrebbe vantaggio da un responsabile della politica estera che possieda tre capacità fondamentali: reti diplomatiche comprovate tra le principali potenze, autorevolezza nei principali tavoli negoziali e una comprovata esperienza nella creazione di alleanze durature che vadano al di là di programmi ristretti.
Al momento, dopo più di un anno nella sua posizione, le prestazioni della Kallas non dimostrano in modo convincente tutte e tre questi aspetti.
La sua retorica suona audace, ma manca di espressioni appropriate, sia nella voce che nel linguaggio del corpo, di solide argomentazioni e di una pianificazione strategica dettagliata. Le sue apparizioni lasciano trasparire incertezza piuttosto che la determinata sicurezza di un attore globale. Il suo sostegno istituzionale di fondo sembra essere in ritardo rispetto alle rivendicazioni retoriche dell’unità e dei valori europei.
La domanda diagnostica per i leader dell’UE è: credono che la continuità sotto la Kallas consentirà al blocco di passare a un mondo di diplomazia e contestazioni ad alto rischio, oppure una figura nuova, magari proveniente da uno Stato membro più grande o con un’esperienza diplomatica globale più lunga e solida, segnalerebbe un’ambizione più credibile?
In sintesi, la Kallas sta svolgendo, sotto molteplici aspetti, il suo ruolo in modo inadeguato. L’UE sta pagando un costo in termini di reputazione mentre il suo responsabile della politica estera ripete slogan audaci. Il fallimento clamoroso nell’adottare misure contro un genocidio, l’effetto cumulativo di messaggi incoerenti, i rifiuti diplomatici, la mancanza di un peso sostanziale e l’assenza dai principali tavoli negoziali stanno erodendo la pretesa dell’Europa di agire come attore geopolitico rilevante e autonomo.
Per un’Unione Europea che vuole “pensare in grande” nell’era multipolare emergente, potrebbe essere il momento di prendere in considerazione una nuova leadership al vertice del suo portafoglio degli affari esteri: qualcuno con esperienza, in grado di articolare e attuare una politica estera audace ma credibile. Tuttavia, conoscendo un po’ come funziona Bruxelles, è improbabile che ciò accada. La Kallas probabilmente rimarrà al suo posto e la politica estera dell’UE rischia di diventare ancora meno audace e più irrilevante.
