
di Craig Mokhiber, scheerpost.com, 20 novembre 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter
A più di due anni dall’inizio del genocidio in Palestina, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è finalmente intervenuto. Ma anziché agire per far rispettare il diritto internazionale, proteggere le vittime e chiamare a rispondere i responsabili, ha adottato una risoluzione che viola apertamente le disposizioni fondamentali del diritto internazionale, priva di potere e punisce ulteriormente le vittime, e premia e rafforza i responsabili.
La cosa più inquietante è che cede il controllo di Gaza e dei sopravvissuti agli Stati Uniti, complici del genocidio, e prevede la partecipazione del regime israeliano al processo decisionale. Secondo il piano, ai palestinesi stessi non dovrebbe essere concessa alcuna partecipazione alle decisioni sui loro diritti, sulla loro governance e sulle loro vite.
Adottando questa risoluzione, il Consiglio è di fatto diventato un meccanismo degli Stati Uniti di oppressione, uno strumento per la continua occupazione illegale della Palestina e un complice del genocidio di Israele.
Da quando l’ONU nel 1947 ha diviso la Palestina contro la volontà della popolazione indigena, preparando il terreno per 80 anni di Nakba, l’ONU non ha mai agito in modo così apertamente coloniale (e legalmente ultra vires) e calpestato così sconsideratamente i diritti di un popolo.
Una risoluzione diabolica
Lunedì 17 novembre, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una proposta statunitense per cedere il controllo di Gaza a un organismo coloniale capeggiato dagli Stati Uniti, denominato “Board of Peace“, schierando al contempo una forza per procura di occupazione, anch’essa diretta dagli Stati Uniti, denominata “International Stabilization Force“. Entrambe risponderanno, in ultima analisi, allo stesso Donald Trump. Ed entrambe opereranno in consultazione con il regime israeliano.
In quello che sarà a lungo ricordato come un giorno di vergogna per le Nazioni Unite, mentre sia la Russia che la Cina si sono astenute e non hanno esercitato il loro diritto di veto, nessun membro del Consiglio di sicurezza ha avuto il coraggio, i principi o il rispetto del diritto internazionale per votare contro quello che può essere visto solo come un oltraggio coloniale statunitense, una ratifica dei genocidi e una flagrante abdicazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite.
La risoluzione respinge implicitamente una serie di recenti conclusioni della Corte internazionale di giustizia (CIG), nega apertamente il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione e rafforza l’impunità del regime israeliano, nonostante il genocidio stia continuando.
Nonostante la Corte internazionale di giustizia abbia stabilito che il popolo palestinese ha diritto all’autodeterminazione sulla propria terra, la risoluzione glielo nega immediatamente, autorizzando forze straniere ostili a governarlo.
Malgrado la Corte abbia stabilito che Gaza – così come la Cisgiordania e Gerusalemme Est – è occupata illegalmente e che l’occupazione deve terminare rapidamente e completamente, la risoluzione estende l’occupazione israeliana, approva la presenza indefinita delle truppe del regime israeliano e vi sovrappone una seconda occupazione guidata dagli Stati Uniti.
E nonostante la Corte abbia stabilito che i palestinesi non hanno bisogno di negoziare i propri diritti con i loro oppressori e che nessun accordo o processo politico può prevalere su tali diritti, la risoluzione li annulla e li affida alla discrezione degli Stati Uniti, dei suoi partner israeliani e di altri paesi.
Anche nel mezzo di un genocidio in corso perpetrato da un regime di apartheid, in nessuna parte della risoluzione si fa un solo accenno ai crimini di genocidio, apartheid o colonizzazione, alle migliaia di palestinesi ancora detenuti nei campi di tortura e di sterminio israeliani, o ai principi di responsabilità per i colpevoli o di risarcimento per le vittime.
Neppure Israele è tenuto a rispettare i propri obblighi legali di risarcimento e riparazione, poiché tale responsabilità è invece demandata a donatori e istituzioni finanziarie internazionali, in quello che equivale a un salvataggio multimiliardario del regime israeliano. In sintesi, la risoluzione garantisce la piena impunità del regime israeliano, oltre a favorire la sua normalizzazione.
Un’amministrazione coloniale
La risoluzione accoglie con favore, approva e allega anche il piano Trump, ampiamente screditato (versione del 29 settembre) e, pur non citando tutte le sue disposizioni problematiche, invita tutte le parti ad attuarlo nella sua interezza.
Autorizza il Consiglio per la Pace presieduto da Trump a fungere da amministrazione di transizione che governa tutta Gaza, a controllare tutti i servizi e gli aiuti, a controllare il movimento delle persone in entrata e in uscita da Gaza e a controllare la struttura, i finanziamenti e la ricostruzione di Gaza, e include l’autorizzazione, formulata in modo pericolosamente ampio, di “qualsiasi altro compito che possa essere richiesto”. Inoltre concede al consiglio di Trump l’autorità immediata di istituire “entità operative” e “autorità transazionali” non definite, a sua discrezione.
La risoluzione prevede addirittura un organismo collaborazionista composto da tecnocrati palestinesi che prenderà ordini e riferirà sulla Striscia al Consiglio per la Pace di Trump. In palese violazione del diritto internazionale, la risoluzione nega ai palestinesi il controllo del proprio territorio a Gaza fino a quando Trump e i suoi collaboratori non decideranno che l’Autorità palestinese ha soddisfatto i requisiti di riforma stabiliti dallo stesso Trump e dalla altrettanto odiosa “Proposta Franco-Arabia Saudita“. Inoltre, non contiene alcuna promessa di indipendenza o sovranità palestinese.
Al contrario, in aperta contraddizione con le conclusioni della Corte internazionale di giustizia, essa ostacola la causa della libertà e dell’autodeterminazione palestinese con una linea vaga, iperqualificata e non vincolante che afferma che DOPO che gli organismi guidati da Trump avranno deciso che i palestinesi hanno soddisfatto criteri NON DEFINITI di “riforma e sviluppo”, “le condizioni finalmente POTREBBERO essere soddisfatte per iniziare un PERCORSO credibile verso l’autodeterminazione e la statualità palestinese”.
Con tali condizioni ogni flebile speranza rimasta di progresso viene definitivamente infranta dalla clausola del colpo di grazia che stabilisce che qualsiasi processo in tal senso deve essere controllato dagli stessi Stati Uniti. In altre parole, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha concesso il diritto di veto sull’autodeterminazione palestinese agli Stati Uniti, principale sostenitore del regime israeliano e complice del genocidio.
La risoluzione non offre nemmeno la speranza che il sistematico stato di privazione del popolo palestinese a Gaza possa finire. Sebbene la Corte internazionale di giustizia abbia dichiarato che le restrizioni agli aiuti devono cessare, la risoluzione si limita a “sottolineare l’importanza” degli aiuti umanitari. Non ne richiede il libero flusso e la distribuzione senza restrizioni.
Una forza di occupazione per procura
La risoluzione prevede inoltre la creazione di una forza armata proxi di occupazione, denominata “Forza di Stabilizzazione Internazionale”, che opererà sotto la guida del Consiglio per la Pace presieduto da Trump. Questa forza avrà un comando approvato dal Consiglio di Trump e opererà esplicitamente in collaborazione con Israele, l’autore del genocidio (e con l’Egitto).
I suoi membri devono essere identificati “in collaborazione con” il regime israeliano e devono collaborare con il regime per controllare i palestinesi sopravvissuti a Gaza.
Avrà il compito di proteggere i confini (cioè di tenere i palestinesi in gabbia), di stabilizzare la situazione di sicurezza a Gaza (cioè di reprimere qualsiasi resistenza all’occupazione, all’apartheid o al genocidio), demilitarizzare Gaza (ma non il regime israeliano), distruggere le capacità di difesa militare di Gaza (ma non quelle di Israele), disarmare la resistenza palestinese (ma non il regime israeliano), addestrare la polizia palestinese (al fine di controllare il popolo palestinese all’interno di Gaza) e lavorare per gli obiettivi (nefasti) del “Piano globale (Trump)”.
La forza avrà anche il compito di “proteggere i civili” e fornire assistenza umanitaria, nella misura in cui gli Stati Uniti lo consentano (o siano inclini a farlo). Ma che una forza del genere, che deve collaborare con Israele, non faccia nulla per opporsi all’aggressione israeliana e agli attacchi ai civili dovrebbe ormai essere ovvio.
E si tratta di “monitorare il cessate il fuoco”, un cessate il fuoco garantito dagli Stati Uniti che ha permesso ogni giorno i continui attacchi israeliani a Gaza da quando è stato dichiarato (che hanno ucciso centinaia di persone e causato la massiccia distruzione delle infrastrutture civili), ma che non tollera alcuna ritorsione da parte della resistenza palestinese. È lecito supporre che qualsiasi monitoraggio del cessate il fuoco da parte di una tale forza sarà concentrato principalmente sulla parte palestinese, non sul regime israeliano in quanto potenza occupante.
In altre parole, la missione di questa forza di occupazione per procura è quella di controllare, contenere e disarmare la popolazione vittima del genocidio, non il regime che lo perpetra, e di garantire la sicurezza non alle vittime del genocidio ma ai suoi autori.
In un’altra sorprendente violazione del diritto internazionale, la risoluzione autorizza le forze del regime israeliano a continuare a occupare (illegalmente) Gaza finché il Board of Peace guidato dagli Stati Uniti e le forze del regime israeliano non decidano collettivamente diversamente. E, in ogni caso, la risoluzione prevede che le Forze di Difesa Israeliane possano rimanere a Gaza per occupare un “perimetro di sicurezza” a tempo indeterminato.
Infine, sia al Consiglio coloniale per la pace che alla sua forza di occupazione “stabilizzatrice” per procura viene conferito un mandato di due anni e la possibilità di una proroga in consultazione con Israele (e l’Egitto), ma non con la Palestina.
La follia dei colonizzatori
Inutile dire che questa risoluzione è stata respinta dalla società civile palestinese, da quasi tutte le fazioni politiche e di resistenza palestinesi, dai difensori dei diritti umani e dagli esperti di diritto internazionale di tutto il mondo.
In base al diritto internazionale, l’occupazione della Palestina è illegale, il popolo palestinese ha diritto all’autodeterminazione e ha il diritto di resistere all’occupazione straniera, alla dominazione coloniale e a regimi razzisti come Israele. Questa risoluzione non solo cerca di negare questi diritti, ma arriva persino a rafforzare la presenza illegale di Israele e ad autorizzare propri meccanismi di occupazione straniera e di dominazione coloniale.
Inoltre, il Consiglio di Sicurezza trae tutti i suoi poteri dalla Carta delle Nazioni Unite. Tale Carta, in quanto trattato, è parte del diritto internazionale, non superiore ad esso. In quanto tale, il Consiglio è vincolato dalle norme del diritto internazionale, comprese in particolare le norme più elevate, cosiddette jus cogens ed erga omnes, come l’autodeterminazione e l’inammissibilità dell’acquisizione di territorio con la forza. Il suo palese disprezzo per le conclusioni della Corte Internazionale di Giustizia su questi argomenti rivela fino a che punto molti dei termini di questa risoluzione siano di fatto illegittimi e ultra vires (oltre l’autorità del Consiglio).
Di conseguenza, le ramificazioni di questa azione illegittima da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite avranno implicazioni che vanno ben oltre la Palestina. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, se non vincolato dal diritto internazionale, diventa uno strumento pericoloso di repressione e ingiustizia. Questo è esattamente ciò a cui abbiamo assistito in questo caso, poiché il Consiglio ha ignorato il diritto internazionale e ha di fatto consegnato i sopravvissuti di Gaza ai coautori del genocidio.
Chi segue il Consiglio sa bene che il veto è stato ripetutamente utilizzato proprio dallo stesso Consiglio per negare i diritti dei palestinesi. Ma in questo caso, quando avrebbe potuto essere utilizzato per proteggere i diritti dei palestinesi, il veto non si è visto. In un minuto di votazione, il Consiglio di Sicurezza ha perso ogni legittimità.
Un percorso in avanti
Il tentativo degli Stati Uniti di imporre una forma di colonialismo ottocentesco al popolo palestinese di Gaza, da tempo sofferente, come il precedente schema coloniale franco-saudita, è destinato al fallimento. Tali schemi sono fondamentalmente imperfetti fin dall’inizio, poiché cercano di imporre risultati privi di legalità (secondo il diritto internazionale), privi di legittimità (per l’esclusione dell’azione palestinese) e privi di qualsiasi concreta speranza di successo (dato il loro rifiuto pressoché universale sia in Palestina che nel resto del mondo).
Gli Stati Uniti potrebbero essere in grado di minacciare e corrompere un numero sufficiente di stati per ottenere il loro sostegno in una votazione ONU, ma quanto ad assicurarsi truppe e altro personale sufficienti per attuare la risoluzione sul campo, contro la volontà delle popolazioni indigene, potrebbe essere un’altra questione. E mantenere il sostegno mentre il piano (inevitabilmente) inizia a sgretolarsi sarà ancora più difficile.
Nel frattempo, per coloro che si impegnano per la giustizia, i diritti umani e lo stato di diritto, il compito è chiaro. Questo piano deve essere contrastato in ogni grande città e in ogni momento. I governi devono essere sollecitati a porre fine alla loro complicità agli abusi israeliani, agli eccessi degli Stati Uniti e a questo atroce schema coloniale. Il regime israeliano deve essere isolato. Gli sforzi per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni devono essere raddoppiati. Deve essere imposto un embargo militare sui carburanti e sulla tecnologia. I responsabili israeliani devono essere perseguiti in ogni tribunale disponibile. E le strade devono echeggiare del giusto ruggito per la libertà palestinese di milioni di persone attraverso manifestazioni, scioperi, disobbedienza civile e azioni dirette.
E quando questo castello di carte coloniale crollerà, un’altra soluzione, più giusta, sarà pronta a prenderne il posto. Se la maggioranza mondiale smetterà di prostrarsi in ginocchio davanti all’imperatore e affermerà il suo potere collettivo, agendo nell’ambito del meccanismo “Uniting For Peace” dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per aggirare il veto statunitense, adottare misure di responsabilizzazione per isolare e punire il regime israeliano e garantire una reale protezione alla Palestina, allora l’ONU potrebbe sopravvivere per combattere un altro giorno. In caso contrario, quasi certamente si estinguerà e morirà, vittima di ferite autoinflitte, nessuna più profonda della vergognosa risoluzione del 17 novembre 2025.
