CHI È GHF, L’OPACA FONDAZIONE DESIGNATA ALLA DISTRIBUZIONE DEGLI AIUTI UMANITARI A GAZA

DiRedazione

25 Maggio 2025
La Gaza Humanitarian Foundation (GHF) è una fondazione registrata in Svizzera a febbraio 2025, designata da Israele e Stati Uniti per gestire la distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza per sostituire l’UNRWA. Nelle intenzioni di questi due paesi, entro la fine di maggio 2025 la GHF dovrebbe diventare l’unico canale autorizzato per l’ingresso e la distribuzione di cibo, medicinali e beni essenziali nella Striscia di Gaza. Non ha esperienza pregressa nel settore umanitario e presenta una struttura a dir poco opaca, elemento che solleva numerosi interrogativi sulla legittimità, la trasparenza e l’efficacia operativa. Gli obiettivi del progetto appaiono essenzialmente due: privatizzare gli aiuti umanitari a Gaza tramite l’impiego di contractor militari privati e militarizzare la distribuzione affidando all’esercito israeliano il totale controllo sui cittadini palestinesi attraverso il ricorso al controllo biometrico per la distribuzione degli aiuti.
Palestinesi si accalcano in un punto di distribuzione di cibo nel campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, il 21 maggio 2025, poiché Israele consente l’ingresso di una quantità limitata di aiuti nell’enclave (Eyad Baba/AFP)

ANTEFATTI

Prima della guerra, Gaza riceveva fino a 600 camion di aiuti al giorno attraverso sei valichi, principalmente gestiti dall’Unrwa. Dopo l’inizio del conflitto nell’ottobre 2023, Israele ha progressivamente ridotto questi flussi per motivi di sicurezza, imponendo un blocco totale tra marzo e maggio 2025, il più lungo nella storia dell’enclave. In questi due mesi e mezzo, quasi nessun aiuto è entrato, aggravando una crisi alimentare già seria. Solo di recente, sotto pressione statunitense, sono stati autorizzati pochi camion, mentre circa tremila risultano ancora bloccati ai confini.

È in questo quadro critico che il governo israeliano ha definito la parziale ripresa degli aiuti come un “ponte temporaneo” in vista dell’introduzione, entro la fine di maggio, di un nuovo meccanismo di distribuzione. Il sistema attuale, gestito da agenzie dell’Onu come l’Unrwa, sarà completamente sostituito dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), una fondazione svizzera di recente costituzione, che diventerà l’unico canale autorizzato per l’ingresso di cibo e medicinali. [1]

FUNZIONE E OBIETTIVI DICHIARATI DELLA GHF

La GHF dovrebbe diventare l’unico canale autorizzato per l’ingresso e la distribuzione di cibo, medicinali e beni essenziali nella Striscia di Gaza entro la fine di maggio 2025. Opererà attraverso pochi hub centralizzati, principalmente nel sud della Striscia, sotto la supervisione dell’esercito israeliano. Il progetto del governo Netanyahu prevede infatti la creazione di pochi centri di distribuzione gestiti da contractor privati e protetti dalle forze armate israeliane, un approccio in totale contrasto con il modello da sempre usato dall’ONU, che prevede centinaia di punti di distribuzione più piccoli in tutta l’enclave. L’attività dovrebbe avvalersi di contractor privati, tra cui le società di sicurezza private americane Safe Reach Solutions e UG Solutions, per proteggere i punti di distribuzione. Questi centri saranno collocati in aree designate dall’esercito israeliano, con un sistema di accesso che include controlli biometrici.

La motivazione ufficiale sostenuta da Israele e Stati Uniti per l’esistenza di GHF è evitare che gli aiuti finiscano nelle mani di Hamas, accusato di dirottare risorse. Più in generale, la decisione si inscrive nella campagna di delegittimazione della UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente, che Israele accusa di essere “infiltrata” da Hamas. Per questo motivo, Israele ha approvato nel 2024 una legge che vieta le attività dell’UNRWA sul proprio territorio e nei territori occupati, rendendo impossibile il suo operato, soprattutto a Gaza, dove la cooperazione con l’esercito israeliano è essenziale per la distribuzione degli aiuti.

La fondazione GHF si presenta in apparenza come “un’entità neutrale” per gestire una crisi umanitaria in un’area devastata dalla guerra. Organizzazioni per i diritti umani e osservatori internazionali hanno, però, criticato GHF definendola una “farsa politicizzata” che opera sotto il controllo diretto di Israele. L’ONU, a lungo il principale fornitore di aiuti a Gaza, ha condannato l’accordo come una “foglia di fico” per lo sfollamento, mentre un “membro del consiglio” citato in una bozza di documento della GHF questo mese ha detto al Financial Times di non essere mai stato nel loro consiglio. Il capo degli aiuti delle Nazioni Unite, Tom Fletcher, ha detto al Consiglio di sicurezza la scorsa settimana che il piano GHF subordina “gli aiuti a obiettivi politici e militari”: “Rende la fame una merce di scambio”.

DUBBI SULLE REALI COMPETENZE IN CAMPO UMANITARIO

Un articolo del Financial Times di qualche giorno fa solleva pesanti interrogativi sulla natura e le reali competenze in campo umanitario di GHF. Registrata in Svizzera a febbraio da un cittadino armeno senza precedente esperienza documentata nel settore, la fondazione include anche un ramo americano di cui si conoscono pochi dettagli. Il quotidiano britannico ha già documentato l’arrivo in Israele di personale di sicurezza privato, ingaggiato per proteggere convogli e siti di distribuzione. Le due società di sicurezza americane che saranno coinvolte coinvolte – Safe Reach Solutions e Ug Solutions – hanno già operato brevemente a Gaza durante un cessate il fuoco temporaneo a gennaio, ma non hanno risposto alle domande dei giornalisti sulle loro operazioni attuali e sui termini del loro contratto con la fondazione. GHF rivendica collaborazioni con figure come Tony Blair e Nate Mook (ex World Central Kitchen), i quali, però, hanno smentito ogni coinvolgimento.

RICORSO A TECNOLOGIE BIOMETRICHE PER LA DISTRIBUZIONE DEGLI AIUTI

Il modello di distribuzione degli aiuti scelto da GHF prevede lo screening biometrico per controllare l’accesso, assicurando che raggiungano solo destinatari verificati e impedendo la diversione da parte di gruppi come Hamas, che Israele accusa di rubare gli aiuti. Il sistema biometrico, come delineato in proposte correlate come quella della Global Delivery Company (GDC), include tecnologie come impronte digitali, scansioni facciali e possibilmente campioni vocali per verificare l’identità dei palestinesi ai checkpoint di distribuzione degli aiuti. Questi posti di blocco farebbero parte di “bolle umanitarie” o zone sicure, principalmente nel sud di Gaza, protette da appaltatori di sicurezza privati e coordinate con l’esercito israeliano, anche se GHF insiste che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) non saranno direttamente coinvolte nella distribuzione degli aiuti.

Sebbene i nomi dei fornitori dei sistemi biometrici di GHF non siano pubblicamente dettagliati, aziende come Keyless e AuthenticID, note per l’autenticazione biometrica che preserva la privacy e la verifica automatizzata dell’identità, sono citate in contesti simili per le loro tecnologie biometriche avanzate.

Gruppi per i diritti umani, come Skyline International for Human Rights (SIHR), hanno condannato il sistema biometrico come una forma di sorveglianza coercitiva. Sostengono che richiedere ai palestinesi di presentare dati biometrici (ad esempio, scansioni facciali o dell’iride) in cambio di aiuti essenziali come cibo e acqua trasforma gli aiuti umanitari in un meccanismo di controllo, opprimendo potenzialmente una popolazione già vulnerabile.

Lo stesso Washington Post, in un articolo di ieri, arriva a definire le aree sotto sorveglianza di GHF come “campi di concentramento con biometria” e accosta GHF a Blackwater, la famigerata ex società mercenaria statunitense accusata di innumerevoli atrocità in Iraq:

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