La storia di due sistemi che reagiscono ai vicendevoli tentativi di strangolamento

Hua Bin, huabinoliver.substack.com, 19 luglio 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter
Molti potrebbero sorprendersi nel sapere che il principale motore di mercato degli ultimi mesi non sia stata Nvidia, la beniamina della corsa alla supremazia nell’intelligenza artificiale. Il merito va a una società mineraria con sede in Nevada, un tempo poco nota, chiamata MP Materials. Mentre le azioni Nvidia sono salite da 136 a 174 dollari da inizio anno, quelle di MP Materials sono passate da 16 a 60 dollari.
Il motivo di questa ascesa meteorica è semplice: MP Materials è l’unico produttore statunitense di terre rare, minerali essenziali per la moderna produzione high-tech, dai veicoli elettrici ai droni, dalla robotica alle turbine eoliche, dai semiconduttori agli armamenti militari.
Sebbene la sua produzione sia minuscola rispetto a quella delle miniere cinesi di terre rare e le sue capacità di raffinazione siano piuttosto limitate, MP Materials ha appena attirato un investimento di 400 milioni di dollari dal Pentagono, che ora è il suo maggiore azionista.
L’investimento senza precedenti del governo statunitense in una società mineraria privata è una reazione alla posizione dominante della Cina nel settore delle terre rare di fronte alle guerre tariffarie e tecnologiche che Trump e Biden hanno scatenato contro Pechino.
Le industrie statunitensi, in particolare il complesso militare-industriale, temono che la loro dipendenza dalle terre rare cinesi per alimentare la produzione ad alta tecnologia e le applicazioni militari sia sempre più sotto pressione, nel contesto dell’intensificarsi delle contese geopolitiche e geoeconomiche tra i due Paesi.
Da quando Trump ha lanciato la guerra tecnologica contro Huawei durante il suo primo mandato e Biden ha alzato ulteriormente la posta tagliando i semiconduttori avanzati, per rappresaglia Pechino ha gradualmente rafforzato la sua presa sulle terre rare.
Come dice il vecchio proverbio, ciò che è buono per l’oca è buono anche per il papero: la militarizzazione della filiera dei semiconduttori da parte degli Stati Uniti ha subito dei contrattacchi.
La lotta per le tecnologie e i minerali critici definirà le relazioni tra Cina e Stati Uniti e rappresenta il preludio allo scoppio di una guerra calda.
Ho scritto alcuni articoli sia sulle terre rare che sui piani della Cina per i chip [1]. È interessante confrontare i diversi approcci adottati dalle due superpotenze per contrastare la mossa della controparte.
La Cina e gli Stati Uniti hanno adottato approcci diversi per risolvere i rispettivi colli di bottiglia, il che riflette il modo in cui i due sistemi economici e politici, estremamente diversi, affrontano le sfide tecnologiche.
L’approccio statunitense si concentra sugli incentivi finanziari e sui via libera legislativi, leve importanti in un sistema economico/politico altamente finanziarizzato.
Tali manovre finanziarie e normative sono completate da estorsioni in Groenlandia e Ucraina, tattiche piratesche standard praticate da tempo dai colonizzatori occidentali: se non hai qualcosa, rubala a chi ce l’ha.
L’approccio degli Stati Uniti
Le soluzioni del regime di Trump al problema delle terre rare sono molteplici:
- mettere in pausa la guerra tariffaria per ottenere un temporaneo sollievo dalla Cina per le applicazioni non militari (l’uso militare è fuori discussione, da qui il panico al Pentagono)
- stimolare i produttori nazionali a sostituire l’offerta cinese, come dimostra l’investimento del Pentagono in MP Materials
- accelerare il processo di autorizzazione tramite apposite leggi, ad esempio utilizzando il Defense Production Act e l’Ordine Esecutivo 14241 per accelerare le miniere di terre rare
- acquisire l’accesso ai diritti minerari negli stati vassalli come l’Australia o attraverso veri e propri accaparramenti di terre, l’idea alla base dell’invasione della Groenlandia e dell’accordo minerario con l’Ucraina
In apparenza, il piano statunitense sembra aver coperto molti ambiti d’azione. Se mai aveste bisogno di una prova che gran parte dell’economia statunitense si basi sul keynesismo militare, l’utilizzo del Dipartimento della Difesa per finanziare lo sviluppo minerario a duplice uso è la prova numero uno.
Tuttavia, le falle nei piani statunitensi sono facili da individuare. Innanzitutto, da dove arriveranno le tecnologie per la produzione di terre rare, anche se (un grande se) riuscissero a garantirsi sufficienti miniere?
Come ho discusso nei miei precedenti saggi, le terre rare sono tutt’altro che rare e la vera sfida risiede nelle tecnologie di estrazione, separazione, raffinazione e lavorazione coinvolte nella produzione di metalli delle terre rare e magneti permanenti (la cosiddetta catena di fornitura “dalla miniera al magnete”).
Il monopolio della Cina nel settore (70% estrazione mineraria globale e 90% lavorazione e raffinazione) è il risultato di decenni di investimenti in tecnologia e sviluppo del capitale umano lungo l’intera catena di fornitura.
Pechino ha da tempo compreso l’importanza delle terre rare per l’industria moderna e, a partire dagli anni ’80, ha investito e sviluppato massicciamente le soluzioni chimiche, i macchinari specializzati, le soluzioni ambientali, le tecnologie di raffinazione e i relativi talenti ingegneristici necessari per raggiungere la posizione dominante nel settore.
Secondo Stanford Magnets, una rivista specializzata nel settore minerario,
“Attualmente, gli Stati Uniti non dispongono di sufficienti capacità di ricerca e sviluppo per produrre magneti permanenti in terre rare. Ad esempio, gli Stati Uniti non sono in grado di produrre magneti permanenti in terre rare al samario-cobalto, resistenti alle alte temperature e alla corrosione, che possono essere utilizzati per realizzare magneti permanenti per missili a guida di precisione, bombe intelligenti, radar e aerei militari. Tuttavia, la Cina possiede questa tecnologia”.
(Si consideri che Lockheed Martin è il maggiore utilizzatore di magneti permanenti a base di samario negli Stati Uniti)
Attualmente, la capacità di lavorazione delle terre rare della Cina è nove volte superiore a quella totale di altre regioni del mondo messe insieme. Ciò significa che ci vorranno almeno alcuni anni per costruire un impianto di lavorazione in grado di eguagliare la capacità produttiva cinese.
Gli Stati Uniti semplicemente non possono replicare queste competenze chiave a breve termine investendo denaro per risolvere il problema. Già Il solo il problema del capitale umano richiederà anni per essere risolto, se mai lo sarà – ad esempio, nessuna università statunitense offre un corso di laurea in estrazione di terre rare, mentre in Cina lo fanno decine di università.
Ci vorranno anni, se non decenni, perché gli Stati Uniti possano recuperare terreno dal punto di vista tecnico.
Il secondo problema per gli Stati Uniti è che, anche supponendo che riescano a recuperare terreno dal punto di vista tecnico, è improbabile che i minatori di terre rare statunitensi e occidentali riescano a competere con i produttori cinesi in termini di quantità e costi.
Oggi i produttori cinesi surclassano in termini di produzione i minatori occidentali di terre rare come MP Materials o l’australiana Lynas (gli unici due produttori non cinesi), con un rapporto di ordine di 300 a 1 per i magneti al neodimio (magneti NdFeB), ad esempio.
Secondo MP Materials, i magneti NdFeB sono
“i magneti permanenti più potenti ed efficienti al mondo: componenti essenziali nei veicoli, nei droni, nella robotica, nell’elettronica, nei sistemi aerospaziali e della difesa“.
Tuttavia, secondo la rivista di settore The Northern Miner, MP Materials prevede di produrre 1.000 tonnellate di magneti al neodimio (NdFeB) all’anno, una volta raggiunta la piena capacità di lavorazione entro il 2027. Al contrario, la Cina ha prodotto circa 300.000 tonnellate di magneti al neodimio (NdFeB) nel 2024, rispetto alle 280.000 tonnellate del 2023.
Essendo la più grande nazione industrializzata, la Cina è il maggiore utilizzatore finale di prodotti raffinati a base di terre rare al mondo. La Cina consuma oltre l’80% dei prodotti a base di terre rare che produce.
In sostanza, la Cina nel prossimo futuro dominerà sia l’offerta che la domanda di minerali di terre rare, determinando quindi gli aspetti economici del settore, come la determinazione dei prezzi e della redditività.
I produttori occidentali semplicemente non dispongono di un modello economico sostenibile per far fronte alla concorrenza di mercato con i fornitori cinesi.
I minerali delle terre rare sono essenziali per le produzioni militari, ma la quantità necessaria è in realtà piuttosto ridotta rispetto ad usi non legati alla difesa, come l’industria automobilistica o la tecnologia verde.
Per quanto tempo i contribuenti statunitensi sovvenzioneranno aziende private a scopo di lucro come MP Materials se il suo unico cliente è il Pentagono, con la sua domanda di nicchia? Il Pentagono continuerà a finanziare un’azienda privata che necessita solo di una piccola frazione della produzione totale?
In effetti, la dipendenza degli Stati Uniti dagli input minerari cinesi essenziali per la macchina bellica di Washington non si limita alle terre rare e ai magneti. Secondo il Centro per gli Studi Strategici dell’Aja, un altro minerale che rappresenta un collo di bottiglia per il complesso militare-industriale statunitense è la grafite ad alta purezza.
Secondo l’Aja Center,
“l’esercito statunitense non potrebbe funzionare senza la grafite e gli Stati Uniti attualmente non producono grafite dalle miniere nazionali. Nel frattempo, la Cina è di gran lunga il maggiore produttore mondiale di grafite, con circa l’80% della produzione globale. Controlla inoltre quasi tutta la lavorazione della grafite ed è l’attore dominante in ogni fase della catena di approvvigionamento” .
La grafite è ampiamente utilizzata anche nella produzione dell’acciaio, nelle batterie agli ioni di litio, nei materiali refrattari, nell’industria automobilistica, aerospaziale, elettronica e nell’energia nucleare.
Sebbene la grafite non sia attualmente un argomento di grande discussione, nel 2025 la sua fornitura sarà già sotto pressione, poiché le nuove miniere di grafite non riusciranno a tenere il passo con la crescente domanda delle case automobilistiche globali.
Si può ipotizzare che la grafite possa rappresentare in futuro un collo di bottiglia nella catena di approvvigionamento su cui Pechino potrebbe fare pressione in caso di ulteriori scontri con gli Stati Uniti.
In breve, non esiste una soluzione a breve termine o a basso costo per i problemi delle terre rare negli Stati Uniti. Le manovre finanziarie e normative potrebbero offrire una soluzione parziale, ma difficilmente bastevole a soddisfare la crescente domanda di terre rare e di altri minerali essenziali come la grafite, per i quali la Cina ha costruito un dominio completo sulla catena di approvvigionamento.
D’altro canto, l’approccio della Cina all’autosufficienza nei chip si basa sull’economia di mercato e si concentra sullo sviluppo delle capacità fondamentali per una svolta.
L’approccio della Cina riflette la forte cultura ingegneristica della leadership e il suo sistema economico/ politico misto statale/privato.
L’approccio cinese
La Cina si sta preparando da tempo a un eventuale distacco dagli Stati Uniti e dall’Occidente. L’autosufficienza tecnologica è la motivazione principale del piano Made in China 2025. La guerra dei chip ha semplicemente accelerato la spinta di Pechino verso l’indipendenza dei chip:
- fondi di investimento in semiconduttori da parte dei governi centrali e locali per incentivare l’innovazione nazionale e la sostituzione delle tecnologie occidentali
- Mobilitare le grandi aziende tecnologiche per costruire chip completi e stack di intelligenza artificiale (IA) per garantire che le loro esigenze di elaborazione possano essere soddisfatte senza ricorrere alla tecnologia statunitense/occidentale. Tra le grandi aziende tecnologiche che stanno spingendo a pieno ritmo ci sono Huawei, SMIC, Alibaba, Xiaomi, ByteDance e Baidu.
- Rompere l’embargo sui chip attraverso un’ingegneria intelligente come “stacking e clustering” per migliorare le prestazioni dei data center nazionali senza i semiconduttori più avanzati, ad esempio CloudMatrix 384 di Huawei.
- Collaborazione congiunta tra mondo accademico, istituti di ricerca, grandi aziende e stato nelle tecnologie leapfrog per lo sviluppo di chip di nuova generazione, come semiconduttori di terza generazione (ne parlerò in dettaglio più avanti), chip fotonici, architettura RISC-V open source, ecc.
- Creare un capitale umano sempre maggiore per le tecnologie dei chip e dell’intelligenza artificiale, anche istituendo specializzazioni STEM correlate in più università e finanziando più dottorati di ricerca.
Come ho già scritto, la Cina rappresenta il maggiore fornitore di chip a livello globale. Ha speso più in importazioni di semiconduttori (oltre 400 miliardi di dollari nel 2023) che in petrolio, nonostante il Paese sia già il maggiore importatore di petrolio della storia. La logica economica dell’autosufficienza in termini di chip è evidente.
Mentre la soluzione statunitense al problema delle terre rare è una tipica risposta finanziarizzata, la soluzione di Pechino al problema dei chip rappresenta una risposta ingegneristica e industriale oltre a un aumento dei finanziamenti.
Quando in una recente intervista è stato chiesto a Ren Zhengfei, fondatore di Huawei Technologies, della strategia dell’azienda in materia di chip, ha ammesso che il chip Ascend di Huawei era ancora indietro rispetto ai migliori chip Nvidia “di una generazione”. Tuttavia, Ren ha sottolineato che Huawei stava raggiungendo prestazioni all’avanguardia nei data center utilizzando metodi come “stacking e clustering”. Huawei ha brevettato tecniche per impacchettare i chiplet uno sopra l’altro, riducendo le dimensioni dei processori.
Grazie a un’ingegneria intelligente e ad algoritmi ottimizzati, Huawei dimostra di poter raggiungere la parità di prestazioni con i data center dotati di chip di qualità inferiore.
Ren ha sottolineato i numerosi vantaggi della Cina nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, tra cui “milioni di giovani che studiano ingegneria” e “una rete di generazione e trasmissione di energia elettrica adeguata, nonché le reti di comunicazione più sviluppate al mondo”.
Ho parlato dell’intero stack tecnologico di Huawei in un articolo precedente [2].
Oltre all’ingegneria intelligente per aggirare l’embargo sui chip, la Cina si sta anche concentrando su una strategia a due punte per migliorare la sua posizione nella catena di fornitura globale di chip:
- rafforzamento delle capacità lungo l’intera catena del valore dei semiconduttori, con particolare attenzione alla sua leva a valle come principale cliente di chip e alla sua forza nei test, nel confezionamento e nei nodi maturi
- investire in tecnologie leapfrog, come i semiconduttori di terza generazione, noti anche come semiconduttori a banda larga.
In primo luogo, grazie alle tecnologie dei chip esistenti, la Cina ha costruito una posizione dominante nel mercato delle materie prime, dell’assemblaggio e dei test, e in alcuni nodi di fabbricazione di chip logici tradizionali. Pechino sta rapidamente espandendo la sua posizione nella fabbricazione di chip di memoria.
La Cina è il principale produttore e trasformatore internazionale di una vasta gamma di materie prime rilevanti per i semiconduttori, tra cui gallio, germanio, magnesio, grafite naturale, scandio, tungsteno e l’intera gamma di elementi delle terre rare.
Nel mercato dei processi maturi (>22 nm), la Cina si sta avvicinando alla parità con Taiwan, con una quota di mercato globale superiore al 30%. Si prevede che la quota cinese raggiungerà il 40% e supererà quella di Taiwan entro il 2030.
Si prevede che nel settore del packaging e dei test la Cina rappresenterà il 25% del mercato globale entro il 2027. Solo nel settore del packaging, la Cina è leader mondiale con una quota di mercato del 38%.
Nel segmento dei chip di memoria, secondo un’analisi sudcoreana, la capacità produttiva della Cina ha già superato quella di Samsung e SK Hynix, leader mondiali nel mercato dei chip di memoria. Yangtze Memory Technologies (YMTC) e Changxin Memory Technologies (CXMT) sono ora i principali attori rispettivamente nel settore delle memorie flash NAND e DRAM.
La vera forza della Cina è ancora più evidente a valle. La Cina domina la produzione globale di elettronica come telefoni cellulari ed elettrodomestici, nonché i sottosistemi e i prodotti commerciali basati su di essi.
Di conseguenza, la Cina è uno dei principali clienti di molti dei principali produttori di chip globali come Intel, Qualcomm e Nvidia. Nel 2023, la Cina rappresentava il 27% del fatturato di Intel, rispetto al 26% degli Stati Uniti. La Cina rappresentava il 46% del fatturato globale di Qualcomm, mentre gli Stati Uniti ne rappresentavano meno del 5%.
Pechino è anche abile nell’individuare settori di crescita richiesti, come i data center e l’intelligenza artificiale, verso i quali può indirizzare le sue tecnologie di nodi maturi, e farlo su un campo competitivo relativamente vuoto, per poi ridimensionarsi in base a tale scopo.
Oltre a migliorare la propria posizione competitiva nell’attuale panorama della tecnologia dei chip, la Cina ha individuato nella tecnologia dei semiconduttori di terza generazione una potenziale opportunità di balzo in avanti.
I semiconduttori di terza generazione, noti anche come semiconduttori a banda proibita ampia, sono materiali e circuiti integrati realizzati con essi, come il carburo di silicio (SiC), il nitruro di gallio (GaN) e il fosfuro di indio, dotati di ampie bande proibite energetiche. Tali materiali offrono proprietà superiori rispetto al silicio tradizionale (prima generazione) e all’arseniuro di gallio (seconda generazione) e sono in grado di gestire livelli di potenza, temperature e tensioni più elevati rispetto ai semiconduttori al silicio.
Questi materiali sono caratterizzati da elevata tensione di rottura, elevata conduttività termica, elevata velocità di saturazione degli elettroni ed elevata resistenza alle radiazioni, il che li rende ideali per applicazioni ad alta potenza, alta frequenza e alta temperatura, come veicoli elettrici, data center e produzione di energia pulita.
Di conseguenza, i semiconduttori di terza generazione rappresentano nell’immediato mercati potenziali dal valore di miliardi di dollari e si prevede che registreranno tassi di crescita considerevoli negli anni a venire.
Sebbene i semiconduttori di terza generazione costituiscano un campo relativamente nuovo e con applicazioni in nuovi settori, le loro proprietà non sono necessariamente all’avanguardia in termini di progettazione e fabbricazione, il che garantisce alla Cina una nicchia di mercato che non necessita delle tecnologie all’avanguardia che le sono state negate.
La Cina si trova di fronte a uno spazio in gran parte aperto, non protetto da un fossato difensivo di brevetti e proprietà intellettuale occidentali, per sviluppare la propria serie di proprietà intellettuali e tecnologie proprietarie. E Pechino ha dato priorità a questo settore. In un discorso del maggio 2023, Xiang Libin, viceministro del Ministero cinese della Scienza e della Tecnologia (MOST), ha sottolineato l’enfasi e il sostegno della Cina ai semiconduttori di terza generazione:
“I semiconduttori di terza generazione, rappresentati dal carburo di silicio e dal nitruro di gallio, hanno prestazioni eccellenti e un enorme potenziale nei veicoli a nuova energia, nelle comunicazioni informatiche, nelle reti intelligenti e in altri settori. Il Ministero della Scienza e della Tecnologia ha attribuito grande importanza all’innovazione tecnologica e allo sviluppo industriale dei semiconduttori di terza generazione e ha fornito al settore un supporto continuo a lungo termine”.
Questa enfasi e questo sostegno si riflettono nel periodo del 14° piano quinquennale della Cina (2021-2025), che ha esplicitamente elevato i materiali semiconduttori a banda larga al livello di strategia nazionale, invitando a “sviluppare carburo di silicio, nitruro di gallio e altri semiconduttori a banda larga”.
La definizione delle priorità nella strategia governativa si è tradotta in azioni orientate alla competitività. L’inserimento dei semiconduttori a banda larga nel più alto piano di sviluppo strategico cinese ha dato il via a un’ondata di politiche e piani di supporto e operatività a livello sia centrale che locale.
Questi piani hanno delineato misure di sostegno finanziario per le aziende, obiettivi di quota di mercato e tecnologici, nonché iniziative industriali. Hanno dato priorità all’intera catena del valore dei semiconduttori a banda larga, comprese le applicazioni.
Ad esempio, il “Piano d’azione per costruire un futuro altopiano dell’innovazione industriale per sviluppare ed espandere i futuri distretti industriali” di Shanghai del 2022 descriveva un approccio end-to-end da monte a valle:
“Promuovere lo sviluppo di carburo di silicio, nitruro di gallio e altri composti semiconduttori a banda larga; migliorare il livello energetico e la scala di produzione di massa della tecnologia di preparazione dei cristalli di composti semiconduttori a banda larga; definire attivamente la tecnologia di produzione di wafer semiconduttori a banda larga; migliorare la capacità di progettazione dei prodotti di chip semiconduttori a banda larga; ed espandere i campi di applicazione“.
Perdonatemi il linguaggio noioso. È per questo che la maggior parte delle persone non legge i piani del governo cinese, che possono essere davvero tecnici e densi, ben lontani dall’intrattenimento offerto dal pagliaccio Trump.
Un altro esempio è il Piano d’azione di Shenzhen per coltivare e sviluppare cluster industriali di semiconduttori e circuiti integrati (2022-2025), che descrive un progetto di nitruro di gallio e carburo di silicio volto a “conquistare la posizione dominante nel settore e migliorare il dominio e la voce del mercato dei prodotti“.
Il parco scientifico Zhongguancun di Pechino ha dichiarato l’intenzione di accelerare la costruzione del parco Zhongguancun Shunyi come polo industriale di semiconduttori di terza generazione con influenza globale, “con particolare attenzione al carburo di silicio, al nitruro di gallio, all’ossido di gallio e al diamante“.
Il discorso sull’industria cinese è parallelo alle politiche nazionali e locali.
Zhang Rujing, creatore della fonderia di chip statale Semiconductor Manufacturing International Corp (SMIC), ha definito i semiconduttori di terza generazione un settore in cui la Cina può “superare l’Occidente in un colpo solo”.
Yu Chengdong, CEO del segmento consumer di Huawei, ha affermato che la Cina spera di “raggiungere la leadership in una nuova era” dei semiconduttori di terza generazione. Ha osservato che
“il divario tra i semiconduttori di terza generazione in Cina e all’estero non è così evidente come quello tra i semiconduttori di prima e seconda generazione. I produttori nazionali possono raggiungere i produttori esteri e completare la sostituzione nazionale”.
L’attenzione della Cina per i semiconduttori di terza generazione ha già prodotto campioni nazionali in questo campo. Prendiamo, ad esempio, l’azienda di moduli per circuiti integrati fotonici Zhongji Innolight (Innolight).
A differenza di aziende come SMIC e Huawei, Zhongji è tutt’altro che un nome noto in Occidente. Tuttavia, basandosi sulla tecnologia dei semiconduttori di terza generazione, e in particolare sul fosfuro di indio, è il principale fornitore mondiale di soluzioni di moduli ottici, hardware di piccole dimensioni che contribuisce a collegare in rete i data center e a trasmettere flussi di dati ad alta velocità, che alimentano applicazioni di intelligenza artificiale all’avanguardia.
Zhongji Innolight è inoltre l’unico produttore in Cina a creare e fornire in serie moduli ottici per data center da 100 gigabit. È diventato un fornitore chiave per le grandi aziende tecnologiche globali che sviluppano data center, tra cui aziende iper-scalabili basate sull’intelligenza artificiale come AWS, Oracle, Alibaba e Tencent.
L’ecosistema dei semiconduttori di terza generazione dimostra anche come Pechino possa sfruttare la sua posizione dominante, spesso sottovalutata, all’interno della filiera di fornitura dei semiconduttori.
Il nitruro di gallio è un materiale chiave nei semiconduttori di terza generazione. La Cina è il principale produttore mondiale di gallio, che rappresenta circa il 98% della fornitura mondiale. La Cina gode di un monopolio simile in molti altri minerali critici, come discusso in precedenza.
In breve, la tecnologia dei chip di terza generazione non si basa sulle dimensioni sempre più ridotte dei transistor più all’avanguardia. L’utilità dei semiconduttori di terza generazione per l’elaborazione si allinea perfettamente alle esigenze delle applicazioni critiche e in crescita di oggi, come i data center e i veicoli elettrici.
Da anni la Cina sta silenziosamente sviluppando un decisivo vantaggio nel settore, sfruttando i vantaggi dei materiali, la capacità produttiva e l’enfasi sulla coltivazione di campioni della ricerca e del commercio.
Nel complesso, il caso dei semiconduttori di terza generazione sottolinea l’inutilità di una politica industriale statunitense sui semiconduttori che non tenga conto della resilienza e dell’innovazione della Cina. In sintesi, mentre Cina e Stati Uniti continuano ad intensificare la loro competizione geoeconomica e geopolitica in molteplici ambiti tecnologici, ciascuno deve adattarsi e contrastare le mosse soffocanti dell’altro.
La strategia della Cina è quella di concentrarsi sull’economia di mercato, sulle innovazioni ingegneristiche, sulla scala industriale e sugli investimenti in capitale umano per superare le sfide statunitensi. L’obiettivo finale è utilizzare gli embarghi tecnologici imposti dai suoi avversari come catalizzatore per raggiungere l’autosufficienza e la sovranità tecnologica.
