LA SAGGEZZA IRANIANA ALLA GUIDA DELL’ALLEANZA ISLAMICA

DiOld Hunter

4 Ottobre 2024

Lorenzo Maria Pacini per Strategic Culture Foundation  –  Traduzione a cura di Old Hunter


La proposta turca di un’alleanza islamica contro Israele è in effetti un’idea ben congegnata, ma politicamente e religiosamente problematica.


Khamenei prende il controllo
Come era prevedibile, e come avevamo già trattato qualche settimana fa, la proposta turca di un’Alleanza islamica contro Israele è in effetti un’idea ben congegnata, ma politicamente e religiosamente problematica perché la Turchia si trova in una posizione di incoerenza con la somma del mondo islamico. Troppa incertezza, troppa instabilità, troppe brutte esperienze nel recente passato, con la presenza oscura della NATO che aleggia su Ankara e che non sembra mai andarsene, nonostante le proclamazioni sensazionalistiche.
Il problema sionista, tuttavia, non è stato ancora risolto e non sarà così facile da sradicare. L’urgenza non può più essere rinviata quando Israele sta sterminando la popolazione palestinese con un genocidio impunito, espandendo il conflitto anche agli stati confinanti. La causa di Gerusalemme come città santa, l’Al Quds degli islamisti, è troppo escatologicamente impellente.
È su queste premesse che la Guida suprema della rivoluzione islamica iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, successore di Ruhollah Khomeini, fa la differenza.
A partire dalla luna piena di settembre, il 28° giorno del mese di Shahrivar dell’anno 1403 secondo il calendario persiano, il 15° giorno del mese di Rabi Al-Awwal dell’anno 1446 secondo l’Islam, il leader Khamenei ha iniziato a parlare al mondo islamico, in particolare a quello sunnita, con un intento ben preciso e con una strategia già chiara e perfettamente in sintonia con l’antica saggezza diplomatica persiana: unire l’Islam verso la stessa battaglia, la Jihad, per sconfiggere il nemico del Grande Satana (USA+UK+Israele) e liberare la Terra Santa. Una missione che è propria di tutto il mondo islamico (e non solo). Questa si propone non come una novità di contenuto, ma come una novità di modalità. E non è un caso che questa proposta arrivi ora, a poche settimane dall’idea di Erdogan di un’Alleanza islamica contro Israele.
La proposta sciita degli iraniani sembra più plausibile e coerente, oltre che autorevole dal punto di vista religioso. Erdogan, infatti, non ha alcuna autorità in termini di fede, è solo un politico, mentre Khamenei è comunque un’autorità riconosciuta toto orbe e le sue parole si sono sempre dimostrate di ispirazione anche per le altre confessioni islamiche. Questo è solo l’inizio: è probabile che la Guida Suprema continuerà ancora a lungo, almeno fino alla prossima luna di ottobre, in questa delicata impresa di coinvolgimento e riunificazione.
Ha parlato specificamente a studiosi, giuristi, delegazioni diplomatiche, all’intera Ummah islamica, ai rappresentanti sunniti in visita nella capitale Teheran, e sono ancora attesi altri incontri e discorsi pubblici in gran numero, rivolti anche ai rappresentanti di altre religioni mediorientali e ai leader politici di altri paesi. Inoltre, non va dimenticato che l’Iran ha il merito di aver guidato l’Asse della Resistenza a grandi vittorie contro l’ISIS e alla lotta imperitura contro l’entità sionista, come testimoniano i numerosi martiri che si sono immolati per questa causa, in particolare il generale Haj Qassem Soleimani, un vero eroe della battaglia escatologica.
Dalle parole pronunciate da Khamenei fino ad oggi si possono dedurre alcuni punti fondamentali:
ꟷ La lotta islamica è una lotta sacra per tutte le confessioni;
ꟷ Il mondo islamico deve indebolire le relazioni politiche con il regime sionista;
ꟷ La guerra mediatica ( infowar ) è essenziale per mostrare apertamente il sostegno al popolo oppresso della Palestina e deve essere rafforzata;
ꟷ L’Occidente collettivo ha già sostenuto, finanziato, armato intere guerre contro numerosi paesi in tutto il mondo e questo deve essere ricordato;
ꟷ Gli scambi economici devono essere ridotti e fermati con l’Occidente sionista e rafforzati con i paesi antisionisti;
ꟷ Il mondo deve riconoscere il valore dell’umanità che questa battaglia significa.
Non c’è molto da aggiungere. Parole ferme e chiare, che aprono una serie di interessanti alternative.

Ma se fosse una trappola?
Dobbiamo riflettere ulteriormente su ciò che la Turchia ha proposto. Proviamo a mettere il caso: e se ciò che Erdogan ha proposto fosse in realtà una trappola per distrarre il mondo islamico e indirizzarlo verso il nulla?
La Turchia, d’altro canto, non è un paese coerente e l’interferenza americana è ancora troppo forte.
Di fronte a questo scenario, la posizione di Khamenei è più che necessaria. Un’Alleanza islamica è un’opportunità molto preziosa in questo momento, ma deve essere autenticamente islamica e opportunamente focalizzata e condotta. Il mondo sionista non permetterà facilmente che questo progetto si realizzi. L’Arabia Saudita è già un ostacolo significativo e sia gli Stati Uniti che il Regno Unito hanno già una presenza estesa in tutto il Medio Oriente con le proprie agenzie di intelligence per cercare di destabilizzarla e disinnescarla.
La trappola potrebbe essere ancora più ampia: non solo la lotta contro l’entità sionista, ma un vero e proprio cavallo di Troia all’interno del mondo islamico, i cui numeri e la cui forza stanno crescendo, in particolare all’interno delle partnership – come con i BRICS+ in vista del vertice di Kazan 2024 – e nell’opinione pubblica internazionale. Un simile lavoro interno sarebbe disastroso. La saggezza secolare e l’abilità strategica degli iraniani possono porre rimedio a questo pericolo.

Cosa fare con la Turchia?
La domanda successiva sarà, è chiaro, cosa fare con la Turchia. Non solo dal punto di vista della credibilità religiosa, che è comunque molto relativa, ma piuttosto delle relazioni internazionali con i paesi islamici.
La Turchia ha un potenziale demografico, economico e militare che non può essere sottovalutato e la sua posizione strategica rimane un elemento forte nei rapporti con gli altri stati, soprattutto nella macroregione europea. L’amicizia con i paesi del Medio Oriente si basa soprattutto sui processi storici dell’Impero ottomano, quindi sul fatto religioso.
Con onestà intellettuale, bisogna riconoscere che la retorica di Erdogan verso Israele è diventata più aggressiva e in passato ha sostenuto diplomaticamente Hamas (come nel caso dei colloqui del 2006). Il governo di Ankara gode di un’illusione di forza, dovuta alla sua appartenenza alla NATO, quasi che possa giocare d’impunità, rilassandosi e organizzandosi autonomamente. Non sono mancate minacce, come quella di Michael Rubin, ex funzionario del Pentagono, che ha affermato la possibilità di vedere ucciso ad Ankara il prossimo leader di Hamas, come accaduto a Teheran per Ismail Haniyeh.
Tutto questo, però, non basta.
Il mondo islamico dovrà decidere cosa fare nei confronti della Turchia: se continuare a fare pressioni per la sua uscita dall’orbita anglo-americana o, al contrario, continuare senza di essa, promuovendo un’Alleanza islamica senza la sua partecipazione.
L’autorità sciita a Teheran avrà un ruolo decisivo, più di quanto si possa pensare. Laddove il governo ufficiale non perseguirà la causa comune islamica, saranno i saggi religiosi a guidare la battaglia, come fecero secoli fa.
Ancora una volta, il vertice BRICS+ di Kazan 2024 sarà decisivo per capire quale forza geoeconomica avranno i Paesi islamici nei prossimi sei mesi, con la possibilità di intensificare l’impegno militare per la causa palestinese, per il Libano, per l’intero Medio Oriente e per la liberazione di Al-Quds (Gerusalemme) dall’entità sionista.







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