“LA SPINA E IL GAROFANO” DI YAHYA SINWAR, IL ROMANZO DELLA RESISTENZA PALESTINESE VIETATO DA ISRAELE

DiMaria Morigi

22 Ottobre 2024

Yahya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza ucciso da combattente, ha trascorso 23 anni della sua vita in prigione, di cui quattro in isolamento. Liberato nel 2011 in uno scambio di prigionieri, non ha sprecato i lunghi anni di detenzione. Ha imparato l’ebraico, ha tradotto testi ebraici, ha studiato la mentalità del nemico per padroneggiare il suo linguaggio, in modo da poter un domani affrontarlo e realizzare un piano di intelligence a lungo termine. 

Il romanzo di Sinwar “La spina e il garofano” (Al-Shawk wa’l Qurunful) scritto in prigione, dopo essere stato inserito tra i bestseller di Amazon, è stato rimosso da tutti i siti a causa delle pressioni del regime sionista. Gli avvocati britannici per Israele (UKLFI) hanno ammonito Amazon che ogni pubblicità sul libro era illegale. Il 18 aprile 2024, UKLFI ha informato Amazon che stava violando le leggi antiterrorismo del Regno Unito e l’ha minacciata di citazione in giudizio. Il giorno successivo Amazon ha rimosso il libro da tutte le piattaforme. Israele aveva paura di Sinwar e del suo romanzo: “Dobbiamo entrare nella mente di Sinwar” era lo slogan dei media israeliani dopo che Sinwar, con “Alluvione di Al-Aqsa”, mise in atto il più grande raggiro dei servizi segreti nella storia dello Stato ebraico. 

“La spina e il garofano” è una lente analitica sulla resistenza palestinese nel suo contesto sociale, politico e culturale: affronta un filone della lotta tra il 1967, l’Intifada di Al-Aqsa dei primi anni 2000 e la nascita del Movimento di resistenza islamica, Hamas,.  Approfondisce i temi della fiducia in se stessi, del sacrificio e dell’acume per la sicurezza, concetti radicati per favorire la liberazione collettiva, e illustra le dimensioni ideologiche, strategiche ed esistenziali della resistenza . 

I fatti – che segneranno  i valori e le scelte di bambini che, crescendo, diventeranno figure chiave di Hamas – hanno inizio nell’inverno del 1967, in una casa di un campo profughi di Gaza sotto amministrazione egiziana. La storia è raccontata dal punto di vista di Ahmad, il figlio, che apre gli occhi sulla durezza del mondo: la guerra e la scomparsa del padre, combattente della resistenza, le condizioni di vita del campo, la povertà, il freddo, la pioggia che filtra dal soffitto mentre dormono. Ahmad racconta uno dei suoi primi ricordi: le interazioni con i soldati egiziani che andava a trovare spesso. Giocavano insieme e davano a lui e ai suoi amici dolci al pistacchio. Poi scoppia la guerra, i soldati gridano loro di tornare indietro e non distribuiscono più i dolci. “Le forze di occupazione hanno affrontato una feroce resistenza in una zona e si sono ritirate. Poco dopo, è apparso un gruppo di carri armati e jeep militari, con bandiere egiziane. I resistenti hanno esultato, pensando che fossero arrivati gli aiuti, e sono usciti dalle loro postazioni e trincee, sparando in aria per festeggiare. Si sono riuniti per accogliere i rinforzi, ma quando il convoglio si è avvicinato, è stato aperto un fuoco pesante sui combattenti, uccidendoli. Poi su quei carri armati e veicoli è stata issata la bandiera sionista, al posto di quella egiziana”.

 Ahmad osserva la comunità del campo di Gaza, vede la preoccupazione della madre per l’onore e la reputazione delle figlie, prova gioia nell’accompagnare il nonno alla preghiera e agli incontri nella moschea, osserva le trasformazioni politiche nel campo, assiste al coprifuoco, agli assedi, alla continua caccia ai combattenti della resistenza, alle punizioni collettive, e anche alla normalizzazione dell’occupazione, ai permessi di lavoro, attraverso i quali le persone vengono  obbligate a collaborare con il nemico. Ahmad osserva le prigioni “israeliane” da cui i suoi fratelli, parenti e conoscenti sono usciti, testimoniando il potere della determinazione nel cambiare la realtà. Soprattutto, Ahmad osserva come le armi e la lotta per la libertà si evolvono con uomini che, plasmati dalla resistenza , a loro volta, l’hanno sviluppata. Questi uomini trovano sintesi nel modello del cugino Ibrahim che diventa il punto di riferimento  di costruzione di un destino politico. La qualità di Ibrahim di essersi “fatto da sé” gli ha garantito una forma di sovranità su se stesso e ha dato un scopo a tutta la sua vita facendolo diventare un leader politico capace di affrontare le avversità dell’occupazione.

Il romanzo presta particolare attenzione alla fase di “educazione e preparazione”. Un giorno, uno sceicco, anche lui di nome Ahmad, passa accanto ai giovani del campo che bighellonano per le strade. Li mette in guardia da inutili divertimenti e li esorta a impegnarsi nella preghiera “collegando tutto questo al futuro dell’Islam, la cui bandiera deve essere innalzata sulla terra di Palestina”. Lo sceicco trascorre decenni con loro, instillando valori islamici che promuovono la rinuncia ai desideri mondani, creando una generazione “capace di sacrificio e di abnegazione”. Da ciò i lettori del romanzo possono comprendere come la filosofia islamica si rifletta sulla vita politica permettendo di rinunciare ai desideri, se questi sono in conflitto o mettono in pericolo l’impegno nazionale che costituisce il significato centrale della vita e il fondamento  anche degli aspetti personali, come l’amicizia e l’amore.

Tralasciando tanti altri temi del romanzo (che sono riuscita a leggere solo per brevi pezzi) secondo Sinwar, nella formazione degli individui, l’ascetismo, il sacrificio, l’abnegazione e l’attenzione per la sicurezza creano una spinta interiore alla resistenza ovvero “ la volontà di resistere” non influenzata da pressioni esterne. La resistenza inizia con la responsabilità di ciascun individuo nei confronti della propria libertà politica, con il suo impegno nell’immaginare il percorso per raggiungerla e con la marcia calcolata verso di essa. Ogni individuo può resistere, in base alle proprie capacità e indipendentemente da quanto possano sembrare lontani e irraggiungibili gli obiettivi.

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