LA SITUAZIONE DIFFICILE DELL’IRAN È IN GRAN PARTE IL RISULTATO DELLA SUA STESSA FOLLIA

DiOld Hunter

18 Giugno 2025

Il seguito di “Una Rivoluzione non è un pranzo di gala”

Hua Bin, huabinoliver.substack.com, 17 giugno 2025   —   Traduzione a cura di Old Hunter

Ho ricevuto molti buoni commenti dai lettori per il saggio “La rivoluzione non è un pranzo di gala”. Ho perciò ritenuto utile condividere alcune ulteriori prospettive aggiuntive sul perché ritengo che la crisi iraniana sia almeno in parte il risultato dei suoi stessi errori e della sua scarsa capacità di giudizio. Cercherò anche di ipotizzare, spero in modo intelligente, quale sarebbe la posizione della Cina nell’evolversi della situazione.

Per brevità, dividerò l’articolo in tre parti: La follia dell’Iran; la scarsa capacità di giudizio dell’Iran, soprattutto nei confronti dell’India; e il motivo per cui l’Iran non ha ottenuto maggiore sostegno da parte della Cina.

Poiché gli eventi si susseguono a un ritmo sempre più veloce, qualsiasi analisi predittiva rischia di rivelarsi errata, quindi cercherò di attenermi a temi indipendenti dal flusso e riflusso delle notizie dell’ultima ora.

Alcune avvertenze per iniziare:

  • Non c’è bisogno di discutere su cosa sia giusto o sbagliato qui. Non c’è dubbio che la guerra di Israele sia una violazione criminale del diritto internazionale e una continuazione della sua vile storia di criminalità fin dalla sua nascita. Se non siete d’accordo, non leggete il resto.
  • Non faccio previsioni sull’esito del conflitto. La mia opinione è che questa sarebbe una guerra persa, in cui nessuna delle due parti potrebbe vantare un successo assoluto. Se gli Stati Uniti intervenissero direttamente, sarebbe probabile che l’Iran subisca una sconfitta netta, con un possibile cambio di regime; nel caso contrario, Israele subirebbe danni maggiori in un conflitto prolungato, date le sue dimensioni e la sua popolazione di gran lunga inferiori, c’è anche il rischio di un uso del nucleare da parte di Israele.
  • Non ho intenzione di incolpare la vittima. Il mio intento è esaminare le carenze del pensiero strategico iraniano, dell’unità interna e del giudizio geopolitico dell’Iran, così come lo vedo.

I punti focali sono i seguenti:

  • I passi falsi dell’Iran nelle turbolenze mediorientali dall’ottobre 2023
  • Le contraddizioni interne dell’Iran hanno portato a un indebolimento dello Stato
  • Le scelte geopolitiche sbagliate dell’Iran, soprattutto nei confronti dell’India (nella seconda parte)

I passi falsi dell’Iran dopo l’operazione Al-Aqsa

L’Asse della Resistenza, guidato dall’Iran, ha avuto una rara opportunità per infliggere gravi danni a Israele a metà del 2024. L’anno scorso, in questo periodo, Israele si trovava ad affrontare contemporaneamente le minacce di Hamas, Hezbollah, Houthi, delle milizie irachene, di Siria e Iran – Netanyahu aveva parlato apertamente di una potenziale guerra su sette fronti.

All’epoca, l’esercito israeliano era stremato dai combattimenti a Gaza e in Libano; le tensioni interne in Israele erano forti, con disaccordi pubblici tra Netanyahu e i suoi generali; il morale delle IDF era basso a causa della mobilitazione su larga scala; Hezbollah e la Siria erano ancora intatte; l’indignazione globale per il massacro indiscriminato di civili da parte delle IDF era al culmine; la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia chiedevano il perseguimento dei crimini di guerra israeliani; Biden aveva seri disaccordi con Netanyahu e le politiche israeliane nonostante il continuo sostegno militare; l’Asse della Resistenza godeva di una posizione militare relativamente forte, rispetto ad oggi, per sconfiggere Israele sul campo di battaglia.

È importante sottolineare che stava anche cavalcando l’onda del sostegno globale, prima che la stanchezza per i fatti di Gaza prendesse il sopravvento e il mondo passasse al ciclo di notizie successivo.

Tuttavia, l’Iran ha perso completamente l’occasione di adunare l’Asse della Resistenza e infliggere una schiacciante sconfitta a Israele. Invece, ha tergiversato di fronte alle ripetute provocazioni e agli attacchi israeliani, aspettando a volte mesi prima di reagire.

Nel frattempo, Israele si è riorganizzato e ha messo a segno sconvolgenti inversioni di tendenza: uccisioni mirate di numerosi leader di Hamas e Hezbollah, attacchi con cercapersone esplosivi contro Hezbollah, bombardamenti incessanti del Libano, ripetuti attacchi alla patria iraniana e ai suoi avamposti diplomatici, il rovesciamento del regime di Assad in Siria (merito della Turchia) e forse l’assassinio del presidente iraniano Raisi, sostenitore della linea dura. Israele ha fatto tutto questo con solo timide rappresaglie iraniane.

Le tanto decantate “centinaia di migliaia” di razzi e missili che Hezbollah presumibilmente possedeva non sono piovute su Israele. A parte i coraggiosi e valorosi Houthi, l’Asse della Resistenza non è riuscito a fare molto per affrontare Israele e impedire il genocidio palestinese.

In realtà, a parte qualche vuota retorica da parte di Teheran a sostegno dei palestinesi, non ci sono state praticamente azioni concrete. Persino il cinico e traditore sultano turco Erdoğan ha usato una retorica più infuocata contro gli ebrei sul genocidio (e ovviamente, nel vero stile egoistico di Erdoğan, senza muovere un dito per fare qualcosa di sostanziale, come tagliare le forniture di petrolio a Israele).

Di conseguenza, Israele ha neutralizzato gran parte dell’Asse della Resistenza, mentre l’Iran è rimasto sostanzialmente a guardare mentre i suoi alleati venivano decimati. Con il passare del tempo e l’operare della magia oscura degli ebrei in Occidente, anche le proteste contro il genocidio sono state represse e si sono spente.

Di fronte al mondo, l’Iran ha risposto con alcuni timidi attacchi di rappresaglia “proporzionali” e ha persino dato avvertimenti anticipati per evitare “malintesi” e “vittime civili”.

Dopo la morte di Raisi, l’Iran ha eletto un presidente “liberale” e “moderato” (che rappresenta sostanzialmente la fazione che propende per l’Occidente) che sembrava più duro di quanto non lo fossero i suoi atti.

L’Iran stava chiaramente cercando di creare spazio per rientrare nelle grazie degli Stati Uniti. Si è piegato per placare gli Stati Uniti e riavviare i negoziati sul nucleare per allentare il cappio delle sanzioni.

L’Iran ha accettato la disonesta offerta di Trump di parlare di un accordo nucleare, apparentemente dimenticando che si tratta dello stesso Trump che ha ordinato l’assassinio del generale Soleimani e che è totalmente al soldo degli ebrei. L’Iran sperava ingenuamente di potersela cavare con qualche riduzione dell’arricchimento nucleare, piuttosto che con un arresto totale, in cambio di un alleggerimento delle sanzioni.

Come ho esposto nel precedente saggio, a differenza della Corea del Nord, in sostanza l’Iran ha usato il suo programma nucleare come leva per ottenere concessioni sulle sanzioni piuttosto che come obiettivo nazionale di sopravvivenza.

Ha oscillato sulla soglia del nucleare senza superarla. Invece di superare in astuzia gli Stati Uniti, è caduta stupidamente nella trappola tesa da Trump con i falsi negoziati in malafede e ha subito il colpo degli attacchi furtivi di Israele.

Indipendentemente da quanto si possa disprezzare il tradimento israeliano e statunitense, l’Iran si è reso vulnerabile con i suoi bluff e la sua ingenuità strategica.

Attriti interni e stato debole

Il ripetuto successo delle operazioni del Mossad all’interno dell’Iran deve costringere anche gli osservatori più comprensivi ad affrontare la realtà: la società iraniana è frammentata, completamente infiltrata da agenti ebraici e occidentali, e manca di qualsiasi coesione e unità nazionale.

Il sistema politico iraniano è costellato di dualità: presidenza laica e teologia religiosa, Guardie Rivoluzionarie ed esercito nazionale, clero musulmano azero e maggioranza persiana, fondamentalisti religiosi e “liberali” di ispirazione occidentale.

Queste dualità non sono conciliabili e istituzionalizzano strutturalmente le divisioni interne.

L’élite al potere in Iran è alla ricerca di profitti e combatte spietate battaglie interne per il bottino. La corruzione ha alimentato un profondo risentimento popolare e un’insoddisfazione di base.

Quattro famiglie oligarchiche hanno governato l’Iran dalla rivoluzione del 1979. La famiglia Khamenei, la famiglia Soleimani, la famiglia Rafsanjani e la famiglia Khomeini hanno monopolizzato per decenni i settori energetico, edile, infrastrutturale, delle telecomunicazioni, farmaceutico e bancario. Si dice che la famiglia Khamenei al potere abbia un patrimonio di circa 300 miliardi di dollari.

Gli intrighi di palazzo, la corruzione e le lotte intestine hanno gravemente indebolito il potere dello Stato.

Il risultato netto è una società profondamente divisa, incline all’infiltrazione ebraica e occidentale e al loro collaudato schema del “divide et impera”. Nessuna società priva di unità interna può resistere agli attacchi esterni di nemici potenti e spietati. In una crisi, le linee di faglia si fratturano e potrebbero rivelarsi irreparabili.

In netto contrasto, Israele si è dimostrato un nemico molto più coeso e spietato. La popolazione si è schierata sotto la bandiera del genocidio, con molti ebrei che invocano repressioni ancora più dure contro i palestinesi. C’è poco dissenso sulla pulizia etnica, sui bombardamenti degli ospedali o sulla fame dei rifugiati di guerra.    Gli israeliani potrebbero lamentarsi di essere stati rimossi dai loro normali lavori, ma pochi hanno motivo di essere arrabbiati per la corruzione degli alti ufficiali delle IDF.

In una competizione sociale fatta di coraggio e unità, l’Iran difficilmente può competere con Israele.

(continua)

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