Un reporter itinerante al seguito dei principali politici italiani spiega a The Grayzone come il suo Paese sia stato ridotto a una “portaerei” ad uso congiunto tra Stati Uniti e Israele e solleva inquietanti interrogativi sul ruolo di Israele nell’uccisione dell’ex Primo Ministro Aldo Moro.

di Kit Klarenberg e Wyatt Reed, thegrayzone.com, 4 ottobre 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter
Per anni, il Mossad israeliano ha monitorato e segretamente influenzato una violenta fazione comunista che, il 16 marzo 1978, ha portato a termine il rapimento e l’omicidio dello statista italiano Aldo Moro, come documentato dal veterano giornalista investigativo Eric Salerno.
Avendo lavorato a stretto contatto con numerosi capi di stato italiani nel corso della sua trentennale carriera di corrispondente, nel 2010 Salerno pubblicò un articolo di denuncia sui loro rapporti segreti con l’intelligence israeliana intitolato Base Mossad Italia.
Il giornalista ha dichiarato a The Grayzone che Moro, probabilmente il leader più importante d’Italia, divenne una spina nel fianco di potenti forze che cercavano di mantenere il suo Paese saldamente ancorato al blocco filo-occidentale. Salerno ritiene che la politica estera a lungo termine dell’Italia si sarebbe sviluppata diversamente se Moro fosse sopravvissuto, aggiungendo: “Era proprio questo che temevano negli Stati Uniti”.
Moro fu rapito nel 1978 dalle Brigate Rosse, una fazione estremista, in un’operazione diurna audace e altamente professionale che costò la vita a tutte e cinque le sue guardie del corpo. Fu giustiziato due mesi dopo. Il caso, ancora irrisolto, sconvolse la nazione e rimane un capitolo profondamente inquietante del periodo di intrighi di intelligence e terrorismo politico noto agli italiani come “Gli anni di piombo”.
Per alcune delle fonti più informate in Italia, i crimini presentavano forti somiglianze con quelli dell’Operazione Gladio, un’operazione segreta in cui la CIA, l’MI6 e la NATO addestrarono e diressero un esercito ombra di unità paramilitari fasciste in tutta Europa, che perpetrarono attacchi terroristici sotto falsa bandiera, rapine e omicidi volti a neutralizzare la sinistra socialista.
Moro, che apparteneva all’ala progressista della Democrazia Cristiana e fu Primo Ministro per cinque mandati, minacciò di sovvertire l’ordine tradizionale del dopoguerra in Italia stringendo un “compromesso storico” con il Partito Comunista Italiano. “Era qualcosa di cui probabilmente una parte dell’establishment politico italiano aveva paura, persino nel suo stesso partito”, osserva Salerno.
Sebbene questa parte della storia di Moro sia ben nota agli italiani, Salerno ha documentato un aspetto meno compreso della sua eredità: il suo accordo con i gruppi di resistenza palestinese, probabilmente mediato dal presidente libico Muammar Gheddafi, che consentì all’OLP e ad altri di contrabbandare armi e di viaggiare liberamente attraverso l’Italia in cambio della salvaguardia del Paese dagli attacchi terroristici. Quell’accordo, che gli studiosi considerano un “processo dinamico e in evoluzione”, divenne noto come “Lodo Moro”.
Si ritiene che il patto sia stato stipulato nel 1973, durante il mandato di Moro come ministro degli Esteri, quando l’Italia liberò segretamente un gruppo di combattenti palestinesi che cercavano di attaccare un aereo della compagnia aerea israeliana El Al in partenza dall’aeroporto di Roma Fiumicino. L’accordo fu motivato in gran parte dal desiderio dell’Italia di mantenere un certo livello di indipendenza dal blocco occidentale guidato dagli Stati Uniti, che era stato colpito da un embargo petrolifero in rappresaglia per il sostegno di Washington a Israele nella guerra arabo-israeliana del 1973.
Sebbene Salerno non arrivi ad affermare che il Mossad abbia ordinato direttamente il rapimento e l’esecuzione di Moro, ha dichiarato a The Grayzone: “Penso che la loro idea fosse: ‘vedremo cosa succede e se è necessario e pensiamo che sia il momento giusto, possiamo aiutare in un modo o nell’altro'”.
Per oltre un decennio, l’accordo Lodo Moro ha protetto l’Italia dalla violenza che affliggeva altre nazioni del Mediterraneo. Questi complotti divennero sempre più comuni nella regione dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967 tra Israele e una coalizione di stati arabi tra cui Egitto, Siria e Giordania.
Ma era solo questione di tempo prima che la violenza consumasse anche la vita di Moro.

Base Mossad Italia
Il libro di Salerno, “Mossad Base Italy”, è forse la cronaca più completa dello stretto e continuo rapporto tra l’intelligence israeliana e la leadership politica italiana. Pubblicato nel 2010, il libro rimane pressoché sconosciuto nel mondo anglosassone.
L’autore illustra come l’alleanza segreta tra Israele e Italia precedesse la creazione di Israele nel maggio 1948, con Roma che forniva supporto segreto a milizie sioniste come l’Haganah. Individui affiliati a Benito Mussolini e neofascisti all’interno dell’apparato di sicurezza italiano del dopoguerra fornirono loro armi e addestramento per schiacciare la resistenza palestinese e sostenere la loro campagna di pulizia etnica.
“Gli israeliani non volevano che Roma diventasse un satellite dell’Unione Sovietica, e gli Stati Uniti avevano la stessa posizione. Il Paese era essenzialmente la prima linea dell’Occidente contro il blocco orientale”, ha spiegato Salerno a The Grayzone. “L’Italia confinava con la Jugoslavia, non era lontana dalle nazioni del Patto di Varsavia, e il sostegno al comunismo e all’Unione Sovietica era forte dopo la Seconda Guerra Mondiale. Era anche una sorta di portaerei nel Mediterraneo, su cui le persone atterravano e si dirigevano verso altri luoghi”. Con quasi 8.000 chilometri di costa e appena 145 chilometri a separare la Sicilia dalla Tunisia, l’Italia è stata spesso descritta come la “guardiana” del Mar Mediterraneo.
“Prove oggettive”: il Mossad ha abbattuto un aereo di linea italiano
La tradizionale dinamica tra Roma e Tel Aviv fu messa a dura prova dall’ascesa al potere dei governi della Democrazia Cristiana italiana, tra cui quello di Moro. Nel giro di pochi mesi, a detta di diverse figure autorevoli, Israele iniziò a rispondere in Italia a questa sfida con apparenti atti di sabotaggio.
Alla fine del 1973, cinque membri del gruppo militante palestinese Settembre Nero furono arrestati grazie a una soffiata del Mossad, che sosteneva che si stessero preparando ad abbattere un aereo di linea israeliano presso il più grande aeroporto di Roma con missili terra-aria. Tuttavia, Moro ne organizzò il rilascio un mese dopo, per poi deportarli in Libia.
I membri di Settembre Nero furono inizialmente trasferiti a Malta su un aereo da trasporto italiano noto come Argo 16, che veniva regolarmente utilizzato per trasportare gli agenti dell’Operazione Gladio in una base di addestramento segreta in Sardegna e consegnare armi della CIA/MI6 a depositi segreti sparsi in tutto il paese. Quando il Mossad osservò i palestinesi lì e si rese conto che erano stati liberati, si infastidirono molto, secondo l’allora capo del controspionaggio romano, Ambrogio Viviani.
Il 23 novembre 1973, l’Argo 16 si schiantò poco dopo il decollo dall’aeroporto di Venezia, uccidendo l’intero equipaggio di veterani.
Un’indagine iniziale concluse che la tragedia fu un incidente, ma il caso fu riaperto dalla Procura di Venezia nel 1986. Anche quell’indagine vacillò, quando funzionari della sicurezza e dell’intelligence si rifiutarono di testimoniare e iniziarono a omettere prove. Tuttavia, il giudice che sovrintendeva al caso, Carlo Mastelloni, disse a Salerno che non c’erano dubbi, sulla base di “prove oggettive”, che l’abbattimento dell’aereo fosse opera sporca di Israele.
“Tutto è legato al famoso ‘accordo Moro'”, ha affermato Mastelloni. Il sabotaggio di Argo 16 non era solo una “ritorsione” per il rilascio dei palestinesi arrestati, ma un “monito” sulle “concessioni” dell’Italia ai “nemici di Tel Aviv”, ha affermato. Eppure, il Lodo Moro ha continuato a resistere nonostante l’implicita minaccia di violenza, il che solleva la questione se il Mossad abbia sentito il bisogno di alzare la posta in gioco.
‘Il Mossad ha deciso di trasferire il conflitto mediorientale in Italia’
Argo 16 non fu l’unico incidente mortale avvenuto durante gli Anni di Piombo in Italia che sembrava portare l’impronta del Mossad. Quando una granata a mano fu lanciata contro la questura di Milano nel maggio 1973, uccidendo quattro civili e ferendone 45, il colpevole si presentò come un anarchico dopo essere stato immediatamente arrestato. Tuttavia, indagini successive rivelarono che l’autore, Gianfranco Bertoli, era un informatore di lunga data dell’intelligence militare italiana, nonché membro di numerose organizzazioni neofasciste, tra cui Ordine Nuovo, legato a Gladio.
Bertoli aveva trascorso i due anni precedenti l’attacco soggiornando saltuariamente nel kibbutz Karmiya in Israele, dove ospitava spesso rappresentanti della fazione di estrema destra francese Jeune Révolution, mantenendo al contempo contatti con l’intelligence francese. Tali episodi spingono Salerno a chiedersi: “Il Mossad faceva parte della strategia della tensione?”. Questa fu la conclusione precisa a cui giunse Ferdinando Imposimato, un magistrato italiano che supervisionò i primi processi agli agenti delle Brigate Rosse in merito all’omicidio di Moro.
«Bisogna riconoscere che i servizi segreti israeliani avevano una perfetta conoscenza del fenomeno eversivo italiano fin dal suo inizio, impegnandosi in esso con un costante supporto ideologico e materiale», osservava Imposimato nel 1983. «Il Mossad aveva deciso di trasferire il conflitto mediorientale in Italia», concludeva, «spinto da obiettivi di destabilizzazione politica e sociale». Lo scopo di Israele era «indurre l’America a vedere Israele come l’unico punto di riferimento alleato nel Mediterraneo e ottenere così un maggiore supporto politico e militare», ha affermato.
Durante la sua testimonianza del marzo 1999 a un’inchiesta parlamentare sul terrorismo in Italia, il combattente delle Brigate Rosse Alberto Franceschini dichiarò che il gruppo era stato contattato dal Mossad tramite un intermediario dopo il rapimento da parte delle Brigate Rosse di un magistrato di nome Mario Sossi nell’aprile 1974. Secondo Franceschini, il Mossad fece una proposta “inquietante” per finanziare il suo gruppo, affermando che, anziché cercare di controllare le Brigate Rosse, Israele voleva solo garantire che il gruppo continuasse a operare: “Non vogliamo dirti cosa devi fare. Cioè, quello che fai per noi va bene. Ci importa che tu esista. Il fatto stesso che tu esista, qualsiasi cosa tu faccia, per noi va bene”.
Descrivendo “le motivazioni politiche” della posizione del Mossad, Franceschini osservò: “dal punto di vista delle relazioni americane… più l’Italia era destabilizzata, più diventava inaffidabile, e più Israele diventava un Paese affidabile per tutte le politiche mediterranee” dal punto di vista di Washington. Negli ultimi anni della sua vita, Franceschini rivelò che Israele “offrì armi e assistenza” alle Brigate Rosse, dichiarando: “il loro obiettivo dichiarato era destabilizzare l’Italia”.
Come ha fatto notare Salerno a The Grayzone, “in una delle sue ultime interviste”, Franceschini “ha confermato al mio collega del Corriere della Sera che il Mossad era stato in contatto fin dall’inizio con le Brigate Rosse”, interazioni che il corrispondente sottolinea essere “del tutto normali nel modo in cui il Mossad agiva con tutti i tipi di, chiamiamole organizzazioni sovversive, in tutta Europa”.
L’idea di un potenziale coinvolgimento israeliano nel complotto di Moro – o nell’ostacolare gli sforzi per risolverlo pacificamente – è rafforzata dalle dichiarazioni di diversi influenti politici italiani, che indicano anche come Israele abbia “cofinanziato” e “influenzato” il gruppo che si è attribuito il merito dell’uccisione di Moro. Queste rivelazioni sono state finora universalmente ignorate dai principali media in lingua inglese.
Nel luglio 1998, Giuseppe De Gori, avvocato che aveva rappresentato la Democrazia Cristiana di Moro in numerosi processi legati al caso, dichiarò a una commissione parlamentare sul terrorismo che il Mossad “aveva sempre controllato” le Brigate Rosse, senza infiltrarsi formalmente nel gruppo. Raccontò come nel 1973 un maggiore e un colonnello del Mossad “si presentarono” al gruppo, smascherando gli infiltrati tra le loro fila e offrendo “armi e tutto ciò che volevano, purché perseguissero una politica diversa”.
Nonostante il rifiuto delle Brigate Rosse, “da quel momento in poi, fu chiaro che il Mossad” teneva d’occhio la fazione militante. De Gori testimoniò che l’intelligence israeliana “odiava” l'”antisionista” Moro e iniziò a sfruttare la sua capacità di “contrabbandare” informazioni alle Brigate Rosse, che avrebbero potuto influenzarne le azioni.
Come spiegò l’avvocato, non c’era “nessuna necessità” per il Mossad di infiltrarsi direttamente nelle Brigate Rosse. De Gori insinuò che la decisione del gruppo di uccidere Moro dopo quasi due mesi di prigionia fosse il risultato di un intervento israeliano indiretto. Mentre i funzionari del governo italiano rifiutavano qualsiasi trattativa con i suoi rapitori, in un incontro privato l’8 maggio 1978, elementi della Democrazia Cristiana proposero di mediare autonomamente un accordo per garantire la liberazione di Moro.
“Moro fu ucciso subito dopo, quindi qualcuno deve essere stato lì a riferire questa notizia”, testimoniò De Gori. Nel 2002, l’avvocato raccontò allo scrittore Philip Willan che il Mossad rese l’esecuzione di Moro un fatto compiuto, ingaggiando un abile falsario per falsificare una lettera delle Brigate Rosse alle autorità a metà aprile 1978. Il comunicato affermava che lo statista era già morto. “Dopo di che… Moro non poteva più essere salvato”, spiegò De Gori.
L’accordo con la resistenza palestinese mette nel mirino Moro
De Gori non è l’unica fonte attendibile ad accusare il Mossad della morte di Moro. Nel maggio 2007, Giovanni Galloni, ex vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura italiana, dichiarò con coraggio che “non tutti i partecipanti” al rapimento del premier erano stati membri delle Brigate Rosse. Tale conclusione fu avvalorata dal fatto che le guardie del corpo di Moro furono giustiziate con “solo due armi, usate da uomini di eccezionale esperienza”. Oltre a non essere mai stati identificati, questi assassini dimostrarono un livello di abilità nel tiro che nessun agente delle Brigate Rosse noto sembrava possedere.
Galloni insinuò fermamente che gli assassini fossero stati assoldati da Washington e/o Tel Aviv. Rivelò che “pochi mesi prima della sua cattura”, Moro gli confidò di essere “preoccupato” che i servizi segreti statunitensi e israeliani “si fossero infiltrati nelle Brigate Rosse”. Moro lo riferì all’ambasciatore statunitense in Italia, provocando una “smentita ambigua” da parte del Dipartimento di Stato, secondo cui Washington aveva sempre riferito all’intelligence italiana “tutto ciò che sapevamo”.
Galloni chiese: “Quali servizi segreti? Quelli veri o quelli che erano nelle loro mani?”. Si riferiva chiaramente al parallelo nesso di spionaggio e terrorismo anglo-americano a Roma, noto come Operazione Gladio.
Ulteriori prove del ruolo israeliano nell’omicidio di Moro si possono trovare nella testimonianza resa a una commissione parlamentare italiana nel giugno 2017 da un ex magistrato di nome Luigi Carli, intimamente coinvolto nell’indagine originale. Passato inosservato nel mondo anglosassone e non menzionato nei rapporti ufficiali della commissione, Carli affermò che le Brigate Rosse erano state “co-finanziate” dal Mossad.
Alla domanda sul perché Israele avrebbe dovuto sovvenzionare una fazione comunista armata in Italia, Carli ha dichiarato che “diversi” ex collaboratori delle Brigate Rosse gli avevano detto che il Mossad aveva accettato di “occuparsi del co-finanziamento delle Brigate Rosse”, proposte che lui considerava “strane”.
Hanno spiegato, tuttavia, che qualsiasi sforzo che finisse per “indebolire, o contribuire a indebolire, la situazione interna dell’Italia” avrebbe “aumentato il prestigio e l’autorità di Israele” nel Mediterraneo, ha testimoniato Carli.
Interviste altamente illuminanti all’ex presidente italiano Francesco Cossiga, pubblicate dal Bollettino di Politica Italiana in seguito alla sua morte nell’agosto 2010, gettano ulteriore luce sulle motivazioni del Mossad per l’assassinio di Moro e per aver preso di mira Roma con attentati sotto falsa bandiera che hanno causato un numero enorme di vittime. Cossiga è stato il primo politico italiano a riconoscere l’esistenza del Lodo Moro. Cossiga ha affermato che gli Stati Uniti erano “naturalmente” a conoscenza dell’accordo, mentre lui stesso e gran parte della classe politica italiana erano all’oscuro.
Cossiga ha ricordato che, mentre era Primo Ministro, nel novembre 1979, la polizia di una città costiera intercettò un camion che trasportava un missile terra-aria. Successivamente ricevette un telegramma dal capo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, George Habbash, che ammetteva la proprietà del missile e rassicurava il premier italiano sul fatto che non era destinato all’uso in Italia. Habbash chiese quindi la restituzione dell’arma e il rilascio dell’autista.
Habbash avvertì che qualsiasi inadempienza avrebbe rappresentato una violazione dell'”accordo” del FPLP con Roma. “Nessuno sapeva dirmi cosa significasse questa parte”, insistette Cossiga. Solo “molti anni dopo” venne a conoscenza dell’accordo del Lodo Moro.
All’epoca degli interrogatori di Cossiga, lo Stato italiano riaprì le indagini sull’attentato dinamitardo alla stazione ferroviaria di Bologna Centrale dell’agosto 1980, in cui persero la vita 85 persone e ne ferirono oltre 200. L’inchiesta portò a condanne in contumacia per membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari, un gruppo neofascista legato a Gladio. Diversi sospettati principali, tra cui un agente confermato dell’MI6 di nome Robert Fiore, fuggirono a Londra, dove la Gran Bretagna si rifiutò di estradarli. Il Bulletin of Italian Politics identificò il sequestro del missile e l’esistenza stessa del Lodo Moro come fattori chiave della nuova indagine.
Una delle possibilità esplorate dall’inchiesta era se l’attentato di Bologna fosse stato “effettuato dagli Stati Uniti o da Israele per punire l’Italia per la sua posizione filo-araba”. Dopo aver a lungo lamentato il fatto che Roma “non abbia mai avuto veramente spazio per la propria politica estera” a causa della sua subordinazione agli interessi statunitensi,
Cossiga ha riconosciuto che l’Italia “ha perseguito un’agenda nazionale” in Medio Oriente e “si è presa certe libertà nei confronti del mondo arabo e di Israele”.
“La gente dimentica” che la Democrazia Cristiana è “sempre stata un partito filo-arabo”, ha affermato Cossiga, indicando specificamente Moro e il suo socio Giulio Andreotti, un altro ex capo di stato italiano che notoriamente smascherò l’Operazione Gladio nell’ottobre del 1990. Cossiga ha affermato che “Andreotti ha sempre creduto, anche se non l’ha mai detto”, che gli Stati Uniti gli abbiano causato “problemi giudiziari” per le sue simpatie arabe.
Sebbene Salerno contesti la caratterizzazione di Andreotti come “filo-arabo”, descrivendolo invece come “filo-diritti degli arabi”, ha dichiarato a The Grayzone che il leader italiano di lunga data una volta gli dichiarò personalmente: “se fossi nato a Gaza, sarei un terrorista”.
Il comitato di salvataggio Moro era destinato a fallire
Durante i 55 giorni di prigionia di Moro nelle Brigate Rosse, i funzionari italiani dichiararono che “lo Stato non deve piegarsi” alle “richieste dei terroristi”, chiarendo che il governo italiano non avrebbe negoziato con le Brigate Rosse né rilasciato nessuno dei suoi membri incarcerati in cambio del Primo Ministro. L’ex Primo Ministro italiano fu successivamente caricato nel bagagliaio di un’auto, colpito da 10 colpi di arma da fuoco e lasciato nel veicolo nel centro di Roma, dove le autorità lo avrebbero trovato.
Oggi, molti italiani guardano con profondo sospetto all’approccio inflessibile di Roma, data la disponibilità del governo a negoziare con i terroristi sia prima che dopo l’omicidio di Moro. Il magistrato Mario Sossi, il cui rapimento da parte delle Brigate Rosse avrebbe spinto il Mossad ad avvicinarsi al gruppo, fu rilasciato nel 1974 dopo un mese di prigionia in cambio di alcuni membri della fazione radicale incarcerati.
Quando le Brigate Rosse rapirono il politico democristiano Ciro Cirillo nell’aprile del 1981, le autorità italiane negoziarono direttamente con i suoi rapitori, pagando un riscatto per la sua liberazione. Quel dicembre, quando le Brigate Rosse rapirono il generale statunitense James Dozier, questi fu “localizzato e liberato in un blitz” da una task force congiunta italo-americana.
L’ex generale italiano Roberto Jucci ha contrapposto il trattamento riservato a Dozier a quello riservato a Moro in un’intervista del 2024. “Uno di loro volevano liberarlo; sull’altro ho i miei dubbi”, ha dichiarato. Jucci era tra i pochi italiani in grado di giudicare, essendo stato incaricato di addestrare una squadra di forze speciali in una base in Toscana, apparentemente destinata a salvare il Primo Ministro rapito. Oggi, ritiene che “il vero obiettivo fosse togliermi di mezzo” e assicurarsi che Moro non venisse mai trovato. Non furono effettuati raid durante i suoi 55 giorni di prigionia.
Jucci ha dichiarato a La Repubblica che il comitato formale per il salvataggio di Moro era stato “consigliato da un uomo inviato dagli Stati Uniti” ed era “composto in gran parte” da rappresentanti della loggia massonica fascista P2, affiliata a Gladio. Questi individui “volevano che le cose andassero in modo diverso da quello che tutte le persone oneste chiedevano” e desideravano che Moro “venisse distrutto politicamente e fisicamente”.
Se Moro fosse sopravvissuto, “la politica italiana si sarebbe sviluppata diversamente”. Jucci riteneva che il leader italiano avrebbe potuto “essere liberato se tutte le istituzioni avessero lavorato in questa direzione”. I documenti desecretati del Ministero della Difesa britannico risalenti al novembre 1990 mostrano che i funzionari di Londra erano ben consapevoli del ruolo svolto dalla P2 nel sabotare gli sforzi ufficiali per salvare Moro. La loggia massonica veniva descritta come una delle forze “sovversive” di Roma, che impiegava “terrorismo e violenza di piazza per provocare una reazione repressiva contro le istituzioni democratiche italiane”.
Tali documenti evidenziano inoltre che “prove circostanziali” indicavano che “uno o più dei rapitori di Moro erano segretamente in contatto” con “l’apparato di sicurezza” italiano, e gli investigatori “hanno trascurato deliberatamente di seguire le piste che avrebbero potuto condurre ai rapitori e salvare la vita di Moro”.
Il Mossad continua le operazioni italiane durante il genocidio di Gaza
Oggi, c’è poca traccia di tendenze filo-arabe nella politica italiana mainstream. Secondo Salerno, Stati Uniti e Israele non hanno più bisogno di “destabilizzare l’Italia”, poiché il Paese è economicamente “debole”. Il governo di Roma è ora a tutti gli effetti “una continuazione, persino un’estensione, del vecchio regime fascista”, afferma, aggiungendo: “Ci sono persone al governo che hanno statue di Mussolini in casa”.
Il Primo Ministro Giorgia Meloni ha chiarito di nutrire scarsa simpatia per i palestinesi e scarsa intenzione di riconoscere uno Stato palestinese, anche dopo che nel novembre 2024 è stato rivelato che il Mossad aveva impiegato un’agenzia di intelligence privata italiana per prendere di mira Meloni e i suoi ministri. “Penso che fondamentalmente, il governo che abbiamo qui in Italia al momento sia un governo che vorrebbe criticare molte cose che stanno accadendo”, ma “non può criticare troppo Israele a causa di ciò che il regime fascista italiano ha fatto agli ebrei durante la guerra”, spiega Salerno.
Riguardo alle recenti proteste di massa e agli scioperi in tutta Italia a sostegno di Gaza, Salerno spiega: “Ciò che sta accadendo oggi in Palestina a Gaza è qualcosa di eccezionale”. Ma “dato che in Italia non si è insegnato o detto nulla della difficile situazione dei palestinesi per molti anni… la grande popolazione italiana e i governi italiani” non hanno “mai fatto molto per aiutare davvero i palestinesi”. Ora, ancora una volta, “all’improvviso, abbiamo scoperto di avere di fronte il Medio Oriente e la questione palestinese”.
Ancora oggi, il Mossad continua a svolgere operazioni in Italia. Il rapporto tra intelligence italo-israeliana è stato recentemente messo in luce da un bizzarro incidente nel maggio 2023, in cui una casa galleggiante si è capovolta nel Lago Maggiore, uccidendo quattro persone tra le 23 a bordo. Sebbene i media tradizionali abbiano inizialmente inquadrato il caso come un tragico incidente durante una festa di compleanno, è diventato subito chiaro che tutti i passeggeri dell’imbarcazione – tranne il capitano e sua moglie – erano spie israeliane e italiane.
I 10 israeliani sopravvissuti furono riportati frettolosamente a Tel Aviv a bordo di un aereo militare prima di poter essere interrogati dalla polizia, con l’apparente benestare delle autorità italiane. Successive indagini suggerirono che l’incontro fosse un’operazione congiunta di intelligence sulle “capacità iraniane in materia di armi non convenzionali”, volta a sorvegliare l’industria locale o i ricchi russi residenti nelle vicinanze, sospettati di aver aiutato Mosca a ottenere droni da Teheran.
Un elogio funebre per la spia israeliana deceduta, che i media italiani hanno identificato come Erez Shimoni, è stato pronunciato personalmente dal direttore del Mossad David Barnea, il che suggerisce fortemente che si trattasse di una figura di spicco dell’agenzia di intelligence. Sebbene il capitano della nave sia stato successivamente condannato per omicidio colposo, la polizia militare italiana ha immediatamente annunciato che non avrebbe indagato sulle attività delle spie a bordo.