LA BATTAGLIA TRA IL “GRANDE ISRAELE” E IL “NEO-OTTOMANISMO” IN SIRIA

DiOld Hunter

21 Marzo 2025
Mentre Israele intensifica gli avvertimenti sulle ambizioni egemoniche della Turchia e sulla sua influenza militare in Siria, una partnership un tempo strategica si sta trasformando in una profonda rivalità che potrebbe ridisegnare la regione.

di  Mohamad Hasan Sweidan per The Cradle    –   Traduzione a cura di Old hunter

A gennaio, il Comitato israeliano per l’esame del bilancio per la sicurezza e il rafforzamento delle forze armate, noto come Comitato Nagel, dal nome del suo presidente Yaakov Nagel, ha pubblicato un rapporto in cui si evidenziava la potenziale minaccia alla sicurezza rappresentata da un’alleanza siro-turca. Il comitato ha avvertito che questo asse emergente potrebbe trasformarsi in una sfida ancora più grande dell’Iran e ha concluso che Israele dovrebbe prepararsi a uno scontro diretto con la Turchia, citando le ambizioni di Ankara di ripristinare l’influenza dell’era ottomana. Meno di due mesi dopo la pubblicazione del rapporto, l’esercito israeliano ha lanciato nuovi account in lingua turca sulle piattaforme di social media X e Telegram, espandendo la sua portata a sette lingue: ebraico, inglese, arabo, francese, spagnolo, persiano e ora turco. La mossa solleva una domanda critica: la Turchia, partner commerciale chiave, è diventato una minaccia diretta per Israele?

Da partner a rivali 

In geopolitica, le alleanze sono spesso temporanee, dettate da interessi reciproci piuttosto che da allineamenti ideologici. Negli anni Novanta e nei primi anni Duemila, Israele e la Turchia hanno condiviso una cooperazione strategica, con ampi legami militari e di intelligence. All’epoca, entrambi gli Stati vedevano l’Iran e la Siria sotto il governo della famiglia Assad come avversari comuni. Tuttavia, con il mutare delle dinamiche regionali, è emersa una competizione latente tra i due Paesi. Oggi, Ankara e Tel Aviv si trovano ai lati opposti della ristrutturazione postbellica della Siria e vedono l’altro come un rivale diretto. In altre parole, i due Paesi possono essere ufficialmente alleati – o almeno non nemici – e tuttavia competere per l’egemonia regionale. Questa realtà porta a potenziali tensioni e conflitti, perché ciascuna parte cerca di consolidare la propria influenza ed è vista come una minaccia per l’altra. La relazione tra Turchia e Israele esemplifica questa sovrapposizione tra interessi comuni – come il contenimento dell’Iran – e ambizioni contrastanti, creando un delicato equilibrio tra cooperazione e competizione. Le alleanze non sono entità statiche, ma si evolvono al mutare dei calcoli strategici, soprattutto quando un vuoto politico – come nel caso della Siria post-presidente Bashar al-Assad – attira le potenze che aspirano all’egemonia regionale. Asli Aydintasbas, un borsista della Brookings Institution, osserva che mentre in passato la Turchia e Israele compartimentavano la loro cooperazione in materia di sicurezza e le loro divergenze politiche, ora lavorano attivamente per indebolirsi a vicenda:

“La Siria è diventata un teatro di guerra per procura tra Turchia e Israele, che si vedono chiaramente come concorrenti regionali… Questa è una dinamica molto pericolosa perché in tutti i diversi aspetti della transizione siriana le posizioni turche e israeliane si scontrano”.

Dopo le guerre a Gaza e in Libano, la ricerca di un dominio regionale da parte di Israele, sostenuta dall’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, ha messo in allarme gli alleati di Washington, tra cui la Turchia. Gli analisti turchi avvertono che questo percorso potrebbe innescare una resistenza regionale più ampia, con un’escalation di tensioni in tutta l’Asia occidentale.

La prospettiva di Israele: la minaccia turca in Siria

Israele percepisce la crescente influenza della Turchia in Siria come una minaccia diretta sul suo fronte settentrionale. I dirigenti israeliani temono che la Siria post-Assad, allineata con Ankara, possa alla fine favorire un governo dominato da estremisti “islamisti sunniti” ostile a Tel Aviv. Questa preoccupazione è particolarmente sorprendente dato il passato sostegno di Israele alle fazioni di opposizione siriane, tra cui i militanti di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) che ora governano Damasco. Inizialmente, Israele vedeva questi gruppi come un contrappeso all’influenza iraniana. Tuttavia, con la cacciata di Assad, incombe l’incertezza sulle implicazioni a lungo termine del loro governo. All’inizio del 2025, un comitato per la sicurezza israeliano ha avvertito che una Siria estremista sunnita-islamica affiliata all’asse turco potrebbe rappresentare una minaccia maggiore del governo di Assad alleato dell’Iran. “Israele potrebbe trovarsi di fronte alla nuova minaccia di una forza estremista sunnita che come prima cosa si rifiuta di riconoscere l’esistenza di Israele”, si legge nel rapporto della commissione, sottolineando che questa minaccia “potrebbe essere non meno seria” di quella rappresentata dall’asse Iran-Hezbollah. Ad aumentare le ansie israeliane è la prospettiva che la Siria settentrionale diventi un santuario per gruppi armati ostili a Israele. I legami di Ankara con Hamas hanno suscitato allarmi a Tel Aviv, con l’intelligence israeliana che teme che il territorio siriano controllato dalla Turchia possa servire da base per futuri attacchi. Di conseguenza, Israele ha fatto pressione su Washington affinché mantenesse le sanzioni alla Siria, sostenendo che la protezione turca del nuovo governo siriano potrebbe incoraggiare le fazioni anti-israeliane.

I guadagni della Turchia e i calcoli strategici di Israele

Oltre alla Siria, Israele vede la Turchia come un avversario regionale emergente con aspirazioni espansionistiche. Sotto il presidente Recep Tayyip Erdogan, la Turchia ha proiettato la sua potenza militare in Iraq, Libia e nel Mediterraneo orientale. Ora, il suo radicamento sempre più profondo in Siria allarma ulteriormente i funzionari del Ministero della Difesa israeliano, che vedono le azioni di Ankara come parte di un più ampio programma neo-ottomano. La Turchia viene menzionata anche 15 volte nel rapporto della Commissione Nagel, che avverte che trasformare l’esercito siriano in un “proxy turco” potrebbe portare a “un cambiamento radicale” nella natura delle relazioni tra Tel Aviv e Ankara, e potrebbe persino presagire uno scontro diretto tra i due stati. Sostenendo le fazioni armate che salgono al potere a Damasco, gli israeliani ritengono che la Turchia stia trasformando la Siria in uno stato vassallo, sostituendo l’Iran come potenza dominante, il che preoccupa profondamente la leadership di Tel Aviv. Secondo un rapporto di Israel Hayom, l’ascesa al potere delle fazioni sostenute dalla Turchia a Damasco ha causato “notti insonni” ai leader israeliani, che ora fanno delle attività turche in Siria una delle loro principali priorità in materia di sicurezza. Israele inoltre osserva con crescente preoccupazione l’espansione militare della Turchia in Siria e le avanzate capacità degli armamenti di Ankara. Un’analisi condotta a febbraio dall’Alma Center for Research di Israele ha avvertito che la Turchia potrebbe un giorno supportare un proxy estremista sunnita contro Israele o fornire  supporto diretto al nuovo esercito siriano in un eventuale confronto con Israele. Il crescente arsenale di missili e droni della Turchia rappresenta una minaccia diretta che impone a Israele di rivedere i propri calcoli militari, soprattutto con il secondo esercito più grande della NATO vicino ai suoi confini.

Israele cerca l’egemonia regionale senza concorrenti

Mentre Israele inquadra le sue preoccupazioni nell’influenza della Turchia, le sue azioni in Siria riflettono una strategia più ampia mirata al dominio regionale. Storicamente, i decisori politici israeliani hanno cercato di indebolire gli Stati arabi confinanti, creando un’Asia occidentale frammentata che garantisse la sicurezza e le ambizioni strategiche di Israele. Il concetto di “Grande Israele”, spesso liquidato come retorica marginale, ha tuttavia influenzato il pensiero strategico israeliano. Come ha sostenuto lo studioso israeliano Yitzhak Shahak, l’ideologia sionista prevede uno Stato israeliano allargato con confini modellati sulle narrazioni bibliche. Questa visione è in linea con il famigerato Piano Yinon del 1982, che auspicava la spartizione dei Paesi vicini secondo divisioni settarie per facilitare il controllo israeliano. La corsa all’espansionismo di Tel Aviv è evidente nelle sue azioni sul campo all’interno della Siria. Dopo la caduta del governo di Assad, Israele ha rapidamente ampliato la sua zona cuscinetto a sud, aggirando i confini delle alture del Golan occupate. Mentre i dirigenti israeliani hanno giustificato la mossa come necessaria per “garantire la sicurezza”, l’infrastruttura permanente in costruzione, dai siti militari, alle strade e persino agli insediamenti, rivela un programma più ambizioso. Israele ha sempre sfruttato le opportunità create dalle vulnerabilità dei suoi nemici e non ha mai abbandonato il sogno di espandere i suoi confini ogni volta e ovunque ne avesse avuto l’opportunità. Le tensioni di Israele con la Turchia sulla Siria possono essere pienamente comprese solo nel contesto più ampio delle sue aspirazioni regionali. Che si tratti di confrontarsi con l’Iran, la Turchia o gli stati arabi, l’obiettivo primario di Israele rimane invariato: mantenere il predominio regionale sfruttando l’instabilità a proprio vantaggio. Mentre Ankara afferma la sua influenza in Siria, Tel Aviv percepisce una doppia minaccia: una immediata, con fazioni armate che potenzialmente prendono di mira Israele, e un’altra a lungo termine, con la Turchia che emerge come un potente concorrente regionale. La risposta strategica di Israele, dal fare pressioni su Washington al mantenere le sanzioni siriane all’espansione della presenza militare nel nord, riflette uno sforzo calcolato per contrastare entrambe le minacce. In definitiva, la contesa tra Israele e Turchia in Siria non riguarda solo gli accordi postbellici; è un microcosmo di una lotta più ampia per la supremazia regionale. Mentre entrambi gli stati manovrano per dare forma al futuro dell’Asia occidentale, la loro rivalità è pronta a ridefinire la regione per gli anni a venire.

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