
di Kit Klarenberg per mintpressnews.com – Traduzione a cura di old hunter
Negli Stati Uniti e in gran parte dell’Occidente, la critica verso Israele e la solidarietà con la Palestina vengono sempre più criminalizzate, un progetto da tempo sostenuto dal governo israeliano e dalle sue potenti reti di lobbying.
Nel febbraio 2020, il leader israeliano e criminale di guerra e ricercato internazionale Benjamin Netanyahu ha orgogliosamente dichiarato che Tel Aviv aveva “promosso leggi nella maggior parte degli stati degli Stati Uniti” per punire coloro che boicottano Israele, offrendo un rara visione delle forze straniere che erodono la libertà di parola nel cuore degli Stati Uniti.
Da allora, le leggi anti-boicottaggio si sono diffuse silenziosamente in decine di stati, costringendo istituzioni pubbliche, aziende e persino singoli appaltatori a giurare fedeltà a Israele, pena il rischio di perdere posti di lavoro, appalti e finanziamenti. Quello che era iniziato come un tentativo di nicchia di proteggere Tel Aviv dalle critiche della base si è rapidamente trasformato in un attacco generalizzato alla libertà di parola in tutto il mondo occidentale.
La stragrande maggioranza degli stati ora vanta leggi che rendono illegale per gli enti locali, inclusi ospedali e scuole, collaborare con individui o aziende che boicottano Israele. Ad esempio, nel 2016, il Senato dell’Indiana ha approvato all’unanimità una legge che impone il disinvestimento obbligatorio da parte di agenzie statali, imprese commerciali e organizzazioni no-profit, comprese le università, da qualsiasi impresa coinvolta nella “promozione di attività volte a boicottare, disinvestire o sanzionare Israele”.
La legge ha bollato i boicottaggi contro Israele come “antitetici e profondamente dannosi per la causa della pace, della giustizia, dell’uguaglianza, della democrazia e dei diritti umani per tutti i popoli del Medio Oriente”.
Diversi stati hanno adottato leggi analoghe con la firma di ordini amministrativi ed esecutivi da parte dei loro governatori. In alcuni casi, i contraenti statali – siano essi individui o organizzazioni – sono legalmente obbligati a dimostrare le proprie credenziali contrarie al BDS firmando dichiarazioni contrattuali di nessun sostegno al BDS, che i critici sostengono essere essenzialmente un giuramento di fedeltà a Israele.
Dipendenti statali, compresi gli insegnanti, hanno perso il lavoro per essersi rifiutati di farlo. Nel maggio 2021, un giudice federale ha stabilito che tale legge in Georgia è “incostituzionale”. Imperterrito, il governatore della Georgia Brian Kemp ha reintrodotto l’obbligo pochi mesi dopo, con lievi emendamenti.
La straordinaria e sempre crescente influenza di Israele sulle leggi interne degli Stati Uniti negli ultimi anni, e le devastanti conseguenze per la solidarietà palestinese in patria e all’estero, sono passate senza che la critica del mainstream le riconoscesse, per non parlare della censura.
Dal 7 ottobre, la spinta a criminalizzare il sentimento pro-palestinese negli Stati Uniti e l’omertà di massa dei media su questa inquietante crociata si sono intensificate in modo significativo. Tuttavia, questi inquietanti sviluppi non si limitano agli Stati Uniti, ma sono accolti con entusiasmo da un numero sempre crescente di paesi intimamente complici del genocidio di Gaza.
Un drastico aumento
A seria testimonianza della rapidità con cui le organizzazioni filo-israeliane con sede negli Stati Uniti, tra cui diversi importanti gruppi di difesa degli ebrei, hanno cercato di trarre profitto dalla giornata del 7 ottobre per i propri scopi, due settimane e mezzo dopo che i combattenti palestinesi avevano violato i famigerati muri dell’apartheid a Gaza, il parlamentare repubblicano Mike Lawler ha proposto la legge HR 6090, nota anche come Antisemitism Awareness Act.
Lawler è uno dei principali beneficiari di fondi provenienti dalle lobby israeliane: l’AIPAC, l’influente gruppo di lobbying, gli ha donato 392.669 dollari solo nel 2023 e nel 2024, di gran lunga il suo maggiore donatore. La sua proposta di legge imporrebbe al Dipartimento dell’Istruzione di accettare come corretta la controversa definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) – che, secondo i critici, confonde le critiche a Israele con l’antisemitismo – nel determinare se i casi di molestie siano motivati da antisemitismo, sollevando preoccupazioni in quanto violerebbe l’intento del Titolo VI del Civil Rights Act del 1964.
Questo, sostengono i suoi sostenitori, “proibisce la discriminazione basata su razza, colore e origine nazionale nei programmi e nelle attività che ricevono assistenza finanziaria federale”, compresi college e università. La proposta di legge HR 6090 è apertamente sostenuta da quasi tutte le influenti organizzazioni pro-israeliane, inclusa l’ADL.
Quella definizione dell’IHRA è stata condannata da molti, tra cui l’avvocato Kenneth Stern, che ha contribuito a redigerla, in quanto confondono erroneamente le legittime critiche a Israele con l’antisemitismo. L’ACLU avverte che la legge HR 6090 espone al chiaro rischio che le strutture educative statunitensi “limitino i discorsi critici di studenti e docenti nei confronti del governo israeliano e delle sue operazioni militari”, per paura di “perdere i finanziamenti federali”.
Ma leggi statunitense di lunga data proibiscono già la discriminazione e le molestie antisemite da parte di enti finanziati a livello federale, rendendo la proposta di legge del tutto superflua.

Nonostante le evidenti e gravi minacce alle libertà fondamentali poste dal disegno di legge, e persino le dure critiche da parte di importanti gruppi ebraici (come J Street e Jewish Voice for Peace), il disegno di legge è stato a malapena menzionato dai principali organi di stampa. Tuttavia, il Congresso lo ha sostenuto a schiacciante maggioranza, votando 320 a 91 a suo favore.
I senatori non hanno comunque preso in considerazione la legge, spingendo il deputato Josh Gottheimer, che ha ricevuto 797.189 dollari dall’AIPAC nel 2023 e nel 2024, a ripresentare la proposta a febbraio. Nel frattempo, i legislatori [i deputati, così definiti negli USA] statunitensi hanno compiuto un altro passo molto preoccupante a netto favore di Israele
Il 28 novembre 2023, il deputato David Kustoff – altro beneficiario dell’AIPAC – ha presentato una risoluzione alla Camera “che condanna e denuncia fermamente il drastico aumento dell’antisemitismo” negli Stati Uniti e “in tutto il mondo” dopo il 7 ottobre. Citando la definizione di antisemitismo dell’IHRA, ha dichiarato che i cori popolari di solidarietà con la Palestina – protetti dal Primo Emendamento – “Dal fiume al mare”, “La Palestina sarà libera” e “Gaza vincerà”, sono genocidi, e inoltre che una veglia a lume di candela presso il Comitato Nazionale Democratico quel mese aveva messo in pericolo delle vite.
Aveva poi concluso chiedendo al Congresso di “dichiarare con chiarezza e fermezza che l’antisionismo è antisemitismo”, cosa che eseguirono in modo smodato. In tutto, 311 legislatori hanno votato a favore della Risoluzione, con solo 14 contrari.
Niko House, personaggio mediatico e attivista specializzato in diritti civili e questioni antimperialiste, ritiene che questi sforzi siano tentativi disperati di giustificare misure legali che minacciano le libertà civili e sarebbero impensabili se nel mirino ci fosse qualsiasi altro Paese, compresi gli stessi Stati Uniti.
“Se promulgate, queste leggi daranno alle autorità ampia libertà di perseguire chiunque richiami l’attenzione sui livelli senza precedenti di discriminazione che i palestinesi subiscono oggi, e che subiscono da oltre 75 anni”, dichiara House a MintPress. Esprime poi particolare disprezzo per la proposta di legge HR 6090:
Da uomo di colore, trovo profondamente offensivo che il Congresso sfrutti la legge sui diritti civili per mettere a tacere, se non addirittura criminalizzare, il sentimento pro-Palestina. Che si tratti di segregazione, libertà di frequentare qualsiasi istituto scolastico o di intraprendere qualsiasi carriera si scelga, o di accesso equo e indiscriminato a strutture e beni di prima necessità come cibo e acqua, i palestinesi soffrono delle stesse forme di discriminazione contro le quali la legge è stata creata come protezione fin dal tempo della creazione di Israele. E il genocidio di Gaza ha reso tutto questo ancora più grave.
Prendere di mira chi critica
Questa sfacciata azione legislativa a favore di Israele è una tradizione di lunga data nella moderna politica americana. Nel 1977 sono stati approvati due emendamenti all’Export Administration Act e al Codice Fiscale degli Stati Uniti. In teoria, questi emendamenti proibivano a cittadini e aziende statunitensi di rispettare i boicottaggi esteri contro qualsiasi Paese considerato “amico” di Washington. In realtà, l’obiettivo specifico era quello di contrastare il lungo embargo nei confronti di Israele da parte della Lega Araba. La maggior parte degli alleati degli Stati Uniti adottò il divieto, in alcuni casi danneggiando ironicamente le loro relazioni con Israele.
Poi, nel 1987, Ronald Reagan designò l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), all’epoca riconosciuta quasi universalmente come rappresentante legittimo del popolo palestinese, come entità terroristica, ma l’anno successivo emanò una deroga che consentiva i “contatti” tra i funzionari della Casa Bianca e il gruppo. Questo trucco ha fatto sì che l’Organizzazione sia stata costretta a chiudere il suo ufficio a Washington e a cessare la maggior parte delle sue iniziative diplomatiche internazionali e di raccolta fondi, ma ha permesso alle autorità statunitensi di continuare ad avere contatti con la sua leadership senza ripercussioni legali.
Ci sono echi storici sinistri anche in un’altra mossa del Congresso degli Stati Uniti dopo il 7 ottobre. Il 12 dicembre 2023, Mariannette Miller-Meeks, una deputata fervente pro-Israele che aveva ricevuto ingenti somme dalla lobby israeliana mentre sponsorizzava e votava a favore di molteplici misure a favore di Israele che, secondo i critici, sopprimono i diritti dei palestinesi e violano il Primo Emendamento, ha proposto la legge H.R. 6578. Il testo chiede la creazione di una “Commissione per lo studio degli atti di antisemitismo” negli Stati Uniti.
Le clausole della legge si riferiscono esclusivamente all'”antisemitismo” nel contesto delle critiche alle azioni di Israele a Gaza dopo il 7 ottobre. Il comunicato stampa di accompagnamento dimostra chiaramente che gli attivisti per la solidarietà con la Palestina sono i suoi bersagli, in particolare gli studenti universitari e dei college. Sotto i suoi auspici, verrebbe avviata un’indagine formale del Congresso sull’opposizione a Israele tra i cittadini e le organizzazioni statunitensi, e a qualsiasi testimone citato a testimoniare verrebbe impedito di invocare il proprio diritto costituzionale di rimanere in silenzio durante l’interrogatorio.
Lara Friedman, presidente del Forum per la Pace in Medio Orientem per la Pace, ha definito la proposta un tentativo maligno di costruire un equivalente moderno del famigerato Comitato per le attività antiamericane della Camera (che indagava sui sospetti sostenitori del comunismo durante la Guerra fredda). Istituito dal senatore Joe McCarthy nel 1938, il Comitato indagava sulle tendenze politiche di privati cittadini, impiegati statali e organizzazioni pubbliche e governative. Nel processo, innumerevoli carriere e vite sono state distrutte. La Friedman accusa l’H. R. 6578 di voler fare lo stesso, “ma questa volta prendendo di mira i critici di Israele”.

Politiche dirompenti
Sarebbe sbagliato considerare questa ondata di leggi repressive come unica o isolata agli Stati Uniti, o esclusivamente un prodotto del genocidio di Gaza. Sulla scia del 7 ottobre, le autorità tedesche, che per anni hanno tranquillamente sostenuto il programma illecito di armi nucleari di Israele, hanno scatenato un giro di vite senza precedenti contro gli attivisti e i gruppi di solidarietà per la Palestina. La repressione si è manifestata sotto forma di brutali aggressioni ai partecipanti alle proteste, di tutte le età e di tutti i generi, di tribunali cittadini e statali che hanno condannato persone per aver guidato canti pro-palestinesi e di restrizioni sulla possibilità di parlare lingue straniere durante le manifestazioni pubbliche.
Le amministrazioni comunali e statali tedesche hanno vietato o stanno valutando di vietare l’esposizione di triangoli rossi (un simbolo adottato da alcuni combattenti della resistenza palestinese). A partire dal giugno 2024, i candidati alla cittadinanza tedesca saranno sottoposti a un test sulla conoscenza dell’ebraismo e della vita ebraica. Per dimostrare il loro impegno nei confronti dei “valori tedeschi”, dovranno dichiarare di credere nel diritto all’esistenza di Israele. Esperti legali e sostenitori dei diritti hanno ampiamente messo in dubbio la costituzionalità di richiedere il sostegno politico a uno Stato straniero come condizione per la cittadinanza.
Questa ondata di repressione legale non è limitata alla Germania. Dall’altra parte della Manica, le autorità britanniche hanno intensificato la repressione del dissenso. Nel febbraio 2024, tre persone sono state condannate per reati di terrorismo in Gran Bretagna dopo aver mostrato immagini di parapendio durante una protesta di solidarietà con la Palestina, con la controversa motivazione che si trattava di una “glorificazione delle azioni” di Hamas. Da allora, numerosi attivisti e giornalisti britannici pro-palestinesi sono stati arrestati, perquisiti e processati con l’accusa di “sostenere” Hamas. Nel dicembre 2024, le Nazioni Unite hanno emesso un allarme sulla legislazione antiterrorismo “vaga e troppo ampia” di Londra.
Queste leggi non definiscono il termine “sostegno”, il che, secondo le Nazioni Unite, aumenta il rischio che individui dissenzienti, che non possono essere plausibilmente accusati di appoggiare “atti terroristici violenti” da parte di gruppi proibiti, comprese le loro ali politiche, vengano catturati nella vasta rete della legislazione. Da allora, le autorità non hanno fatto altro che intensificare le vessazioni contro le voci di solidarietà con la Palestina.
Naila Kauser, un’attivista attualmente ricercata per essere interrogata dalla polizia antiterrorismo a Londra per le dichiarazioni pro-palestinesi che avrebbe fatto sui social media, racconta a MintPress News:
Gli attacchi contro gli attivisti e i giornalisti che si esprimono contro il genocidio in Palestina possono essere descritti solo come un abuso della legge, al servizio del fascismo. È lo Stato britannico che sta violando diverse leggi mondiali, tra cui la Convenzione sul genocidio, continuando a sostenere Israele attraverso lo scambio di informazioni, il commercio di armi e la protezione diplomatica dei criminali di guerra israeliani, come abbiamo visto di recente con la visita non proprio segreta del Ministro degli Esteri israeliano a Londra. La Gran Bretagna che condanna coloro che combattono l’occupazione [dei territori palestinesi] mina anche il loro diritto legale, riconosciuto a livello internazionale, di poter resistere”.
Il redattore di Electronic Intifada, Asa Winstanley, la cui casa londinese è stata perquisita e i dispositivi digitali sequestrati dalla polizia antiterrorismo all’alba dell’ottobre 2024, suggerisce a MintPress News che l’adozione da parte del governo britannico, nel Dicembre 2016, dell’errata definizione di antisemitismo dell’IHRA potrebbe aver avuto un ruolo nell’ondata di repressione che ha preso di mira “il dissenso legittimo, la protesta e l’azione politica” contro i crimini commessi dallo Stato israeliano. Afferma che la controversa definizione, notoriamente influenzata dall’intelligence israeliana, “non fa nulla per proteggere gli ebrei o chiunque altro – il suo obiettivo primario è quello di criminalizzare i palestinesi e i loro sostenitori”.
Winstanley cita l’esempio eclatante di un consiglio comunale londinese che nel 2019 ha utilizzato la definizione di antisemitismo dell’IHRA per vietare il passaggio nei suoi parchi di una corsa ciclistica locale a favore dei palestinesi, volta a raccogliere fondi per le attrezzature sportive dei bambini di Gaza. “Non si trattava di un’azione diretta, non aveva nulla a che fare con gli ebrei, non era una discriminazione, era pura solidarietà del tipo più morbido, e anche questo è stato ufficialmente ritenuto in contrasto con la definizione dell’IHRA”, ha avvertito Winstanley.
Autorità morale
Nel giugno 2023, il disegno di legge sull’attività economica degli enti pubblici (questioni d’oltremare), dal ponderoso titolo, ha iniziato il suo iter nel Parlamento britannico. Il suo scopo è quello di vietare a qualsiasi ente pubblico di condurre i propri investimenti e appalti “in un modo che indichi la disapprovazione politica o morale di uno Stato estero”.
Un comunicato stampa di accompagnamento ha chiarito che lo scopo esplicito della legislazione è proteggere “imprese e organizzazioni” affiliate a Israele. Michael Gove, l’allora ministro del governo che ha presentato la legge, disse delle iniziative BDS:
“Queste campagne non solo minano la politica estera del Regno Unito, ma portano a una spaventosa retorica antisemita e ad abusi. Ecco perché abbiamo intrapreso questa azione decisiva per fermare queste politiche dirompenti una volta per tutte”.
La gamma di organizzazioni interessate è enorme, dai comuni alle università, e le implicazioni sono gravi sotto ogni punto di vista. Le istituzioni possono essere indagate esclusivamente a discrezione personale dei funzionari governativi e incorrere in multe salate in caso di violazioni. Negli anni ’80, quando il governo britannico si rifiutò di sanzionare o condannare il Sudafrica, proprio quegli enti presi di mira da questa legislazione boicottarono lo Stato dell’Apartheid. Se la nuova legge fosse stata in vigore all’epoca, tali attività sarebbero state del tutto illegali.
Ad aggravare ulteriormente la situazione, la legge anti-BDS viola molteplici sentenze delle Nazioni Unite e contraddice le posizioni dichiarate dallo stesso governo britannico. La posizione ufficiale di Londra da decenni è che gli insediamenti israeliani “sono illegali secondo il diritto internazionale, costituiscono un ostacolo alla pace e minacciano una soluzione a due Stati per il conflitto israelo-palestinese”. Per questo motivo, il settore privato britannico è attivamente scoraggiato dalle autorità a condurre affari in quella zona. Eppure, agli enti pubblici potrebbe ora essere legalmente vietato di seguire questo stesso precetto.
Rimane comunque una potenziale via di resistenza legale. Come MintPress News ha riferito in precedenza,
numerosi risultati e precedenti legali indicano che i Paesi che aderiscono alla Convenzione sul genocidio, come la Gran Bretagna, devono “impiegare tutti i mezzi ragionevolmente disponibili” per prevenirlo. Inoltre, la mancata cessazione della fornitura di aiuti o assistenza a uno Stato impegnato in un genocidio potrebbe violare l’articolo I della Convenzione. Questo potrebbe fornire una protezione legale dalla nuova legge anti-BDS di Londra. Come conclude l’attivista Naila Kauser, lei stessa bersaglio delle ultime misure di Londra:
“Le leggi che difendono il genocidio non hanno alcuna legittimità, e gli Stati che le applicano e permettono il genocidio non hanno alcuna autorità morale. Vogliono che stiamo zitti, ma dobbiamo continuare a resistere a questi attacchi, così come al genocidio in corso, in ogni modo possibile finché la Palestina non sarà liberata”.