Qualche giorno fa un post satirico sul nostro canale ha scatenato commenti ingenerosi, che ci accusavano di non avere rispetto per gli italiani che si batterono nel 1942 a El Alamein. Con questo articolo vogliamo cogliere l’occasione per qualche riflessione circa quella battaglia.

Partiamo da tre punti, traendo spunto da altrettante sentenze da parte di personaggi storici che non hanno bisogno di presentazioni:

  1. Dio è dalla parte dei grandi battaglioni (Napoleone Bonaparte)
  2. Ogni battaglia viene vinta o persa prima ancora che sia stata combattuta (Sun Tzu)
  3. La guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi (Carl Von Clausewitz)

Un piccolo passo indietro, innanzitutto: quando il 10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra, Malta è pressoché sguarnita e le forze britanniche in Libia sono tre volte inferiori a quelle italiane. C’era ogni premessa per un colpo durissimo, forse mortale, alla posizione inglese nel Mediterraneo. Tuttavia, Malta non fu neanche sfiorata e in Nordafrica subimmo cocenti sconfitte. Perché? Perché, appunto, come diceva Clausewitz, la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi. E la politica del Duce era quella di gettare qualche migliaio di morti al tavolo della pace. La guerra sarebbe stata vinta dall’alleato germanico, gli italiani dovevano solo far vedere che combattevano. Con quali risultati e con quale strategia non importava.

Però, l’alleato germanico la guerra non la vinse e Londra, ripresasi dalle sconfitte del 1940, fortificò Malta incessantemente e inviò rinforzi in Egitto. Questo fece sì che i vitali rifornimenti per le forze italiane, e in seguito anche per le forze tedesche, fossero pesantemente ostacolati dagli aerei e dai sommergibili inglesi di base a Malta. Elemento che si sarebbe rivelato cruciale.

Diciamo cruciale, perché le guerre le vincono due fattori: la capacità di assorbire e rimpiazzare le perdite e quella di rifornire lo sforzo bellico. Nella Prima guerra mondiale i tedeschi avevano il miglior esercito del mondo, sia per armi che per addestramento. Eppure, persero ugualmente pur vincendo quasi tutte le battaglie e pur infliggendo al nemico perdite molto maggiori. Il motivo è presto detto: per ogni uomo che il Kaiser mandava in trincea, i suoi nemici ne mandavano tre. Per ogni aereo e cannone che costruiva, quelli ne costruivano due.

Gli attacchi costanti ai convogli di rifornimenti italo-tedeschi menomavano fortemente le capacità dell’Asse in Nordafrica, mentre gli inglesi, aiutati dagli americani, potevano sfruttare il loro dominio del mare e il loro impero coloniale per accrescere liberamente le loro forze in Egitto.

Quella che chiamiamo la battaglia di El Alamein, in realtà, fu la “seconda battaglia di El Alamein”. La prima ebbe luogo tra il 2 e il 27 luglio 1942 e si concluse in uno stallo. Rommel, che era sicuramente un sopravvalutato ma non certo uno sprovveduto, sapeva benissimo che la campagna di Egitto era persa e chiese più volte a Hitler il permesso di ritirarsi. Il perché è presto detto: mentre Montgomery riceveva ogni giorno rinforzi, gli italo-tedeschi erano sempre gli stessi. Per di più. a corto di benzina e munizioni. Il 23 ottobre 1942, giorno di inizio della seconda battaglia di El Alamein, gli inglesi avevano un vantaggio numerico di almeno due a uno. L’esito era segnato.

Lo scontro andò avanti fino al 5 novembre, con la “Folgore” che si arrese solo il giorno successivo, dopo aver scritto pagine di eroismo. Non mancò la fortuna: mancarono uomini e mezzi. Forse il valore mancò a Rommel, che alla vigilia della battaglia chiese e ottenne un permesso per andarsi a curare in Austria.

Una nota storiografica: la Seconda guerra mondiale è giunta fino a noi in Occidente in gran parte grazie alle versione dei generali tedeschi, per quanto strano possa sembrare. In realtà, basta leggere Storia di una sconfitta di Basil H. Liddell Hart o i libri di Paul Carell (uno pseudonimo) per capire come i generali di Hitler raccontino favole per giustificarsi, spesso anche per evitare accuse di crimini di guerra.

Nella loro narrazione hanno perso perché alleati dei vigliacchi italiani che scappavano di fronte al nemico o perché i sovietici mandavano le ondate umane a morire o perché c’erano traditori in Germania.

L’amara verità, almeno per i generali tedeschi delle Seconda guerra mondiale, è che erano, salvo rarissime eccezioni come Fritsch, una massa di arrivisti che non mettevano mai in dubbio gli ordini di Hitler. La verità ancora più amara per i tedeschi è che nel 1914 l’esercito era molto più forte che nel 1939 e un Rommel non sarebbe mai diventato feldmaresciallo sotto il Kaiser.

Per concludere: i soldati italiani hanno meritato la gloria imperitura per El Alamein. Crediamo che avrebbero meritato anche comandanti migliori.

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