
Pepe Escobar per Strategic Culture Foundation – Traduzione a cura di Old Hunter
Il primo incontro degli esperti e consiglieri per la sicurezza nazionale nell’ambito del formato ampliato BRICS+ a San Pietroburgo ha svelato alcuni elementi interessanti.
Il primo incontro degli esperti di sicurezza/consiglieri per la sicurezza nazionale nell’ambito del formato ampliato BRICS+, tenutosi al Palazzo Konstantinovsky di San Pietroburgo, ha svelato non pochi elementi. Cominciamo dalla Cina. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha proposto quattro iniziative di sicurezza incentrate sui BRICS. In sostanza, i BRICS+ (e altri, considerando ulteriori espansioni) dovrebbero puntare a coesistenza pacifica, indipendenza, autonomia e vero multilateralismo, che implica il rifiuto dell’eccezionalismo. Al tavolo dei BRICS, il tema principale è stato quello di come i Paesi membri debbano sostenersi a vicenda nonostante le numerose sfide – per lo più scatenate da voi-sapete-chi. Per quanto riguarda l’India, il segretario del Consiglio di sicurezza russo Sergei Shoigu, incontrando il consigliere per la sicurezza nazionale indiano Ajit Doval, ha sottolineato la forza dell’alleanza, che “resiste con fiducia alla prova del tempo”. Il contesto più ampio è stato infatti offerto in parallelo, in Svizzera, presso il Centro per la Politica di Sicurezza di Ginevra, dal sempre delizioso Ministro degli Esteri S. Jaishankar: “C’era un club chiamato G7, ma non ci lasciava entrare nessun altro, così ci siamo detti, formiamo un nostro club… È in realtà un gruppo molto interessante perché se lo si guarda, di solito qualsiasi club o qualsiasi gruppo ha o una contiguità geografica o qualche esperienza storica comune o un legame economico molto forte”. Ma nel caso dei BRICS si tratta di “grandi Paesi in ascesa nel sistema internazionale”. Il viceministro degli Esteri russo, Sergey Ryabkov, sottolinea come Russia e Brasile “abbiano approcci simili sulle principali questioni internazionali”, rendendo evidente come Mosca abbia a cuore l’attuale “comprensione e interazione bilaterale reciproca, anche alla luce delle presidenze simultanee di BRICS e G20 di quest’anno”. Nel 2024, la Russia presiederà i BRICS mentre il Brasile presiederà il G20.
Il partenariato strategico Russia-Iran
Il Presidente Putin, oltre a prendere la parola, ha avuto colloqui bilaterali con tutti i principali attori. Putin ha sottolineato come 34 nazioni “abbiano già espresso il desiderio di unirsi alle attività della nostra associazione in una forma o nell’altra”. Incontrando Wang Yi, Putin ha sottolineato che il partenariato strategico Russia-Cina è a favore di un ordine mondiale giusto, un principio sostenuto dal Sud globale. Wang Yi ha confermato che il presidente Xi Jinping ha già accettato l’invito ufficiale della Russia per il vertice BRICS del mese prossimo a Kazan. Putin ha incontrato anche il Segretario del Consiglio supremo di sicurezza nazionale iraniano, Ali Ahmadian. Putin ha confermato di aspettare il Presidente iraniano Masoud Pezeshkian per un’altra visita in Russia, dopo il vertice BRICS, per firmare il loro nuovo accordo di partenariato strategico. La geoeconomia è fondamentale. Lo sviluppo del corridoio internazionale di trasporto Nord-Sud (INSTC) è stato confermato come una delle principali priorità tra Russia e Iran. Shoigu, da parte sua, ha dichiarato: “Siamo pronti a espandere la cooperazione tra i nostri consigli di sicurezza”. L’accordo sarà presto firmato da entrambi i Presidenti. Inoltre, Shoigu ha aggiunto che l’ingresso dell’Iran nei BRICS favorisce la cooperazione tra i membri per formare “un’architettura comune e indivisibile di sicurezza strategica e un giusto ordine mondiale policentrico”. Ora fate un confronto con la nuova “strategia” collettiva dell’Occidente – adottata da Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania: un’altra ondata di sanzioni contro l’Iran legata al caso dei missili iraniani trasferiti alla Russia. Ahmed Bakhshaish Ardestani, membro della Commissione per la sicurezza nazionale e la politica estera del Parlamento iraniano, ha confermato all’inizio di questa settimana che l’Iran sta inviando missili e droni alla Russia come parte degli accordi di difesa. Ma il cuore della storia è che questi missili sono comunque russi, solo che vengono prodotti in Iran. Mentre a San Pietroburgo si discuteva di sicurezza, la Cina ospitava a Xiamen, nella provincia del Fujian, il Forum BRICS sul partenariato per la nuova rivoluzione industriale 2024. A proposito di cooperazione tra BRICS: mentre l’Iran, sottoposto a sanzioni, sta cercando di ottenere l’accesso alle nuove tecnologie industriali, tra Iran e Cina la collaborazione su tutto, dall’intelligenza artificiale alle tecnologie verdi, si intensificherà ulteriormente.
Una nuova architettura di sicurezza eurasiatica
Il nocciolo della questione è il crescente status della Cina come prima potenza commerciale globale, mentre decine di nazioni del Sud globale si adattano al fatto che l’interazione con la Cina è il vettore privilegiato per migliorare il proprio tenore di vita e lo sviluppo socioeconomico. Questo monumentale cambiamento nelle relazioni internazionali sta riducendo l’Occidente collettivo a un branco di polli senza testa. L’accresciuto potere della Cina si riflette in tutte le principali mosse geoeconomiche: dal RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership), un mega accordo di libero scambio (FTA) inter-asiatico, alle innumerevoli ramificazioni dei progetti della Belt and Road Initiative (BRI), fino alla cooperazione BRICS+. Il futuro di tutte le nazioni del Sud globale coinvolte prevede un avvicinamento sempre maggiore alla Cina. In netto contrasto, l’egemone – e questo è bipartisan, a partire dalla rarefatta plutocrazia – semplicemente non può concepire un mondo che non può controllare. Una UE incline alla disaggregazione acuta “ragiona” fondamentalmente allo stesso modo. Per l’intero Occidente collettivo, il demenziale desiderio di mantenere l’egemonia impedendo l’ascesa della Cina è insostenibile. A ciò si aggiunge la folle ossessione dell’attuale amministrazione statunitense di infliggere una “sconfitta strategica” alla Russia da quando ha respinto la proposta di Mosca, avanzata alla fine del 2021 di una nuova architettura di sicurezza europea, in realtà una “indivisibilità della sicurezza” riguardante l’intera Eurasia. Questo nuovo sistema di sicurezza pan-eurasiatico proposto da Putin è stato discusso in dettaglio all’ultimo vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO). Putin ha infatti dichiarato che “è stata presa la decisione di trasformare la struttura regionale antiterrorismo della SCO in un centro universale incaricato di rispondere all’intera gamma di minacce alla sicurezza”. Tutto è iniziato con il concetto di un “Grande partenariato eurasiatico”, avanzato da Putin alla fine del 2015. Questo concetto è stato perfezionato durante il suo discorso annuale all’Assemblea federale lo scorso febbraio. Poi, in un incontro con i principali diplomatici russi a giugno, Putin ha sottolineato che era il momento giusto per dare il via a una discussione globale sulle garanzie bilaterali e multilaterali inserite in una nuova visione della sicurezza collettiva eurasiatica. L’idea, fin dall’inizio, è sempre stata inclusiva. Putin ha sottolineato la necessità di creare un’architettura di sicurezza aperta a “tutti i Paesi eurasiatici che desiderano partecipare”, compresi “i Paesi europei e della NATO”. A ciò si aggiunge la spinta a condurre discussioni con tutti i tipi di organizzazioni multilaterali dell’Eurasia, come lo Stato dell’Unione di Russia e Bielorussia, la CSTO, l’EAEU, la CSI e la SCO. E soprattutto, questa nuova architettura di sicurezza dovrebbe “eliminare gradualmente la presenza militare di potenze esterne nella regione eurasiatica”. Traduzione: NATO. E sul fronte geoeconomico, oltre a sviluppare una serie di corridoi di trasporto internazionali attraverso l’Eurasia, come l’INSTC, il nuovo accordo dovrebbe “stabilire alternative ai meccanismi economici controllati dall’Occidente”, dall’espansione dell’uso delle valute nazionali negli insediamenti alla creazione di sistemi di pagamento indipendenti: due delle principali priorità dei BRICS, che saranno protagoniste del vertice di Kazan del mese prossimo.
Vogliamo una guerra su tre fronti
Allo stato attuale, una Washington sorda, muta e cieca rimane ossessionata dal suo unico obiettivo dichiarato di infliggere una sconfitta strategica alla Russia. L’ambasciatore russo negli Stati Uniti Anatoly Antonov è andato subito al sodo: “È impossibile negoziare con i terroristi”, aggiungendo che “non sono possibili schemi o cosiddette ‘iniziative di pace’ per cessare il fuoco in Europa orientale senza tenere conto degli interessi nazionali della Russia”. Nemmeno le conferenze serviranno a qualcosa, per quanto belle possano sembrare. Come negli anni della Grande Guerra Patriottica, il fascismo deve essere sradicato. Gli scopi e gli obiettivi dell’operazione militare speciale saranno raggiunti. Nessuno dovrebbe avere dubbi sul fatto che le cose andranno esattamente così”. E questo ci porta all’attuale incandescente congiuntura. Ci sono solo due opzioni per la guerra per procura degli Stati Uniti contro la Russia in Ucraina: una resa incondizionata di Kiev o un’escalation verso una guerra della NATO contro la Russia. Ryabkov non si fa illusioni, anche se lo dice in modo piuttosto diplomatico: “I segnali e le azioni a cui stiamo assistendo oggi mirano a un’escalation. Questa osservazione non ci costringerà a cambiare rotta, ma creerà ulteriori rischi e pericoli per gli Stati Uniti e i loro alleati, clienti e satelliti, ovunque essi si trovino”. Dopo aver bombardato il concetto di diplomazia, l’Egemone ha bombardato anche il concetto di sicurezza. L’acuta demenza del Think-Tankland statunitense è arrivata persino a sognare una guerra su tre fronti. E questo da parte di una “nazione indispensabile” la cui potente Marina è stata completamente umiliata dagli Houthi nel Mar Rosso. È davvero uno spettacolo per i secoli vedere la plutocrazia di una nazione selvaggia con oltre 200 anni di storia alle spalle, che ha essenzialmente saccheggiato la maggior parte delle sue terre ad altri, credere di poter sfidare contemporaneamente i persiani, i russi e una civiltà asiatica con 5.000 anni di storia conosciuta.
Beh, i selvaggi resteranno sempre dei selvaggi.