La Wada riconosce che Sinner è innocente, ma lo condanna lo stesso a tre mesi di sospensione per non avere controllato il suo team ispezionando i bagagli. Fra i tennisti è panico: “Ho paura del sistema” dice la numero del mondo.

La vicenda in breve: il 10 marzo 2024, durante il torneo di Indian Wells, Jannik Sinner risulta positivo al test antidoping per tracce bassissime di Clostebol, uno steroide anabolizzante. L’azzurro spiega di aver subito una contaminazione involontaria causata dal suo fisioterapista Giacomo Naldi (che stava usando il Trofodermin, un medicinale spray contenente Clostebol, per curare un taglio al mignolo). Il 20 agosto 2024 viene pienamente assolto dal Tribunale Sportivo dell’Itia poichè “la concentrazione di Clostebol trovata nel sangue dell’atleta non è tale da provocare alcun effetto dopante o aumento delle prestazioni”, come ha scritto nella sentenza la giuria a cui non era stata rivelata l’identità dell’atleta oggetto di analisi. Per il tribunale, inoltre, Sinner non ha avuto “alcuna colpa o negligenza”, ma ha comunque dovuto rinunciare ai 400 punti ottenuti al torneo di Indian Wells. Il 20 settembre 2024 il Word Antidoping Agency (Wada) annuncia il ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport chiedendo la squalifica da uno a due anni per Sinner. Il 10 gennaio 2025 vengono annunciate le date del ricorso della Wada: 16-17 aprile 2025. Il 15 febbraio, infine, la Wada comunica il raggiungimento dell’accordo con Sinner e la sospensione di 3 mesi fino al 3 maggio.
“La Wada riconosce che il signor Sinner non intendesse imbrogliare e che la sua esposizione al clostebol non abbia fornito alcun beneficio in termini di miglioramento delle prestazioni e sia avvenuta a sua insaputa, a causa della negligenza dei membri del suo entourage”. Con questa dichiarazione ufficiale la Wada conferma la precedente sentenza di innocenza e scagiona definitivamente Jannik Sinner da ogni accusa di doping. Però lo squalifica per tre mesi poiché “ai sensi del Codice e in virtù del precedente al Tas, un atleta è responsabile della negligenza del suo entourage”1.
Viviamo in tempi strani su cui aleggia una demenzialità diffusa che si presenta sotto le vesti di un principio d’autorità che nega il senso della giustizia e più in generale il buon senso. Se una regola punisce un innocente, allora è la norma a dover essere cambiata, non la punizione a dover essere eseguita.
L’ente antidoping, invece, pur di applicare il regolamento minacciando una punizione del tutto sproporzionata (due anni di sospensione!), ha pensato bene di impugnare la sentenza che aveva già assolto il giocatore italiano poiché, detto in termini pratici, “il fatto non sussisteva”: la dose era di pochi millesimi sopra la norma e ben lontana dal benché minimo effetto dopante, quindi non ha danneggiato gli avversari e l’insieme delle circostanze convalidavano la buona fede di Sinner e la contaminazione involontaria.
Adriano Panatta è una furia e parla apertamente di sopraffazione: “la cosa fuori dal mondo è che la Wada ha dichiarato che nel 2027 questi “reati” non saranno più punibili: e allora è una persecuzione perché che cosa cambia da qui a due anni?”
La causa della squalifica è la “negligenza”: secondo la Wada, Sinner avrebbe dovuto trasformarsi in una sorta di investigatore, controllare il suo team, ispezionare i loro bagagli, spiare i loro movimenti, non bere dalla stessa bottiglia del suo preparatore per non correre nessun rischio. “Vi rendete conto?” – prosegue Panatta – “Quindi che cosa avrebbe dovuto fare? Io ve lo dico, questa cosa è ridicola, la Wada è ridicola!”
Fra i tennisti ora è panico: basta contaminarsi con una stretta di mano per incorrere in sanzioni che possono rovinarti la carriera. La bielorussa Aryna Sabalenka, attuale numero uno del mondo, ha dichiarato “Sono spaventata dal sistema. Se prima non mi importava lasciare il bicchiere d’acqua e andare in bagno in un ristorante, ora non bevo più dallo stesso bicchiere. Questa cosa ti entra in testa. Se qualcuno ha usato una crema su di te e tu risulti positiva, ti attaccheranno.”
Parole forti, che sintetizzano alla perfezione come funziona il principio d’autorità: con l’arbitrarietà, con l’abuso di potere e con la cultura del sospetto che suscitano paura che poi porta ad autolimitare la propria libertà. E più le norme sono illogiche più cresce l’addestramento all’obbedienza cieca.
Paura, controllo, sospetto. Li abbiamo visti ai tempi del covid quando, senza alcuna prova scientifica, è stato introdotto il green pass come certificato di immunità con milioni di persone lige ad applicare le regole perchè le leggi si rispettano, senza se e senza ma. E così migliaia di capo uffici, di capotreni e di vigili a montare la guardia alla morale controllando che il cittadino non virtuoso non violasse il confine degli spazi interdettegli dall’autorità con baristi a controllare che i non vaccinati bevessero un caffè al banco e non al tavolo; con insegnanti attenti a far indossare la mascherina ai ragazzini anche quando era stata tolta in discoteca e allo stadio; con anziani buttati giù da un treno a mezzanotte. Perchè qualsiasi cosa decide l’Autorità, si ubbidisce.
Autorità che interviene per modificare le regole del gioco non solo sui campi sportivi cambiando i risultati ottenuti nei tornei con sacrificio, ma anche nelle urne elettorali per “correggere” le democrazie annullando i risultati del voto in Romania con la fumosa giustificazione di interferenze russe via tik tok. Autorità che si impone in ogni ambito della società con i tentacoli delle sue mille ideologie: dal gender che violenta la natura al green che distorce la scienza, dal vaccinismo, che falsifica la medicina, al politicamente corretto, che restringe la libertà di parola, dalla cancel culture, che azzera la cultura, alla russofobia, che nega la storia, la verità e la pace. Autorità che strumentalizza anche settori che dovrebbero restare apolitici e neutrali come lo sport, di cui le Olimpiadi di Parigi del 2024 sono state l’emblema.
Quelle stesse a cui non ha partecipato né Jannik (a causa di una tonsillite, pare) né la sua fidanzata, la moscovita Anna Kalinskaya, in aperta polemica con il comitato olimpico per l’obbligo di dover rinunciare alla bandiera russa. Basta pensare al recente discorso di Mattarella in cui la Russia è stata paragonata al Terzo Reich per comprendere il clima di intolleranza e fanatismo in cui siamo immersi.
Il numero uno del mondo non rientra in certi canoni politicamente corretti. Non gli si perdona di aver bidonato Mattarella, nonché di aver disdegnato l’anno scorso il festival di Sanremo, manifestazione dove quest’anno sono andati a ripulirsi l’immagine esponenti vari della trap e del finto femminismo becero e volgare, tutti modelli che, al suono di droga, sesso, consumismo e violenza, il sistema ha selezionato per essere dati in pasto ai giovani,, obiettivo principale della rivoluzione sociale in corso.


Un campione sportivo è un idolo agli occhi di milioni di adolescenti: si identificano con lui, desiderano imitarlo, magari finendo pure a leggere libri, anziché stare sul web, come ha più volte dichiarato Sinner: “Ai ragazzi dico di stare attenti, io personalmente vivo meglio senza i social e continuerò a fare così. I social non mi piacciono, non dicono mai la verità”. Valori antichi nella modernità fluida di chi, partito da umili origini, si è fatto strada con la dedizione, l’umiltà, la tenacia.
All’altoatesino viene persino impedito di mettere piede nei campi della Federazione e di allenarsi con gli altri tennisti professionisti, pena la squalifica della Wada anche per questi ultimi nel caso in cui vengano beccati a lavorare con il campione italiano: “E perché? Perché può contagiare gli altri?“, urla Panatta.
Hanno voluto umiliarlo per affermare il principio d’autorità nella colonia italica. Forse Jannik non ha ossequiato certi circoli, forse ha rifiutato certe campagne pro questo o pro quello. Abbiamo visto comparire negli elenchi dei beneficiari dell’Usaid i nomi di alcuni divi di Hollywood generosamente finanziati per andare a farsi fotografare accanto a Zelenski, come Angelina Jolie che non aveva certo bisogno di accrescere il proprio patrimonio o la propria fama nè aveva bisogno dell’ennesima foto nei luoghi di guerra. Se avesse condiviso la causa, sarebbe andata in Ucraina gratuitamente. Il punto quindi è un altro, se non ubbidisci l’Autorità ti punisce e i modi in cui può farlo sono molteplici, dall’emarginazione professionale alle campagne diffamatorie. Il metodo Epstein docet.
La squalifica di tre mesi è solo l’ultimo atto dell’accanimento perpetrato contro Sinner da parecchi mesi, come avevo già scritto in tempi non sospetti a settembre2, dopo aver notato come i soliti alfieri del giustizialismo avessero cominciato ad attaccarlo con in cima Il corriere della sera. La scusa principale era la residenza a Monte Carlo del giovane tennista (dove risiede anche Novak Djokocic e la maggior parte dei campioni) perchè al popolino l’Autorità deve, di tanto in tanto, elargire panem et circensis, gettando in pasto ai leoni dell’arena qualche gladiatore su cui sfogare le frustrazioni che il sistema genera. Il problema non sono le tasse più alte e gli stipendi più bassi d’Europa, non è la perdita della sovranità monetaria, non è la FIAT e tutte le altre aziende che delocalizzano all’estero la produzione o le multinazionali in regime di paradiso fiscale ovunque operino, il problema è Sinner3. E nonostante l’assoluzione del tribunale sportivo dell’Itia, il tribunale mediatico ha continuato a infangare il suo nome e a mettere in dubbio la sua onestà
arrivando a sostenere che Sinner abbia avuto un trattamento di favore essendo il numero uno del mondo perchè questo Paese, affetto da complesso d’inferiorità, deve imbruttire tutto ciò che ha razza e fuoriesce dai canoni della mediocrità.
Come tutti gli sportivi Sinner ama competere lealmente, ad armi pari, e da tennista intelligente qual è, sa che non sempre si possono affrontare le sfide dei tornei e della vita al top delle condizioni generali. A volte occorre accettare di fare il meglio che si può con quello che si ha a disposizione limitando i danni, specie quando hai di fronte un gruppo di fanatici esaltati che rischiano di rovinarti l’intera carriera costruita in anni di sacrifici, palla dopo palla, torneo dopo torneo. Lo diceva Djokovic: “quando scendi in campo e non ti entrano i colpi, il segreto è rimanere lì, concentrato su ogni palla, colpendo piano e aspettando che qualcosa cambi”.
Sinner ha quindi fatto una scelta strategica, l’unica possibile data la situazione: ha accettato l’accordo proposto dalla Wada senza rischiare ulteriori follie come la squalifica (da innocente!) per due anni e senza aspettare aprile per l’inizio di un nuovo lungo processo. Salva così tre dei quattro grandi Slam (Rolland Garros a giugno, Wimbledon a luglio, US Open a settembre), tornando in campo per gli Internazionali d’Italia il 7 maggio. Sarà costretto a saltare tornei importanti che impatteranno inevitabilmente sul ranking facendogli perdere, dopo 36 settimane, la vetta della classifica.
Recupera finalmente la serenità e ne esce a testa altissima, mentre tutto il sistema ne esce davvero a pezzi. Partita persa, per lo sport, tutto.

Che sui campi da tennis si stessero giocando ben altre partite, è evidente da tempo a chi sa leggervi
il riflesso delle tendenze sociali in atto. Il tennis, in questo senso, è una straordinaria lente d’ingrandimento, dove si è potuto osservare nel gennaio del 2022 l’esclusione sportiva dagli Australian Open e, di più, la reclusione e la gogna mediatica di Novak Djokovic4, il “no vax” più famoso del mondo, allora numero uno in classifica, salvo poi, dopo soli sei mesi, passare all’esclusione da Wimbledon di quindici giocatori russi e bielorussi (tutti in top 30), fra cui il favorito alla vittoria Danil Medvedev, che avrebbe rischiato di mettere in serio imbarazzo la Casa Reale inglese, titolare dell’All England Club, che dai tempi di Giorgio V fino a Kate Middleton, consegna il celebre trofeo5.
Gli organizzatori del torneo dichiararono: “è nostra responsabilità fare la nostra parte negli sforzi diffusi del governo, dell’industria, delle istituzioni sportive e creative per limitare l’influenza globale della Russia con i mezzi più forti possibile, nelle circostanze di una aggressione militare ingiustificata e senza precedenti, sarebbe inaccettabile per il regime russo trarre vantaggio dal coinvolgimento di giocatori russi o bielorussi con i campionati.”

Dagli Australian Open a Wimbledon, la nozione di “bene pubblico” è rapidamente passata dal vaccino alla guerra, ma la propaganda dell’odio è rimasta la stessa perché le pratiche del potere si esercitano disciplinando anche il corpo dell’atleta, regolamentandone gli accessi, i divieti e i movimenti al di qua o al di là di una linea ritenuta “politicamente corretta”, sottile e fatale come la linea di fondocampo. È una linea che si sposta in base al volere dell’Autorità che modifica arbitrariamente le regole del gioco rimettendo in discussione i valori sportivi per farne mezzo di propaganda politica. Lo sport serve al potere per irregimentare il corpo sociale e, soprattutto, per addomesticare l’immaginario collettivo.
Gilles Deleuze scrisse che il Potere ha sempre bisogno di persone tristi. Il suo obiettivo è infatti quello di spegnere ogni vitalità. Lo sport è uno di questi spazi, dove vengono celebrati i valori più nobili del coraggio, della lealtà, del dominio di sé, dello spirito di sacrificio.
“O corona o morte” gridavano gli atleti prima di scendere in campo ancora in epoca romana. L’etica antica coronava con l’alloro, simbolo di vittoria, l’uomo che dava tutto se stesso per eccellere e distinguersi in gara, così come in guerra e nella vita. Il campione era davvero l’emblema del migliore dei cittadini perché portatore di qualità quali la virtù, l’eccellenza, la prodezza, l’audacia, in un connubio di forza mentale e forza fisica simboleggiati da Hermes ed Ercole le cui statue erano presenti in ogni palestra dell’antica Grecia e dell’antica Roma.
Lo sportivo era riverito proprio perché era uno dei maggiori conoscitori del sacrificio umano con il solo scopo di eccellere: solo chi aveva sofferto fisicamente e mentalmente uscendone vincitore poteva dirsi atleta ed essere considerato un eroe. Per i greci e i romani, infatti, un atleta che dimostrava di sapersi sacrificare oltre la soglia della normalità era qualcosa che superava qualsiasi mortale.
C’era una tradizione che aveva inventato le Olimpiadi per glorificare gli dei onorandoli con le feste agonistiche che erano parte di un cerimoniale insieme alle processioni, ai sacrifici, alle offerte votive e alle preghiere. Tutti i giochi panellenici si svolgevano solo nei luoghi destinati ai culti religiosi perché le gare avevano un valore, al contempo, rituale ed agonistico in cui la vittoria nella competizione costituiva un’occasione simbolica per accostare l’atleta alla divinità.

Ora ci stiamo facendo rubare tutto. Abbiamo visto le Olimpiadi di Parigi trasformate in una messa in scena spettacolare delle ideologie fanatiche in corso. Abbiamo guardato nuotatori ricoverati in gravi condizioni dopo essere stati mandati a gareggiare nella Senna in ossequio al “ripristino della natura”, il progetto utopico dell’ambientalismo autoritario neoliberale salvo poi scoprire l’acqua calda: il fiume è inquinato, come lo sport quando è infangato dalla propaganda.
La vera gara delle Olimpiadi era, infatti, dimezzare le emissioni di gas serra rispetto ai Giochi di Londra del 2012. Dovevano essere le Olimpiadi più sostenibili di sempre in una delle città capofila della lotta al cambiamento climatico con l’instaurazione della “città dei 15 minuti”, la gabbia digital green che vieta ai residenti di uscire dal proprio quartiere e allontanarsi da tutto ciò che dista più di 15 minuti a piedi. E così niente aria condizionata al villaggio olimpico, al suo posto un sistema di raffreddamento che sfrutta l’acqua proveniente dal sottosuolo.

Peccato che qualcosa sia andato storto e gli atleti siano finiti a dormire all’aperto pur di sfuggire alla canicola soffocante dei dormitori. D’altronde, persino l’erba sembrava fosse più comoda dei letti di cartone forniti dall’organizzazione con gli sportivi fotografati sdraiati per terra pur di superare la notte nera del green all’insegna del riciclaggio. E come se l’incubo non fosse finito, al risveglio colazione per tutti a base di cibo vegano e menù rigorosamente privo di carne rossa per limitare le emissioni derivanti dall’allevamento. Non a caso, dall’altra parte dell’Oceano, sono anni che Bill Gates e compagni stanno cucinando carne sintetica prodotta in laboratorio per salvare il pianeta dall’imminente catastrofe planetaria.
E soprattutto sensori, videocamere e strumenti avanzatissimi di intelligenza artificiale piazzati ovunque per imporre, con la scusa della sicurezza, la sorveglianza di massa che viene poi normalizzata a tutta la società civile anche a giochi finiti. Le grandi manifestazioni pubbliche sono divenute ormai il laboratorio per sperimentare un nuovo modello sociale imposto dall’alto e non deciso democraticamente e forzare la transizione verso un futuro ecologico-digitale-transumanista. Infatti, Los Angeles ha già promesso che le prossime Olimpiadi del 2028 saranno senza automobili. È probabile che con l’arrivo di Trump qualcosa cambierà, ma sarà solo un cambio di ideologia visto che al suo fianco e al potere c’è il transumanista Elon Musk.


Sono stati Giochi truccati dalla propaganda in cui persino le medaglie erano patacche realizzate con ferro riciclato dal restauro della Torre Eiffel. Abbiamo assistito increduli all’ammissione di maschi nelle categorie femminili per ossequiare l’ideologia woke. Maschi incapaci di competere con altri maschi, che si sono travestiti da femmine approfittando della loro maggiore forza fisica e che sono stati premiati con luccicanti medaglie d’oro falso come è diventato falso tutto il sistema sportivo. Non stupisce che, alla fine, il pugile transgender Imane Khelif abbia vinto la gara di boxe femminile e sia salito sul podio con il suo inno suonato a tutto volume di fronte ad una platea festante che ha premiato l’ingiustizia e la scorrettezza in mondovisione.
NOTE
1) Sinner non ha mai “patteggiato”, ha semplicemente accettato l’accordo proposto dalla Wada. Il termine “patteggiamento” è errato perchè evoca l’idea che il tennista abbia ammesso la propria colpevolezza per alleggerire la pena mentre il numero 1 del mondo non ha mai riconosciuto alcuna colpevolezza, anzi è la Wada a fare un passo indietro ammettendo in via definitiva la sua innocenza.
2) Sonia Milone, Sinner e l’accolita dei rancorosi, 16 settembre 2024
3) A causa delle folli regole anti-covid adottate in Italia, per poter continuare gli allenamenti Sinner si è trasferito a Monte Carlo durante la pandemia, spostandosi, in realtà, di soli 30 chilometri rispetto a dove abitava prima.
4) Sonia Milone, Djokovic, vincere contro tutti, 20 giugno 2023
5) Sonia Milone, Wimbledon, le regole del gioco, 13 maggio 2022
Complimenti, articolo magistrale!