
di Constantin von Hoffmeister per Eurosiberia   –  Traduzione a cura di Old Hunter
I dati delle elezioni federali tedesche del 2025 squarciano l’aria stagnante come un vetro frastagliato, una brutale rivelazione di un sistema che si avvicina al proprio collasso autoinflitto. La CDU/CSU (Unione Cristiano-Democratica) zoppica al 29%, trascinando il suo cadavere rianimato attraverso il panorama politico, l’SPD (Partito Socialdemocratico) crolla al 16%, affogando nella sua stessa irrilevanza, e i Verdi – quegli eco-puritani innamorati del multiculturalismo e del degrado – si aggrappano disperatamente al 12%. Ma il vero tremore, il ringhio sotterraneo di una bestia che si sta risvegliando, viene dall’AfD (Alternativa per la Germania), che sale a uno sbalorditivo 20%, la sua ascesa scuote le fondamenta di un Occidente che ha perso la voglia di vivere.
Aristotele, l’antico diagnostico della democrazia, incombe su questo spettacolo come un oracolo impassibile. Aveva previsto questo arrivo più di duemila anni fa. In Politica, ha messo in guardia dal lento suicidio della democrazia, dalla sua discesa nell’oclocrazia, il dominio della folla, dove l’apatia plebea e la corruzione dell’élite cospirano per soffocare l’anima della polis. Ed ora? La Germania, il cuore del progetto europeo, sta boccheggiando nella sua fase terminale, una civiltà che si sta divorando in preda alla sterilità burocratica. L’incubo di Aristotele – in cui la democrazia degenera in tirannia oligarchica – si è dispiegato davanti ai nostri occhi, e il popolo, malconcio e tradito, si è rivolto all’AfD in cerca di salvezza.
Questa non è solo un’altra elezione. È un’insurrezione dei disillusi, dei diseredati, di coloro che vengono messi da parte nel grande rogo sacrificale dell’industria europea, dell’identità europea e della volontà europea. Il 20% dell’AfD è più di un numero. È un colpo di martello alla tempia di un establishment senile che si aggrappa al potere come un parassita a un ospite morente. Oswald Spengler, sempre in agguato nell’ombra del declino, sorride dall’abisso, la sua visione dell’Untergang dell’Occidente – l’inevitabile sprofondare nella notte della civiltà – ora pienamente realizzata negli occhi pallidi e vuoti della Merkel e della progenie di Scholz.
La Germania, un tempo un titano della potenza industriale, ora vede le sue fabbriche chiuse, le sue bollette energetiche salire a livelli sconosciuti, le sue strade inondate non dalla marcia del progresso ma dalla silenziosa disperazione di un popolo abbandonato. L’immigrazione di massa non controllata mette ulteriormente a dura prova un sistema già al collasso, diluendo la coesione nazionale, alimentando l’aumento della criminalità e aggravando le turbolenze economiche. La deindustrializzazione non è una politica; È un suicidio rituale, orchestrato da una classe d’élite che si fa beffe dei lavoratori che afferma di rappresentare. Questa rovina autoinflitta deriva dalla folle decisione di interrompere le forniture di petrolio e gas russe e contemporaneamente di chiudere le centrali nucleari perfettamente sicure e pulite, innescata dall’isteria verde, lasciando la nazione affamata di energia e vulnerabile. L’ascesa dell’AfD è il contraccolpo, il ritorno del represso, l’ultimo, disperato urlo di una nazione che si rifiuta di inginocchiarsi davanti ai suoi carnefici.
Eppure, anche se l’AfD sale, il marciume rimane. Il 20% non è sufficiente. Non ancora. La CDU, da sempre il camaleonte mutaforma del potere, si trasformerà in qualsiasi grottesca coalizione sia necessaria per far andare avanti la macchina. Il sistema è progettato per perpetuare se stesso, per soffocare la vera rivoluzione prima che possa mettere radici. Anche Aristotele lo sapeva: la fine della democrazia non arriva con un colpo di stato improvviso, ma con un lento e meticoloso soffocamento, le masse si cullano in uno stato di torpore mentre gli oligarchi stringono la morsa.
L’Europa, come forza geopolitica, sta scomparendo. Le grandi capitali – Berlino, Parigi, Londra – sono gusci e la loro rilevanza si dissangua ogni anno che passa, ogni decisione presa per indebolire il proprio popolo. Il potere è mutevole, tettonico e irreversibile. I nuovi centri dell’Occidente non sono più a Bruxelles o a Strasburgo, quelle necropoli della burocrazia decrepita, ma a Mosca e Washington, negli uomini duri della Russia e nella rinascita trumpista in America, dove la volontà di potenza non si è ancora spenta.
L’AfD, con tutto il suo slancio, deve ora decidere se accontentarsi di essere un voto di protesta o se afferrare il mantello della vera rivoluzione. Perché il crepuscolo di Spengler è qui, e la lezione di Aristotele risuona più forte che mai: le democrazie non muoiono in fiamme; Essi si decompongono dall’interno, marcendo fino a diventare solo rovine incenerite in attesa che l’ascia della storia cada.
E l’ascia sta arrivando.