Offensiva di Primavera del 1918: la corsa contro il tempo dei tedeschi per vincere la guerra.

All’inizio del 1918 la Germania era di fronte a un’opportunità e a un rischio: da un lato il crollo della Russia aveva permesso di chiudere un fronte, liberando quindi numerose truppe, dall’altro l’entrata in guerra degli Stati Uniti avrebbe inesorabilmente fatto pendere la bilancia a favore dell’intesa nel corso dell’anno.

Occorreva, quindi, prendere una decisione, e in fretta. Lüdendorff, comandante di fatto dell’esercito, già nel novembre 1917 aveva iniziato a lavorare ai piani per l’attacco a ovest, tuttavia senza una coerenza di fondo: mancava, infatti, una visione chiara dell’obiettivo finale, cosa che sarebbe stata una delle maggiori cause del fallimento.

Vi erano due interessanti novità nella tattica tedesca: l’uso di reparti di assalto ben armati e addestrati, incaricati di fare breccia nei punti più deboli delle trincee nemiche e avanzare il più possibile, e una nuova tecnica di uso dell’artiglieria, il “fuoco rotante”, messa a punto dal colonnello Bruchmüller, che consisteva in brevi e violenti bombardamenti prima sulle comunicazioni e i comandi del nemico, poi fuoco di controbatteria e, infine, nel colpire direttamente la prima linea, in modo da creare disorientamento.

Le due tecniche sopramenzionate per la verità funzionarono egregiamente, ma furono egualmente insufficienti ad assicurare la vittoria, come vedremo a breve.

Nei mesi di gennaio e febbraio truppe, equipaggiamenti e artiglieria continuarono a fluire da est a ovest, dando ai tedeschi per la prima volta dal 1914 la superiorità numerica sull’Intesa.

Il 21 marzo alle 4:40 del mattino diecimila cannoni aprirono il fuoco, riversando sugli alleati oltre un milione di proiettili in cinque ore, dopodiché le truppe d’assalto entrarono in azione.

Nei successivi due giorni i tedeschi erano avanzati di quasi venti chilometri, infliggendo pesanti perdite agli inglesi. Tuttavia, l’avanzata era arrivata al suo culmine: la scarsa preparazione logistica impediva di rifornire adeguatamente i soldati, esausti dal ritmo dell’attacco.

Emerse a questo punto il vero tallone d’Achille del piano di Lüdendorff: la mancanza di uno Schwerpunkt, ovvero un baricentro dell’offensiva che sfruttasse i punti deboli del nemico. Al contrario, i tedeschi lanciarono rinnovati attacchi quasi tirando a indovinare e, pur infliggendo agli anglofrancesi perdite pesantissime, non provocarono il crollo nemico, esaurendo nel frattempo anche le proprie forze.

Per il mese di luglio le forze americane giunte in Europa avevano compensato le perdite subite dagli alleati e i tedeschi avevano perso la superiorità numerica. Da lì in avanti, iniziò una lenta ritirata che quattro mesi dopo avrebbe condotto alla resa.

La scommessa di Lüdendorff era dunque stata persa, ma perché? Abbiamo parlato di difficoltà logistiche, che impedirono di cogliere numerose opportunità di sfruttare la debolezza nemica. Abbiamo menzionato la scarsa coerenza della strategia tedesca, quasi come un pugile che colpisce alla cieca sperando di buttare giù l’avversario.

Tuttavia, c’è di più: anche dopo la resa della Russia, i tedeschi avevano lasciato a est 40 divisioni per presidiare i territori occupati e sgraffignarne altri approfittando della confusione: nel novembre 1918, mentre a Rethondes si firmava l’armistizio, truppe germaniche erano arrivate fino al mar Caspio.

Quelle 40 divisioni probabilmente non sarebbero state decisive in Francia, ma sicuramente sarebbero state molto utili e, magari, avrebbero consentito di sfruttare qualche occasione persa.

Resta, però, un ulteriore aspetto, poco considerato, ovvero quello psicologico: i soldati tedeschi in trincea in quel quarto anno sopportavano parecchie privazioni, anche se non allo stesso livello della popolazione civile. Il blocco imposto dagli alleati faceva sentire sempre di più i suoi effetti e la dieta si faceva via via più scarsa e monotona.

La propaganda, naturalmente, raccontava che tra gli alleati le cose andassero peggio e, fintanto che uno rimaneva in trincea, poteva anche credervi.

Una volta occupate le postazioni nemiche, tuttavia, la relativa abbondanza del nemico lasciò i tedeschi spiazzati, tanto che si verificarono innumerevoli episodi di saccheggio, fermando più volte lo slancio dell’avanzata.

La vista dei rifornimenti del nemico contribuì a scoraggiare le truppe del Kaiser quasi più della sua resistenza.

La scommessa, in conclusione, aveva pochissime possibilità di riuscire, per la semplice mole delle forze in campo. Solo un evento esterno che avesse portato al crollo degli alleati avrebbe permesso a Lüdendorf di vincerla, anche se avesse evitato di commettere gli errori di cui abbiamo parlato.

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