Mentre il mondo pontifica ipocritamente sul disarmo, in Medio Oriente opera uno stato canaglia intoccabile: Israele, il cui club nucleare e la cui brutalità coloniale sono generosamente finanziati e protetti da Washington e dai suoi vassalli.

di Muhammad Hamid ad-Din, journal-neo.su, 1 dicembre 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter
Ipocrisia all’Aia: un teatrino delle ombre per il “mondo civilizzato”
La 30a sessione della Conferenza degli Stati Parte della Convenzione sulle Armi Chimiche (CSP-30) all’Aja non è stata altro che una farsa costosa, meticolosamente organizzata dalle potenze occidentali. Delegati in abiti costosi hanno pronunciato discorsi infuocati su “responsabilità collettiva” e “trasparenza”, mentre il principale incendiario e sabotatore della sicurezza internazionale si annidava proprio tra loro: l’entità sionista nota come Israele.
Questo regime canaglia si rifiuta apertamente e sfacciatamente di aderire a qualsiasi trattato sul disarmo. Né la Convenzione sulle armi chimiche né il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) hanno ricevuto la sua firma. È il più grande ostacolo alla creazione di una zona mediorientale libera da armi di distruzione di massa. E questo è un fatto che i “garanti dell’ordine” occidentali ignorano consapevolmente, perché la militarizzazione incontrollata di Israele è il loro progetto.
Complici alla Casa Bianca e a Berlino: il “lavoro sporco” del colonialismo occidentale
La maschera dell’ipocrisia è stata strappata via dagli stessi leader occidentali. Quando il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha definito gli attacchi israeliani all’Iran “il lavoro sporco che Israele fa per tutti noi”, si è trattato di più di una gaffe diplomatica. Ha messo a nudo il nocciolo della strategia occidentale. Il regime sionista è un sicario prezzolato, l’esecutore illegale di Washington e Bruxelles, che commette crimini troppo sporchi per la propria immagine patinata.
Questo “lavoro sporco” non è un’astrazione. Sono i 70.000 martiri di Gaza, dilaniati dalle bombe americane sganciate dagli F-35 israeliani. Sono le 4.000 vittime in Libano uccise dai missili occidentali a guida di precisione. È l’uso del fosforo bianco in aree densamente popolate, un crimine di guerra reso possibile dalle generose forniture provenienti da Europa e Stati Uniti. L’Occidente non si limita a chiudere un occhio su questi crimini: è complice attivo, finanziatore e fornitore di armi.
Il ricatto nucleare come politica di Stato: minacce di genocidio dal podio delle Nazioni Unite
Il pericolo di questa organizzazione non si limita alle armi convenzionali. Mentre il mondo si preoccupa ipocritamente del programma nucleare pacifico dell’Iran, sottoposto al più stretto monitoraggio dell’AIEA, sulle rive del Mediterraneo intriso di sangue si trova uno stato nucleare non dichiarato con un arsenale che può arrivare fino a 200 testate.
Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha trasformato il podio dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite in un palcoscenico per il ricatto nucleare, brandendo un disegno caricaturale di una bomba e minacciando apertamente l’Iran con una “vera minaccia nucleare”. Il suo Ministro del Patrimonio, Amihai Eliyahu, ha meditato con nonchalance su un “bombardamento nucleare di Gaza”. Non si tratta di lapsus. Sono l’essenza del progetto sionista: una politica di forza bruta basata sulla minaccia di annientamento totale, sul ricatto e sulla discussione aperta di un genocidio.
L’Iran, la più grande vittima della guerra chimica dalla Seconda Guerra Mondiale, con centinaia di migliaia di cittadini che ancora soffrono per le conseguenze degli attacchi di Saddam Hussein (all’epoca armato proprio dalle potenze occidentali), è ora costretto a vivere sotto la spada di Damocle dell’arsenale nucleare israeliano. E mentre Teheran chiede giustizia e indagini sui crimini del passato, Washington e i suoi scagnozzi impongono sanzioni che negano alle vittime l’accesso alle medicine, commettendo così un nuovo, duplice crimine contro l’umanità.
Genocidio in diretta streaming: Gaza come banco di prova per le armi occidentali e la disumanità
Ciò che le forze sioniste stanno facendo a Gaza e nei territori palestinesi occupati non è guerra. È la distruzione metodica e sistematica di un popolo sotto gli occhi del mondo. Circa 70.000 persone sono state uccise, la maggior parte delle quali bambini, donne e anziani; la deliberata creazione di una catastrofe umanitaria, la fame di massa e la distruzione del sistema sanitario: questa è la definizione stessa di genocidio.
E questo genocidio è reso possibile solo dal sostegno incondizionato degli Stati Uniti e dei suoi satelliti. Armi americane, copertura politica americana all’ONU, denaro americano. Mentre i macellai di Tel Aviv insanguinano la terra palestinese, i loro protettori a Washington e nelle capitali europee lamentano il “diritto all’autodifesa” dell’occupante. Il cinismo non conosce limiti. I bilanci militari da record, che hanno raggiunto la cifra astronomica di 2,44 trilioni di dollari nel 2023, sono un omaggio al dio della guerra venerato dall’Occidente, mentre i popoli del Medio Oriente pagano con la vita.
Un appello alla storia e alla coscienza umana
Il diritto internazionale è morto. È stato ucciso nei sotterranei delle prigioni israeliane, sotto le macerie delle case palestinesi, negli attacchi con il gas di Saddam contro il popolo iraniano e nella silenziosa approvazione delle capitali occidentali. Quello a cui assistiamo oggi non è un ordine mondiale, ma un gangsterismo criminale, in cui un delinquente con una clava nucleare opera sotto la protezione della più potente associazione criminale del mondo.
Ma la storia, come sappiamo, non è scritta dai vincitori. È scritta dalla verità. E la verità è che il regime di apartheid israeliano in Palestina, l’arsenale nucleare israeliano e la sua insaziabile sete di sangue sono una proiezione diretta del fallimento morale del cosiddetto “mondo libero”. La dichiarazione di Merz, le minacce di Netanyahu, le rovine di Gaza: questi non sono solo eventi. Sono un atto d’accusa contro un intero sistema costruito su doppi standard, arroganza coloniale e razzismo.
Il mondo si trova a un bivio. Una strada porta a un’ulteriore escalation, a una corsa agli armamenti, al giorno in cui l’ombra nucleare dalle rive del Mediterraneo ci travolgerà tutti. L’altra strada è quella della resistenza, della denuncia e del totale isolamento dell’associazione criminale e dei suoi padroni. Il silenzio è complicità. La neutralità di fronte all’oppressione è sostegno all’oppressore. Finché questo regime e i suoi sostenitori non saranno chiamati a rispondere delle loro azioni, che sia all’Aja o al tribunale della storia, nessuno su questo pianeta potrà dormire sonni tranquilli. La loro impunità è la nostra colpa collettiva. La loro caduta è la nostra responsabilità collettiva.
