anomalie nel paradigma
Durante il trentennio successivo alla riunificazione i flussi migratori dalla ex-DDR verso le regioni occidentali sono stati costanti, almeno fino al 2017. Tuttavia, si individuano in particolare due grossi picchi. Il primo è il biennio 1989-1990, ossia i mesi immediatamente successivi alla caduta del muro, durante il quale almeno 800.000 persone abbandonarono la ex-DDR, per la maggior parte a causa della chiusura di numerose aziende e dell’aumento esponenziale della disoccupazione.
Un secondo forte picco si è poi registrato a cavallo del cambio di secolo, tra il 1997 e il 2004.
In questa ondata sono stati, in particolare, i giovani, le donne e gli individui con istruzione superiore a lasciare la Germania orientale:
Nel 2017, per la prima volta dopo trenta anni, il saldo migratorio est/ovest si è concluso con un bilancio lievemente positivo (circa 4000 unità).
Tuttavia, ad onta dei toni trionfalistici usati dalla stampa tedesca, occorre fare qui alcune precisazioni. In primo luogo, il fenomeno non ha interessato in egual misura tutte le regioni orientali. Mentre Sassonia e Brandeburgo, trascinate rispettivamente da Lipsia e Potsdam, hanno fatto segnare una lieve ripresa demografica, Meclemburgo-Pomerania anteriore, Sassonia-Anhalt e Turingia continuano a spopolarsi e registrano tuttora un saldo demografico negativo. In secondo luogo, come si evince dal grafico, anche il numero di Zuwanderungen, cioè di trasferimenti dall’Ovest all’Est, in aumento tra il 2011 e il 2015, ha già ripreso a scendere. L’Est continua, insomma, a essere tuttora poco attrattivo, nonostante il richiamo di città come Potsdam e Lipsia e nonostante il costo della vita (soprattutto degli immobili) sia assai più basso che in occidente. In sostanza, l’emigrazione sta finendo perché chi ad Est voleva o era disposto a emigrare ormai lo ha già fatto. La ripresa economica e demografica dell’Est, tuttavia, è un obiettivo ancora molto lontano.
Nel paper Die Wucht der deutschen Teilung wird völlig unterschätzt, Felix Rösel, ricercatore dell’iFO-Institut, cerca di spiegare il fenomeno come semplice conseguenza dell’eredità negativa della DDR. Insiste sul 1949, anno della divisione delle due Germanie, come data cardine dell’involuzione demografica della DDR.
Rösel sembra ignorare completamente, tuttavia, che dal 1989 a oggi, ossia in meno di 30 anni, la ex-DDR ha già perso esattamente gli stessi abitanti (-2,3 Mio) che aveva perso in 40 anni di DDR (-2,3 Mio) e questo includendo l’enorme migrazione avvenuta dal 1949 al 1961, anno della creazione del muro (quasi 2 Mio). Tra il 1961 e il 1989, infatti, la popolazione della DDR è rimasta sostanzialmente stabile.
I Länder orientali sono oggi una terra desolata: senza giovani, con una popolazione dall’età media di 50 anni e prevalentemente rappresentata da ultrasessantacinquenni, con una proporzione di donne assai più bassa rispetto agli uomini, basse prospettive occupazionali, infrastrutture assenti o cadenti, scuole e linee di autobus tagliate continuamente, eventi culturali ridotti sempre più rari.
La Turingia è il caso più disperato. Di gran lunga il più povero dei 16 stati federati, è anche quello che ha sofferto maggiormente l’emorragia demografica post-riunificazione.
Le prospettive di ripresa demografica da qui al 2040 non sono affatto promettenti, con l’unica eccezione (forse) di città universitarie come Erfurt e Jena:
Il caso della città di Suhl, ex centro minerario e un tempo nota per la produzione di armi, è diventato paradigmatico. Dal 1990 a oggi la città ha perso il 38% dei suoi abitanti, in prevalenza giovani in età tra 18 e 35 anni.
Animazione sullo sviluppo demografico di Suhl, Turingia (fonte: DIE ZEIT)
Dal 1990 a oggi la Sassonia ha perso circa 800.000 abitanti.
Negli ultimi 5 anni si è assistito, però, a una ripresa demografica, ascrivibile quasi interamente a Lipsia, che nel 2018 ha raggiunto la quota record di 596.000 abitanti. Tuttavia, anche qui il ritmo di crescita sta rallentando ed è stato alimentato dal 2015 soprattutto dal massiccio arrivo di immigrati.
Qui, come per il Meclemburgo-Pomerania, il trend negativo non sembra, invece, arrestarsi.
Il Brandeburgo è uno dei Länder orientali che ha sofferto di meno l’emorragia demografica, grazie soprattutto all’attrattività di Potsdam negli ultimi anni, oltre al fatto di costituire un’alternativa “extraurbana” più economica per chi non riesce a trovare un alloggio nell’affollata e carissima Berlino. È anche il Land che gode al momento delle migliori prospettive di crescita dopo l’annuncio della costruzione della gigafactory di Tesla a partire dal 2020. Ciò nonostante, il saldo demografico rispetto al 1990 è ancora negativo (-3%)
Si calcola che dalla riunificazione a oggi più di un quarto della popolazione della ex-DDR in età compresa tra 18 e 30 anni sia emigrata in Occidente. Parchi giochi vuoti, pub vuoti, strade vuote. Ciò che salta subito agli occhi in molte località della ex-Germania orientale è la mancanza di giovani.
La situazione della Germania orientale è un caso mondiale:
Particolarmente grave è l’esodo femminile. Le donne rappresentano proporzionalmente la stragrande maggioranza degli emigrati dell’Est. Qui, a livello esemplificativo, il caso della Sassonia:
All’emigrazione si è aggiunto poi nei primi anni dopo la riunificazione un altro drammatico problema: il crollo delle nascite. Tra il 1990 e il 1994 il tasso di natalità nella ex-DDR arrivò quasi a dimezzarsi. Molte coppie, non sapendo se avrebbero mantenuto un’occupazione, rimandarono la fondazione di una famiglia o semplicemente rinunciarono ad avere figli.
A partire dal 1995 il tasso di natalità nei Länder orientali ha ripreso a salire ed oggi è in linea con quello occidentale, anche se il ritmo di crescita appare del tutto insufficiente a colmare il gap demografico sofferto durante gli ultimi 30 anni e molte cittadine stanno rapidamente invecchiando.
Prima della riunificazione l’età media della popolazione nella DDR era inferiore a quella della BDR. Trenta anni dopo questo quadro si è completamente invertito.
Oggi i giovani che vivono nei cinque “nuovi Länder” sono sempre di meno e la popolazione subisce da anni un rapido invecchiamento. Il fenomeno arriva a proporzioni allarmanti nelle campagne, mentre è in corso una lieve inversione di tendenza nelle grandi città e nei centri sopra i 200.000 abitanti. La quota di anziani ultrasessantacinquenni continua a crescere senza sosta nei territori orientali della Germania, mentre rimane sostanzialmente stabile a occidente e nei centri urbani maggiori:
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