La bella notizia che apprendo oggi è che sono in corso trattative tra governo afghano dei Talebani e governo iraniano per giungere ad una distensione sulla questione del takfirismo, ovvero l’accusa di miscredenza utilizzata per sanzionare la violenza contro i leader degli stati islamici ritenuti non religiosi. Il dialogo ha l’obiettivo di risolvere il problema giuridico (l’accusa può prevedere in base al diritto islamico la pena di morte) dei prigionieri politici detenuti in Iran, ma anche quello di combattere le formazioni sunnite più intransigenti e radicali, come Al Qaeda e ISIS, così come promesso agli accordi sottoscritti il 29 febbraio 2020 a Doha (Qatar)

Gli attacchi aerei della scorsa settimana tra Iran e Pakistan, con almeno 11 vittime sul difficile confine del Belucistan, tormentato da gruppi di insorti, hanno destato preoccupazione. Tuttavia, il problema sembra superato stando alle ultime dichiarazioni dei due attori interessati. D’altronde il 16 dicembre, al Forum economico mondiale di Davos il ministro degli Esteri dell’Iran, H. Amir-Abdollahian, a proposito della recente incursione in Pakistan delle guardie di frontiera di Teheran, aveva dichiarato : “In territorio pakistano abbiamo affrontato solamente terroristi iraniani… nessun civile del Pakistan, Paese amico e fratello, è stato colpito da missili e droni iraniani. E’ stato bersagliato il gruppo Jaish al-Adl, un gruppo terrorista iraniano che si rifugia in luoghi della provincia pakistana del Belucistan”.

Il Belucistan è una regione geografica, arida e montuosa che si affaccia sul Mar arabico e si estende a cavallo di tre confini (Iran, Pakistan e Afghanistan). É abitata dalla comunità etnica Baloch, per lo più nomade, che si considera emarginata – nonostante le ricchezze del territorio in gas naturale, carbone e minerali – ed esclusa dai vantaggi economici e commerciali offerti dal porto di Gwadar sul Mare Arabico, punto d’arrivo del corridoio economico intermodale Cina- Pakistan (CPEC), ramo della Nuova Via della Seta (BRI). Il Belucistan pakistano è anche la provincia più estesa del Pakistan per area, con capitale Quetta.

L’indipendentismo in Belucistan ha avuto inizio nel 1948 con la cessione al Pakistan del preesistente dominio britannico, il Khanato di Kalat. Il trattato di cessione, infatti, pur garantendo l’indipendenza del Khanato, rimetteva al Pakistan tutte le funzioni di governo. Così la regione ha vissuto una serie di insurrezioni separatiste/irredentiste, tese a realizzare il “Grande Belucistan”. In Pakistan non solo è la provincia più grande, ma anche quella più a rischio terrorismo: in questa regione sono esplose rivolte nel 1948, 1958–59, 1962–63 e 1973–1977. Una nuova insurrezione a bassa intensità a partire dal 2003 ha dato grossi problemi di sicurezza sia al Pakistan che all’Iran, entrambi chiamati a confrontarsi con i locali gruppi e movimenti del jihadismo sunnita. Le rivendicazioni etno-nazionaliste per una maggiore autonomia dal Pakistan si sono saldate con le proteste relative alla distribuzione delle risorse, che il governo pakistano è accusato di sbilanciare a favore della maggioranza etnica Punjabi. Nella zona si stanno rafforzando, oltre all’estremismo jihadista di matrice sunnita, anche l’irredentismo anti-indiano.

Il Baloch Liberation Army (BLA), più grande gruppo nella galassia di movimenti indipendentisti del Belucistan, è la formazione militante che ha prodotto e ancora produce un pesante tributo di sangue, sia per l’Iran sia per il Pakistan. Il movimento BLA, nato nel 2000, raccoglie l’eredità dei movimenti indipendentisti degli anni ‘70; leader è Khair Bakhsh Marri, appartenente ad una delle due potenti tribù (Marri e Bugti) che occupano vaste aree nel nord (Marri) nelle principali zone estrattive e nel sud (Bugti) vicino allo strategico porto di Gwadar.

Ai separatisti e nazionalisti sunniti rappresentati dal BLA da una decina di anni si aggiungono altre formazioni, come Jaish al-Adl, “Armata della Giustizia”, fondata nel 2012 che opera principalmente in Iran combattendo per l’indipendenza delle province iraniane del Sistan e del Belucistan, e Ansar Al-Furqan un altro gruppo armato iraniano Baloch sunnita e anch’esso operativo in Iran.

Ed è dal 2013, anno del primo attacco di militanti del gruppo Jaish al-Adl, che Iran e Pakistan si guardano con sospetto a causa delle ripetute operazioni contro le forze di sicurezza iraniane e pakistane. Ciascuna parte incolpa l’altra di aver chiuso un occhio sui militanti. Il Pakistan afferma di aver condiviso prove con l’Iran sulla presenza in Iran dei separatisti Baloch che lanciano attacchi transfrontalieri contro le truppe pakistane e sostiene di aver arrestato alcuni membri di Jaish al-Adl responsabili di molteplici attacchi in Iran. Il gruppo spesso prende di mira le forze di sicurezza iraniane vicino al confine pakistano e i militanti entrano in Pakistan nonostante la protezione del confine con posti di blocco.

Jaish al-Adl, designata organizzazione terroristica da Iran, Giappone, Nuova Zelanda e USA, ha collaborato con gruppi separatisti curdi in Iran e ha denunciato l’intervento iraniano nella guerra civile siriana. Secondo i media iraniani, è sostenuta finanziariamente da Pakistan, Arabia Saudita e Stati Uniti.

A questo punto non sfugge agli osservatori la “frattura” che si potrebbe creare nell’ambito dell’alleanza BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, SudAfrica). Se infatti dal 1°gennaio 2024 Egitto, Etiopia, Arabia Saudita, Emirati Arabi uniti – e soprattutto Iran – sono entrati ufficialmente a far parte dei BRICS, anche il Pakistan ha richiesto di partecipare. E la Cina da parte sua raccomanda a tutti moderazione, spendendosi per attenuare le frizioni. Comprensibile, dunque, la soddisfazione con cui i media occidentali denunciano questo accendersi di conflitti a causa terrorismo in un’area prossima al focolaio Israele – Palestina – Libano – Yemen – Mar Rosso. Di fatto, tutto ciò è l’ineludibile conseguenza della politica occidentale che ha armato dovunque gruppi terroristi anti-sciiti e condotto un devastante impatto neocoloniale di sanzioni su molti Stati.

La bella notizia che apprendo oggi è che sono in corso trattative tra governo afghano dei Talebani e governo iraniano per giungere ad una distensione sulla questione dell’accusa di Takfir ovvero la dichiarazione che qualcuno è non credente (kafir) utilizzata per sanzionare la violenza contro i leader degli stati islamici ritenuti non religiosi. Il dialogo ha l’obiettivo di risolvere il problema giuridico (l’accusa può prevedere del diritto islamico la pena di morte) dei prigionieri politici detenuti in Iran, ma anche quello di combattere le formazioni sunnite più intransigenti e radicali, come Al Qaeda e ISis, così come promesso agli accordi sottoscritti il 29 febbraio 2020 a Doha (Qatar)

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