Atteniamoci ai fatti. La ritorsione iraniana per lโ€™attacco israeliano allโ€™ambasciata di Damasco รจ stata calibrata ed equilibrata. Lโ€™Iran non voleva la guerra con Israele (non la guerra aperta, e non ora), diversamente dal governo di Tel Aviv, che nel prosieguo della guerra โ€“ nella sua possibile espansione โ€“ vede lโ€™unica chance di sfuggire alย redde rationemย interno, e magari persino unโ€™opportunitร  di espandersi ancora. Pertanto Teheran si รจ mossa con calma, appellandosi al diritto internazionale (art.51 delle Nazioni Unite), ed avendo cura di colpire esclusivamente obiettivi militari: due aeroporti strategici ed un comando nel Golan occupato. Inutile rimarcare la differenza con Israele. Lo scopo รจ evidentemente quello di tracciare โ€“ come si usa dire โ€“ unaย linea rossa: non saranno piรน tollerati gli attacchi israeliani, e ad ogni azione corrisponderร  una reazione. Lโ€™attacco di rappresaglia, quindi, doveva essere tale da marcare con forza questaย red line, doveva essere inequivocabile, e non doveva offrire il pretesto per innescare un allargamento del conflitto. Gli obiettivi, pertanto, erano eminentemente strategici, non tattici; non misurabili, quindi, in termini quantitativi (quanti e quali danni), se non secondariamente.

Per fare ciรฒ, lโ€™IRGC ha messo in atto un attacco i cui elementi fondamentali sono stati:
– Teheran ha chiaramente avvertito i paesi vicini sul giorno in cui avrebbe avviato lโ€™attacco, ben sapendo che questo avviso sarebbe giunto a Washington, e quindi a Tel Aviv. Non solo, ha scelto una modalitร  operativa (il massiccio lancio iniziale di droni, che richiedevano un volo di qualche ora prima di giungere a bersaglio) che, a sua volta, ha dato un ulteriore margine di tempo per attivare le difese.
– lโ€™attacco รจ stato lanciato a partire dal territorio iraniano, e solo marginalmente vi hanno contribuito le milizie dellโ€™Asse della Resistenza dal Libano, dallo Yemen e dallโ€™Iraq, mettendo quindi in luce che Teheran non aveva alcun timore di assumersi in prima persona lโ€™onere della risposta.
– mettendo in atto un attacco che ha impiegato massicciamente centinaia di vettori, ha costretto gli alleati di Israele a correre in suo soccorso; non solo le batterie antimissile americane in Siria, in Iraq ed in Giordania, ma i caccia intercettori USA, britannici e francesi, che si sono alzati in volo per affiancare lโ€™aviazione israeliana. La Giordania, che ha aperto il suo spazio aereo ai velivoli statunitensi ed israeliani, รจ stata costretta a venire allo scoperto, nel suo schieramento pro-Israele.
– ha infranto il mito deterrente israeliano su molti piani (giร  peraltro fortemente intaccato dallโ€™operazione Al Aqsa Flood della Resistenza palestinese). Sia perchรฉ ha mostrato di non averne timore, sia perchรฉ ha messo in evidenza come โ€“ a fronte di un attacco abbastanza limitato โ€“ Israele abbia avuto necessitร  dellโ€™aiuto di altri paesi, sia perchรฉ ha messo in difficoltร  la capacitร  militare di Tel Aviv nel reagirvi.

A questo, vanno aggiunte alcune considerazioni specificatamente militari.
Anche se lโ€™attacco ha impiegato una grande quantitร  di mezzi, apparentemente sproporzionata ai risultati ottenuti, la cosa va vista sotto altri punti di vista.
Innanzitutto, gli obiettivi prefissati sono stati colpiti. Ancora non sappiamo con quanta efficacia, per questo sarร  necessario verificare attraverso la comparazione delle immagini satellitari precedenti e successive allโ€™attacco; ma in ogni caso sono stati colpiti. La base aerea di Nevatim da almeno 7 missili, quella di Ramon da almeno 5. I due piรน importanti aeroporti strategici, quindi, sono raggiungibili per le forze missilistiche iraniane. Lโ€™impiego massiccio di droni e missili (da crociera e balistici, non sembra siano stati usati quelli ipersonici), infatti, non aveva soltanto un valore per lโ€™effetto psicologico (allarmi in tutto il paese, popolazione nel panico), ma anche almeno due estremamente pratici. Con un costo impiegato di circa 340 milioni di dollari (valore dei vettori lanciati), Israele รจ stata costretta ad impiegare munizionamento dei suoi sistemi dโ€™arma anti-missile per quasi un miliardo e mezzo di dollari, in una sola notte; e lโ€™aspetto economico non รจ nemmeno il principale, poichรฉ ciรฒ ha comportato un significativo consumo del munizionamento disponibile, che non รจ reintegrabile velocemente. Nella prospettiva di un eventuale espansione del conflitto, basterebbero pochi altri attacchi di saturazione delle difese, come quello di ieri notte, per mettere in seria difficoltร  il sistema di difesa. Lโ€™attacco di massa (circa 500 vettori dโ€™attacco) ha inoltre costretto Israele (ed i suoi partner regionali) ad attivare lโ€™intera rete di difesa anti-missile, rivelandone agli iraniani il dislocamento, i tempi di reazione, il coordinamento, nonchรฉ lโ€™efficacia. Tutte informazioni strategiche, che da sole valgono lโ€™impiego dei mezzi utilizzati.
E che, oltretutto, non sono neanche il top di gamma dellโ€™arsenale iraniano.

Per quanto Israele disponga di armamenti assai moderni, e di forze armate abbastanza efficaci, un eventuale confronto con lโ€™Iran ne metterebbe in evidenza alcune disparitร  cruciali, quali la dimensione geografica (22.000 km2 vs 1.650.000 km2) e demografica (7.5 milioni vs 90 milioni), e quindi per Teheran acquisire questo genere di conoscenza, relativamente ad un territorio abbastanza ristretto, in cui le possibilitร  di mutare i dispiegamenti sono abbastanza limitate, รจ di grande importanza.
La ritorsione iraniana, peraltro, ha messo in luce anche altri punti di forza e di debolezza del nemico.
Se da un lato, infatti, si รจ avuta la conferma che per gli USA si tratta di un alleato strategico, per il quale sono disposti ad impegnarsi a difesa in prima persona, da un altro si รจ reso chiaro che โ€“ contrariamente ad una certa corrente di pensiero โ€“ non รจ affatto vero che siano gli Stati Uniti a voler dar fuoco alle polveri mediorientali, ma che al contrario non sono affatto disposti ad affrontare uno scontro con lโ€™Iran per far piacere a Netanyahu. Non a caso Biden, che su tutta la vicenda della guerra a Gaza รจ stato assai indulgente con gli oltranzismi israeliani, in questo caso ha posto chiaramente un stop, avvertendo Tel Aviv che se va allo scontro con Teheran se la dovrร  vedere da sola. Cosa che, ovviamente, Israele non รจ in grado di fare.
Non รจ affatto per caso che la prima reazione israeliana รจ stata bombardare il Libano e la Siria, colpendo cioรจ quelli che considera iย proxyย iraniani; un poโ€™ come dire a nuora perchรฉ suocera intendaโ€ฆ In ogni modo, lโ€™operazioneย True Promiseย (anche qui, si noti il messaggio, che suona come unย โ€œve lโ€™avevamo dettoโ€ฆโ€) rigetta la palla in campo israeliano, mettendo fortemente in difficoltร  il suo governo estremista. Che a questo punto deve trovare per un verso un modo di rispondere a sua volta, ma ben sapendo che lโ€™Iran replicherร , e che ad ogni nuovo giro di giostra la sua situazione si farร  sempre piรน complicata. E per un altro si trova di fronte allโ€™impasse di Gaza, col rischio di lanciarsi in un attacco a Rafah che potrebbe rivelarsi un boomerang sotto numerosissimi aspetti, ma consapevole che nel momento in cui si ferma la guerra il governo collassa.

In termini molto piรน generali, diciamo cosรฌ meta-strategici, lโ€™Autentica Promessa iraniana ci dice molte altre cose.
Innanzitutto, che la capacitร  di deterrenza occidentale รจ ormai definitivamente consunta. Il che significa che, dโ€™ora in avanti, deve essere consapevole che le alternative โ€“ ogni qualvolta si trova dinanzi ad una situazione di crisi โ€“ saranno o la mediazione diplomatica o la guerra; non cโ€™รจ piรน spazio per la minaccia efficace, per una moderna politica delle cannoniere.
Ci dice che gli avversari dellโ€™occidente (dellโ€™egemonia anglo-americana ed europea) ragionano su tempi lunghi, puntano a logorare le forze occidentali, mentre lโ€™egemone ha tendenzialmente necessitร  di accelerare i tempi, per evitare che gli avversari si rafforzino troppo, sino a raggiungere un punto in cui non siano piรน rimensionabili.
E questo, a sua volta, ci riporta ad una questione ancor piรน generale. Lo scontro in atto non รจ una lotta per la supremazia tra potenze, nรฉ tantomeno la baggianata propagandistica delle democrazie contro le tirannie, ma uno scontro tra culture diverse, che non solo si organizzano e producono sistemi diversi, ma ragionano in termini diversi. Uno scontro in cui lโ€™occidente si ritiene non soltanto superiore tecnologicamente e/o economicamente, ma proprio culturalmente; si ritiene portatore di una civiltร  superiore, da cui deriva una sorta di diritto egemonico sul mondo.
In questo, il conflitto israelo-iraniano diventa emblematico, opponendo un piccolo paese coloniale, il cui cemento ideologico รจ fornito da un nazionalismo messianico-religioso (il popolo eletto da Dio) ad una civiltร  millenaria, le cui radici affondano allโ€™alba della civilizzazione umana.

2 pensiero su “LA PROMESSA DI TEHERAN”

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