di Martin Jay per Strategic Culture Foundation – traduzione a cura di Old Hunter

Le ammissioni della Nuland dimostrano quanto sia disonesto tutto ciò che i politici occidentali dicono ai loro elettori sull’Ucraina.

L’ammissione è stata scioccante. In un’intervista con un giornalista americano, Victoria Nuland ha ammesso più o meno apertamente che il motivo per cui Boris Johnson è volato a Istanbul alla fine dei colloqui di pace tra Ucraina e Russia è stato quello di far fallire l’accordo, in modo che i produttori di armi statunitensi potessero procedere con i mega affari previsti per rifornire il Paese, allineandolo agli standard della NATO. Secondo Ryan Grim di DropSiteNews, l’accordo di pace – che avrebbe restituito agli ucraini le terre di cui i russi si sono poi impadroniti – avrebbe di fatto reso neutrale l’Ucraina, bloccando i massicci accordi in corso che avrebbero fruttato decine di miliardi di dollari ai produttori di armi statunitensi. L’ammissione è importante per due motivi principali. In primo luogo, dimostra quanto sia falso tutto ciò che i politici occidentali raccontano ai loro elettori sull’Ucraina. Certo, c’è una motivazione ideologica per cui l’America e i suoi alleati vogliono colpire Putin, ma non è molto convincente e, nella migliore delle ipotesi, appare sempre più debole con il passare dei mesi e degli anni. I senatori statunitensi come Lyndsey Graham odiano davvero così tanto i russi? O piuttosto amano molto di più il denaro e traggono profitto da questi mega-affari? Il secondo punto dell’ammissione della Nuland è che getta una lunga ombra sui governi occidentali e sui loro rapporti con il complesso militare industriale e lascia l’osservatore con la sensazione che si è raggiunto un nuovo culmine tra quel settore e le élite al potere. Il primo non fa più pressioni né informa più il secondo, ma lo controlla. Completamente. Un terzo punto, che forse è una parentesi all’intera storia, è che lentamente stiamo vedendo la verità emergere, come un ripugnante escremento liquido che trasuda da un vecchio sacco. E la cosa puzza. Biden è solo l’ennesimo presidente degli Stati Uniti che il complesso militare industriale controlla assieme alle sue sbagliate cosiddette politiche estere, che possono essere riassunte in poche parole: ovunque possibile, andate in guerra. Abbiamo bisogno di guerre. Ma noi occidentali abbiamo morso un boccone più grande di quanto fossimo in grado di masticare. Nei primi giorni dell’invasione russa, l’euforia e la fiducia di Biden e Boris, per non parlare di Macron, erano palpabili. Credevano davvero che la guerra sarebbe finita in poche settimane. E che le sanzioni russe avrebbero fatto crollare l’economia in un periodo di tempo poco più lungo, mettendo in ginocchio Putin. Oggi, nessuno più del presidente ucraino riconosce in privato quanto fossero futili e stupide queste idee. E nessuno più del presidente Zelensky giudica quanto sia superficiale ed egoistica la politica iniziale di entrare in guerra con la Russia. Mettetevi nei suoi panni. Sta contando i giorni che mancano alle elezioni presidenziali americane, chiedendosi: se Trump dovesse vincere, quanti giorni passeranno nel gennaio 2025 prima che The Donald abbia un’altra discussione con lui? Se Trump andrà al potere, il futuro non è chiaro, perché sappiamo dalla storia che Trump è capriccioso, imprevedibile e guidato da idee e valori che pochi riescono a capire, ma che di solito lo riguardano a livello personale. È probabile, tuttavia, che dopo aver ottenuto un cessate il fuoco nella sua prima settimana di regno – che entrambe le parti vogliono, ma che non possono ammetterlo apertamente – sarà molto difficile trovare un accordo su cui entrambi possano essere d’accordo, soprattutto sapendo che la legge marziale, che mantiene Zelensky in carica, finirà, mentre in tempo di pace dovrà indire elezioni presidenziali che sicuramente perderà. Anche Trump lo sa. Il più vecchio amico e il più grande sostenitore di Zelensky è la guerra stessa. Il problema di Zelensky è che è costantemente in “modalità gioco”. Ogni mossa, dichiarazione, decisione e azione sembra essere teatrale. Questo è importante perché, affinché i colloqui di pace siano seri, tutti devono prenderlo sul serio. Ma la sua proposta di pace è uno scherzo. Parlando ad un incontro con la stampa a Riyadh, il Ministro degli Esteri Lavrov ha sottolineato che l’insistenza dell’Occidente nell’attenersi alla cosiddetta “formula di pace” di Zelensky suggerisce che non intende negoziare con Mosca a parità di condizioni, secondo quanto riportato da RT.

L’iniziativa [di Zelensky] è nota da tempo, è diventata una spina nel fianco per tutti, è un puro ultimatum“,  ha detto Lavrov. “Il fatto che l’Occidente si aggrappi a questo ultimatum significa solo una cosa: l’Occidente non vuole negoziare onestamente“,  ha aggiunto il ministro degli Esteri.

Potrebbe avere ragione sul gesto insincero, ma il fatto stesso che il ministro degli Esteri tedesco dichiari pubblicamente che è giunto il momento dei colloqui di pace vuol dire che almeno l’Occidente – e certamente l’Europa – sa che il gioco è giunto al termine e che la trovata dell’ultimo minuto a Kursk finirà in modo orribile per le truppe ucraine. I tedeschi sono stati così entusiasti della guerra per così tanto tempo, pur rimanendo i migliori barboncini per procura degli americani, che hanno lasciato le loro industrie andassero in malora. Secondo i sondaggi, la gente è da molto tempo stanca della guerra. E ora, finalmente, è l’élite politica a voler battere Trump nell’apparire come mediatore di pace. Guardando l’ultimo gruppo di riservisti inviati al fronte a Kursk, qualcuno dovrà inventare una nuova versione della tanto usata espressione “tritacarne”.

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