Aleksandr Dugin sostiene che il crollo del mondo unipolare segna l’inizio di una grande metamorfosi, mentre la luce sbiadita del liberalismo occidentale cede il passo al risveglio di antiche tradizioni, profonde identità di civiltà e alla promessa di un’era vibrante e multipolare ricca di infinite possibilità.
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di Aleksandr Dugin per ARKTOS Journal   –  Traduzione a cura di Old Hunter

Nel numero del 1990/1991 della prestigiosa rivista globalista Foreign Affairs, l’esperto americano Charles Krauthammer pubblicò un articolo programmatico intitolato “Il momento unipolare” 1. In questo lavoro, ha proposto una spiegazione per la fine del mondo bipolare. Dopo il crollo dei paesi del Patto di Varsavia e la disintegrazione dell’Unione Sovietica (che non si era ancora verificata al momento della pubblicazione dell’articolo), sarebbe emerso un nuovo ordine mondiale in cui gli Stati Uniti e l’Occidente collettivo (NATO) sarebbero rimasti l’unico polo di potere, governando il mondo stabilendo regole, norme e leggi, mentre equiparavano i propri interessi e valori a standard universali, globali e obbligatori. Krauthammer ha definito questa egemonia globale de facto dell’Occidente il “momento unipolare”.

Poco dopo, un altro esperto americano, Francis Fukuyama, pubblicò un manifesto simile intitolato “La fine della storia” 2. A differenza di Fukuyama, che dichiarò prematuramente che la vittoria dell’Occidente sul resto dell’umanità era completa e che tutte le nazioni avrebbero da quel momento adottato l’ideologia liberale e accettato gli Stati Uniti e il dominio dell’Occidente, Krauthammer fu più sobrio e cauto. Scelse di parlare di un “momento”, riferendosi a una situazione di fatto nell’equilibrio del potere globale, senza affrettarsi a trarre conclusioni su quanto sarebbe stato durevole o duraturo l’ordine unipolare. I segnali di unipolarità erano evidenti: l’adozione quasi universale del capitalismo, della democrazia parlamentare, dei valori liberali, delle ideologie dei diritti umani, della tecnocrazia, della globalizzazione e della leadership americana. Tuttavia, Krauthammer riconobbe la possibilità che questo stato di cose non fosse permanente ma semplicemente una fase, che avrebbe potuto evolversi in un modello a lungo termine (convalidando la tesi di Fukuyama) o avrebbe potuto invece concludersi, lasciando il posto a un diverso ordine mondiale.

Nel 2002/2003, Krauthammer ha rivisitato la sua tesi in un articolo intitolato “Il momento unipolare rivisitato” 3 pubblicato sulla rivista realista (piuttosto che globalista) National Interest. Questa volta, sosteneva che un decennio dopo, l’unipolarismo si era effettivamente dimostrato un momento, non un ordine mondiale stabile. Suggeriva che presto sarebbero emersi modelli alternativi, alimentati da crescenti tendenze anti-occidentali a livello globale, specialmente nei paesi islamici, in Cina e in una Russia in ripresa sotto la forte guida di Vladimir Putin. Gli eventi successivi confermarono ulteriormente la convinzione di Krauthammer che il momento unipolare fosse finito. Gli Stati Uniti non erano riusciti a consolidare la loro leadership globale, che possedevano realmente negli anni ’90, e il dominio occidentale entrò in una fase di declino. L’opportunità di egemonia globale, che le élite occidentali avevano praticamente tenuto nelle loro mani, fu sprecata. Ora, nella migliore delle ipotesi, l’Occidente avrebbe dovuto partecipare alla costruzione di un mondo multipolare in una veste diversa, senza lottare per l’egemonia, per evitare di essere lasciato del tutto ai margini della storia.

Il discorso di Putin a Monaco del 2007, l’ascesa di Xi Jinping in Cina e la rapida crescita economica del paese, gli eventi del 2008 in Georgia, la rivoluzione di Maidan in Ucraina e la riunificazione della Russia con la Crimea, l’operazione militare speciale del 2022 e la guerra su larga scala in Medio Oriente nel 2023: tutto ciò ha confermato nella pratica che i cauti Krauthammer e Samuel Huntington, che avevano previsto un’era di “scontro di civiltà”4, erano molto più vicine alla verità della visione eccessivamente ottimistica di Fukuyama (per l’Occidente liberale). Oggi, è chiaro a qualsiasi osservatore ragionevole che l’unipolarismo era semplicemente un “momento”, che sta ora cedendo il passo a un nuovo paradigma: la multipolarità o, più cautamente, un “momento multipolare” 5.

Riprendiamo questa discussione per sottolineare l’importanza del concetto di “momento” nell’analisi della politica globale. Rimarrà un punto centrale nella nostra ulteriore analisi.

Momento o no?

Il dibattito se un particolare sistema internazionale, politico o ideologico rappresenti qualcosa di irreversibile o, al contrario, qualcosa di temporaneo, transitorio o instabile, ha una lunga storia. I sostenitori di teorie specifiche spesso affermano con veemenza l’inevitabilità dei loro regimi sociali o trasformazioni preferiti. Al contrario, gli scettici e gli osservatori critici propongono visioni alternative, trattando tali sistemi come semplici momenti.

Questa dinamica è chiaramente visibile nell’esempio del marxismo. Per la teoria liberale, il capitalismo e l’ordine borghese rappresentano il destino dell’umanità: uno stato permanente in cui il mondo diventa uniformemente liberal-capitalista e tutte le persone alla fine si uniscono alla classe media, diventando borghesi. I marxisti, tuttavia, consideravano il capitalismo come un momento storico nello sviluppo. Era necessario per superare il precedente momento feudale, ma sarebbe stato a sua volta sostituito dal socialismo e dal comunismo. Il proletariato avrebbe sostituito la borghesia, la proprietà privata sarebbe stata abolita e l’umanità sarebbe stata composta solo da lavoratori. Per i marxisti, il comunismo non era un momento ma, essenzialmente, la “fine della storia”.

Le rivoluzioni socialiste del XX secolo — in Russia, Cina, Vietnam, Corea, Cuba e altrove — sembravano convalidare il marxismo. Tuttavia, non si verificò una rivoluzione globale e al suo posto emerse un mondo bipolare. Dal 1945 (in seguito alla vittoria congiunta di comunisti e capitalisti sulla Germania nazista) al 1991, coesistevano due sistemi ideologici. Ogni campo sosteneva che l’altro fosse solo un momento, una fase dialettica piuttosto che la fine della storia. I comunisti insistevano sul fatto che il capitalismo sarebbe crollato e il socialismo avrebbe trionfato, mentre gli ideologi liberali sostenevano che il comunismo era una deviazione dal percorso borghese e che il capitalismo sarebbe durato per sempre. La tesi di Fukuyama sulla fine della storia riecheggiava questa convinzione. Nel 1991, sembrava che avesse ragione: il sistema socialista crollò e sia gli stati post-sovietici che la Cina maoista passarono alle economie di mercato, confermando le previsioni liberali.

Alcuni marxisti continuano a sperare che il capitalismo vacillerà, aprendo la strada alla rivoluzione proletaria, ma questo è incerto. Il proletariato globale si sta rimpicciolendo e l’umanità sembra muoversi in una direzione completamente diversa.

I pensatori liberali, tuttavia, hanno abbracciato la visione di Fukuyama, equiparando il comunismo a un momento e proclamando “capitalismo senza fine”. I postmodernisti hanno esplorato i contorni di questa nuova società, proponendo approcci radicali per resistere al capitalismo dall’interno, che vanno dalla trasformazione individuale alle strategie tecnologiche sovversive. Queste idee hanno trovato trazione tra le élite liberali di sinistra negli Stati Uniti, influenzando le politiche sulla cultura woke, la cultura della cancellazione, le agende ecologiche e il transumanesimo. Tuttavia, i sostenitori e i critici del capitalismo vittorioso hanno concordato sul fatto che rappresentasse la fase finale dell’umanità, oltre la quale si trova la post-umanità, come previsto dai futuristi che discutono della “Singolarità”, dove la mortalità umana è sostituita dall’immortalità delle macchine. Benvenuti in Matrix.

Così, nello scontro ideologico, la borghesia trionfò, plasmando il paradigma dominante della “fine della storia”.

Trump come fattore nella storia mondiale

La possibilità stessa di applicare il termine “momento” all’era del trionfo globale del capitalismo, anche dall’interno della sfera intellettuale occidentale (come ha fatto Krauthammer), apre una prospettiva unica che deve ancora essere pienamente esplorata e compresa. L’attuale, evidente crollo della leadership occidentale e l’incapacità dell’Occidente di fungere da arbitro universale dell’autorità legittima potrebbero anche portare una dimensione ideologica? La fine dell’unipolarismo e dell’egemonia occidentale potrebbero segnalare la fine del liberalismo stesso?

Questa idea è supportata da un evento politico critico: l’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti per due mandati. La presidenza di Trump ha rappresentato un sorprendente ripudio del globalismo e del liberalismo, riflettendo l’emergere di una massa critica di insoddisfazione per la direzione ideologica e geopolitica delle élite liberali, persino nel cuore dell’unipolarismo. Inoltre, il vicepresidente scelto da Trump per il suo secondo mandato, JD Vance, si identifica apertamente come un sostenitore del “conservatorismo post-liberale”. Durante le campagne di Trump, il liberalismo è stato costantemente invocato come termine negativo, prendendo di mira specificamente il “liberalismo di sinistra” del Partito Democratico. Tuttavia, tra i circoli più ampi di sostenitori di Trump, il liberalismo è diventato sinonimo di degenerazione, decadenza e corruzione morale dell’élite al potere.

Per la seconda volta nella storia recente, una figura politica apertamente critica del liberalismo ha trionfato nella cittadella stessa dell’ideologia liberale, gli Stati Uniti. Tra i sostenitori di Trump, il liberalismo è arrivato a essere demonizzato apertamente, riflettendo la sua associazione con il declino morale e politico. Pertanto, è sempre più plausibile parlare della fine del “momento liberale”. Il liberalismo, un tempo ritenuto il vincitore finale nel progresso storico, ora appare semplicemente come una fase nel corso più ampio della storia, una fase con un inizio e una fine, limitata dal suo contesto geografico e storico.

Il declino del liberalismo segnala l’emergere di un’ideologia alternativa, un nuovo ordine mondiale e un diverso insieme di valori. Il liberalismo ha dimostrato di non essere il destino, non la fine della storia, né un paradigma irreversibile e universale, ma semplicemente un episodio, un’era con chiari confini temporali e spaziali. Il liberalismo è intrinsecamente legato al modello occidentale di modernità. Mentre ha vinto battaglie ideologiche contro altre forme di modernità, nazionalismo e comunismo, alla fine ha raggiunto la sua conclusione. Insieme a esso, anche il “momento unipolare” descritto da Krauthammer e il più ampio ciclo di singolare dominazione coloniale occidentale sul globo, iniziato con l’era delle grandi scoperte geografiche, è terminato.

L’era post-liberale

L’umanità sta ora entrando in un’era post-liberale. Tuttavia, questa era diverge nettamente dalle aspettative marxiste-comuniste del passato. In primo luogo, il movimento socialista globale è in gran parte svanito e le sue principali roccaforti, l’Unione Sovietica e la Cina, hanno abbandonato le loro forme ortodosse, adottando aspetti del modello liberale in varia misura. In secondo luogo, le principali forze responsabili del crollo del liberalismo sono i valori tradizionali e le profonde identità di civiltà.

L’umanità sta superando il liberalismo non attraverso una fase socialista, materialista o tecnologica, ma rilanciando strati culturali e di civiltà che la modernità occidentale ha ritenuto obsoleti e sradicati. Questo ritorno al premoderno, piuttosto che una continuazione della traiettoria postmoderna radicata nella modernità occidentale, definisce l’essenza del post-liberalismo. Contrariamente alle aspettative del pensiero progressista di sinistra, il post-liberalismo sta emergendo come un rifiuto delle rivendicazioni universali dell’ordine moderno occidentale. Invece, vede l’era moderna come un fenomeno temporaneo, un episodio guidato dalla dipendenza di una cultura specifica dalla forza bruta e dallo sfruttamento tecnologico aggressivo.

Il mondo post-liberale non prevede una continuazione dell’egemonia occidentale, ma un ritorno alla diversità di civiltà, simile all’era precedente alla rapida ascesa dell’Occidente. Il liberalismo, come ultima forma di imperialismo globale occidentale, ha assorbito tutti i principi chiave della modernità europea e li ha spinti ai loro estremi logici: politica di genere, cultura woke, cultura della cancellazione, teoria critica della razza, transumanesimo e quadri postmoderni. La fine del momento liberale segna non solo il crollo del liberalismo, ma anche la conclusione del singolare dominio dell’Occidente nella storia del mondo. È la fine dell’Occidente.

Il momento liberale in Hegel

Il concetto di “fine della storia” è emerso ripetutamente in questa discussione. Ora è necessario rivisitare la teoria stessa. Il termine ha avuto origine con Hegel e il suo significato è radicato nella filosofia di Hegel. Sia Marx che Fukuyama hanno adottato questo concetto (tramite l’hegeliano russo-francese Alexander Kojève), ma lo hanno spogliato dei suoi fondamenti teologici e metafisici.

Nel modello di Hegel, la fine della storia è inseparabile dal suo inizio. All’inizio della storia c’è Dio, nascosto in Sé stesso. Attraverso l’autonegazione, Dio si trasforma in Natura. Nella Natura, la presenza di Dio è latente ma attiva, e questa presenza latente guida l’emergere della storia. La storia, a sua volta, rappresenta lo sviluppo dello Spirito. Società di diversi tipi emergono nel tempo: monarchie tradizionali, democrazie e società civili. Infine, la storia culmina nel grande Impero dello Spirito, dove Dio si manifesta più pienamente nello Stato, non in uno stato qualsiasi, ma in uno stato filosofico guidato dallo Spirito.

In questo contesto, il liberalismo è solo un momento. Segue la dissoluzione degli stati più vecchi e precede la fondazione di un nuovo, vero stato che segna il culmine della storia. Sia i marxisti che i liberali, rifiutando la base teologica di Hegel, hanno ridotto la sua teoria a termini materialisti. Hanno iniziato con la Natura, ignorando la concezione hegeliana di Dio, e hanno concluso con la società civile, il liberalismo, come culmine della storia. Per i liberali come Fukuyama, la storia finisce quando tutta l’umanità diventa una società civile globale. I marxisti, nel frattempo, immaginavano la storia finire con una società comunista senza classi, sebbene rimanesse all’interno del contesto della società civile.

Postmodernismo e monarchia

In questo contesto, l’idea di monarchia acquisisce un significato rinnovato, non come reliquia del passato, ma come potenziale modello per il futuro. L’era globale della democrazia liberale e del repubblicanesimo si è esaurita. Gli sforzi per stabilire una repubblica globale sono falliti. Entro gennaio 2025, questo fallimento sarà definitivamente riconosciuto.

Cosa succederà dopo? I parametri dell’epoca post-liberale restano indefiniti. Tuttavia, il riconoscimento che tutta la modernità europea — la sua scienza, cultura, politica, tecnologia, società e valori — è stata solo un episodio, culminato in una conclusione triste e ingloriosa, suggerisce che il futuro post-liberale sarà radicalmente inaspettato.

Hegel offre un indizio: l’era post-liberale sarà un’era di monarchie. La Russia contemporanea, pur essendo formalmente ancora una democrazia liberale, esibisce già le caratteristiche di una monarchia: un leader popolare, la permanenza dell’autorità suprema e un’enfasi sui valori spirituali, l’identità e la tradizione. Queste sono le basi per una transizione monarchica, non nella forma, ma nell’essenza.

Altre civiltà si stanno muovendo in una direzione simile. L’India sotto Narendra Modi riflette sempre di più l’archetipo di un monarca sacro, un chakravartin, simile al decimo avatar Kalkin, che inaugura la fine di un’epoca oscura. La Cina sotto Xi Jinping dimostra i tratti di un impero confuciano, con Xi che incarna l’archetipo dell’Imperatore Giallo. Anche il mondo islamico potrebbe trovare integrazione attraverso un Califfato modernizzato.

In questo mondo post-liberale, persino gli Stati Uniti potrebbero assistere a una svolta monarchica. Pensatori influenti come Curtis Yarvin hanno a lungo sostenuto la monarchia in America. Personaggi come Donald Trump, con i suoi legami dinastici, potrebbero simboleggiare questo cambiamento.

Un futuro aperto

Il termine “momento liberale” ha implicazioni rivoluzionarie per il pensiero politico. Ciò che un tempo era considerato un destino inevitabile si rivela semplicemente un modello fugace nel più ampio arazzo della storia. Questa consapevolezza apre la porta a un’immaginazione politica sconfinata. Il mondo post-liberale è un mondo di infinite possibilità, dove le tradizioni passate, future e persino dimenticate possono essere riscoperte o reimmaginate.

Così, i dettami deterministici della storia vengono capovolti, annunciando un’era di tempi plurali. Oltre il momento liberale si cela una nuova libertà, con diverse civiltà che tracciano i loro percorsi verso gli orizzonti sconosciuti di un futuro post-liberale.

Aleksandr Dugin

1   Krauthammer, Charles. “Il momento unipolare”, Foreign Affairs , 70.1, 1990/1991, pp. 23-33.

2   Fukuyama, Francis. La fine della storia e l’ultimo uomo . NY: Free Press, 1992.

3   Krauthammer, Charles. “Il momento unipolare rivisitato”, National Interest , 70, 2002/2003, pp. 5-17.

4   Huntington, Samuel. “Lo scontro di civiltà?”, Foreign Affairs , estate 1993, pp. 22-47.

5   Савин Л., Momento Многополярный .

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