Alcune osservazioni in merito all’ormai famosa ordinanza della corte d’appello di Roma sulla scarcerazione del cittadino libico ricercato dalla corte penale internazionale. Si tratta di una fortissima tirata d’orecchi per la Digos di Torino, accusata a ragione dai giudici di avere arrestato il ricercato senza autorizzazione, utilizzando una procedura valida per i ricercati a seguito di mandato di cattura emesso da stati sovrani, non quella valida per i ricercati a seguito di mandato di cattura emesso dalla CPI, completamente diversa. Quest’ultima prevede infatti che l’unico interlocutore per l’Italia verso la CPI sia il Guardasigilli, il quale dovrà coordinarsi con la Corte d’Appello di Roma e, a seguito di ciò, comunicare alla CPI ed alla polizia/carabinieri, il da farsi. Pertanto, la scarcerazione non è dovuta a errore o ritardo del ministro, ex procuratore aggiunto a Venezia per una vita, ma alla necessità di riparare ad un errore dell’ufficio politico della Polizia, che, se non fatto rilevare subito, avrebbe permesso al cittadino libico di fare ricorso, vincerlo e ottenere il risarcimento danni per carcerazione preventiva indebita.

di avv. Tomas Delmonte
NOTA A COMMENTO App. Roma, sez. IV penale, ord. 21.01.2025
La DIGOS di Torino trae in arresto ad inizio gennaio 2025 il Sig. Almasri, cittadino libico, in ossequio al disposto dell’art. 716 c.p.p., che prevede la possibilità che la P.G. tragga in arresto autonomamente un soggetto ricercato, ai fini dell’estradizione nel paese che abbia spiccato il mandato di cattura internazionale.
Ebbene, il provvedimento della Corte d’Appello di Roma che dispone la scarcerazione immediata del cittadino libico ricercato è fondato sul fatto che la DIGOS di Torino non era autorizzata a compiere l’arresto in quanto il mandato di cattura internazionale non era stato spiccato da uno Stato sovrano, ma dalla Corte Penale Internazionale (CPI).
Infatti, l’art. 11 della legge 237/12, che recepisce in Italia lo Statuto della CPI, impone, in caso di mandato di cattura spiccato dalla CPI stessa, la procedura sia diversa da quella prevista dallì’art. 716 c.p.p. ossia la necessaria interlocuzione tra il Guardasigilli, unico competente ai sensi dell’art. 2,comma 1, L. 237/12, a gestire, in nome dell’Italia, i rapporti con la CPI, e la Corte d’Appello di Roma.
Siccome la procedura di arresto su mandato della CPI è speciale rispetto alla normativa ordinaria prevista dal codice di procedura penale, la Corte di Roma giudica inapplicabile al caso specifico la procedura ordinaria seguita dalla DIGOS di Torino e dispone l’immediato rilascio del cittadino libico.
Successivamente, per scelta politica legittima e motivi di ordine pubblico, l’Italia ha deciso di espellere il soggetto, con procedura d’urgenza, attraverso l’accompagnamento coatto in aereo nel paese d’origine.