La leader del partito conservatore inavvertitamente rivela verità taciute, ammettendo che sia Israele che l’Ucraina stanno combattendo per conto dell’Occidente
Jonathan Cook, jonathan-cook.net, 2 giugno 2025 — Traduzione a cura di Old Hunter
Se negli ultimi 20 mesi vi siete chiesti perché i leader britannici di entrambi gli schieramenti abbiano a stento criticato Israele, perfino mentre massacrava e affamava gli oltre due milioni di abitanti di Gaza, la scorsa settimana avete finalmente avuto una risposta.
La leader del partito conservatore Kemi Badenoch ha detto ad alta voce una verità taciuta. Ha dichiarato a Sky: “Israele [a Gaza] sta combattendo una guerra per procura per conto del Regno Unito”.
Secondo la Badenoch, il Regno Unito – e presumibilmente, secondo la sua valutazione, anche le altre potenze occidentali – non si limita a sostenere Israele contro Hamas. Vogliono quella lotta e contribuiscono a dirigerla. Considerano questa lotta di importanza fondamentale per i loro interessi nazionali.
Questo è certamente in linea con quanto abbiamo visto in oltre un anno e mezzo. Sia l’attuale governo laburista del Primo Ministro Keir Starmer, sia il suo predecessore conservatore Tory, Rishi Sunak, sono stati irremovibili nel loro impegno a inviare armi britanniche a Israele, mentre anche gli Stati Uniti e la Germania inviavano armi per contribuire al massacro.
Entrambi i governi hanno utilizzato la base di Akrotiri della Royal Air Force a Cipro per effettuare voli di sorveglianza per aiutare Israele a individuare obiettivi da colpire a Gaza. Entrambi hanno permesso a cittadini britannici di recarsi in Israele per partecipare come soldati al genocidio di Gaza.
Nessuno dei due governi ha sostenuto la causa intentata dal Sudafrica presso la Corte Internazionale di Giustizia, che più di un anno fa ha stabilito che le azioni di Israele potevano essere “plausibilmente” considerate un genocidio.
E nessuno dei due governi ha proposto o tentato di imporre, insieme ad altri stati occidentali, come accaduto in altre recenti “guerre”, una no-fly zone su Gaza per fermare l’assalto omicida di Israele, né si è organizzato con altri per spezzare il blocco israeliano e far arrivare gli aiuti nell’enclave.
In altre parole, entrambi i governi hanno mantenuto fermamente il loro sostegno materiale a Israele, anche se Starmer lo ha recentemente attenuato nei suoi discorsi dopo che le immagini di neonati e bambini piccoli emaciati a Gaza – che ricordano le immagini di bambini ebrei nei campi di sterminio nazisti come Auschwitz – hanno scioccato il mondo.
Un linguaggio criptico

Se la Badenoch ha ragione nel dire che il Regno Unito sta conducendo una guerra per procura a Gaza, questo vuol dire che entrambi i governi britannici sono direttamente responsabili dell’enorme numero di vittime civili palestinesi – che si aggira intorno a decine di migliaia, se non centinaia di migliaia – a causa dei bombardamenti a tappeto di Israele.
Rende inoltre indiscutibile il fatto che il Regno Unito sia complice dell’attuale carestia di massa che sta colpendo più di due milioni di persone, che è effettivamente ciò che la Badenoch ha continuato a insinuare nel linguaggio codificato del dibattito politico.
Riferendosi alle recenti e tardive critiche di Starmer alla fame che Israele sta arrecando all’intera popolazione di Gaza, ha osservato: “Quello che vorrei vedere è che Keir Starmer si assicuri di essere dalla parte giusta dell’interesse nazionale britannico”.
Secondo la Badenoch, la minaccia implicita di Starmer – finora del tutto irrealizzata – di limitare la collusione attiva del Regno Unito nel genocidio per fame della popolazione di Gaza potrebbe danneggiare gli interessi nazionali britannici. In che modo esattamente?
I suoi commenti avrebbero dovuto sorprendere, o almeno sconcertare, l’intervistatore di Sky Trevor Phillips. Ma sono passati inosservati.
Anche la dichiarazione della Badenoch sulla “guerra per procura” è stata ampiamente ignorata dal resto dei media istituzionali britannici. Le pubblicazioni di destra l’hanno notata, ma a quanto pare si sono turbate solo per il suo paragone tra la guerra per procura dell’Occidente a Gaza e quella per procura dell’Occidente in Ucraina.
Ovvero, come ha affermato la leader dell’opposizione: “Israele sta combattendo una guerra per procura per conto del Regno Unito, proprio come l’Ucraina sta combattendo una guerra per conto dell’Europa occidentale contro la Russia”.
Un articolo sullo Spectator, il giornale interno del partito conservatore, ha criticato il suo uso del termine “guerra per procura” per descrivere l’Ucraina, ma sembra aver dato per scontato il riferimento alla guerra per procura a Gaza. James Heale, vicedirettore politico dello Spectator, ha scritto: “Riprendendo inavvertitamente la posizione della Russia sull’Ucraina, la Badenoch ha dato ai suoi avversari un altro bastone con cui colpirla”.
Il Telegraph, un altro quotidiano di tendenza Tory, ha pubblicato un articolo sullo stesso tema, intitolato: “Il Cremlino fa propri i commenti della Badenoch sulla ‘guerra per procura’ in Ucraina”.
Guerre correlate
La mancanza di una risposta alla sua affermazione sulla “guerra per procura” a Gaza suggerisce che questo intendimento in realtà informa gran parte del pensiero nei circoli di politica estera occidentale, anche se lei ha infranto un tabù esprimendolo pubblicamente.
Per capire perché Gaza sia considerata una guerra per procura – una guerra su cui la Gran Bretagna continua a investire moltissimo, anche a costo di un genocidio – bisogna anche capire perché l’Ucraina sia vista in termini simili. Le due “guerre” sono più collegate di quanto possa sembrare.
Nonostante la costernazione dello Spectator e del Telegraph, la Badenoch non è il primo leader britannico a sottolineare che l’Occidente sta combattendo in Ucraina una guerra per procura.
A febbraio, uno dei suoi predecessori, Boris Johnson, aveva commentato il coinvolgimento occidentale nella guerra triennale tra Russia e Ucraina: “Diciamocelo, stiamo combattendo una guerra per procura. Si, stiamo combattendo una guerra per procura. Ma non stiamo dando ai nostri delegati [l’Ucraina] la possibilità di farla”.
Se c’è qualcuno che dovrebbe sapere la verità sull’Ucraina, è proprio Johnson. Dopotutto, era primo ministro quando Mosca invase il suo vicino nel febbraio 2022.
Fu presto inviato da Washington a Kiev, dove pare sia riuscito a convincere con la forza il presidente Volodymyr Zelensky ad abbandonare i colloqui di cessate il fuoco, che erano in fase avanzata e avrebbero potuto portare a una soluzione.
Frontiere offensive
Ci sono buone ragioni per cui Johnson e la Badenoch ritengono che l’Ucraina sia una guerra per procura.
Questo fine settimana, Keith Kellogg, inviato di Donald Trump in Ucraina, ha fatto loro eco. Ha dichiarato a Fox News che il presidente russo Vladimir Putin non aveva torto a considerare quella con l’Ucraina una guerra per procura e che l’Occidente stava agendo da aggressore fornendo armi a Kiev.
Per anni, l’Occidente ha esteso i confini offensivi della NATO verso la Russia, nonostante gli espliciti avvertimenti di Mosca secondo cui questo avrebbe oltrepassato una linea rossa.
Con l’Occidente che minacciava di coinvolgere la vicina Ucraina nella NATO, le risposte russe erano probabilmente solo due. O Putin avrebbe ceduto per primo, considerando la Russia intrappolata militarmente, con missili NATO – potenzialmente nucleari – a pochi minuti da Mosca. Oppure avrebbe reagito in modo preventivo, bloccando l’adesione dell’Ucraina alla NATO con un’invasione.
L’Occidente era convinto di non avere in ogni caso nulla da perdere. Se la Russia avesse invaso l’Ucraina, la NATO avrebbe avuto il pretesto per usarla come teatro di guerra per dissanguare Mosca, sia economicamente con le sanzioni, sia militarmente inondando il campo di battaglia di armi occidentali.
Come sappiamo, Mosca ha scelto di reagire. E mentre in effetti ha perso pesantemente sangue, le forze armate ucraine e le economie europee hanno subito un’emorragia ancora più rapida e massiccia.
Il problema non è tanto la mancanza di armi (l’Occidente ne ha fornite molte), quanto il fatto che l’Ucraina ha esaurito gli uomini disposti a essere mandati nelle fauci della guerra.
L’Occidente, com’è ovvio, non manderà i propri soldati. Una guerra per procura significa che qualcun altro, in questo caso gli ucraini, combatte – e muore – per te.
Tre anni dopo, anche le condizioni per un cessate il fuoco sono cambiate radicalmente. Avendo versato così tanto sangue del proprio popolo, la Russia è molto meno disposta a scendere a compromessi, soprattutto per i territori orientali che ha conquistato e annesso.
Abbiamo toccato il fondo in Ucraina, un punto così profondo che persino il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sembra pronto a tirarsi indietro, proprio perché la NATO, tramite Johnson, ha spinto l’Ucraina a continuare a combattere una guerra impossibile da vincere.
Full-spectrum dominance
Ciononostante, c’era una logica geopolitica, per quanto distorta, nelle azioni in Ucraina dell’Occidente. La Russia che versa il suo sangue, una potenza militare ed economica, è in linea con le priorità aggressive delle cricche neoconservatrici che oggi governano le capitali occidentali, a prescindere dal partito al potere.
I neoconservatori valorizzano quello che un tempo veniva chiamato il complesso militare-industriale. Credono che l’Occidente abbia una superiorità di civiltà rispetto al resto del mondo e debba usare il suo superiore arsenale per sconfiggere, o almeno contenere, qualsiasi stato che si rifiuti di sottomettersi.
Questa è una rivisitazione moderna dei “barbari alle porte”, o come i neoconservatori amano definirlo, “uno scontro di civiltà”. La caduta dell’Occidente equivarrebbe, a loro avviso, a un ritorno ai secoli bui. Siamo probabilmente coinvolti in una lotta per la vita o per la morte.
Negli Stati Uniti, fulcro imperiale di quello che chiamiamo “Occidente”, questo ha giustificato un massiccio investimento nell’industria bellica – o in quella che viene definita “difesa” – perché è più facile da vendere all’opinione pubblica nazionale stanca dell’infinita austerità richiesta per mantenere la superiorità militare.
Le capitali occidentali si professano “polizia globale”, mentre il resto del mondo vede l’Occidente più nei termini di un boss mafioso sociopatico. Comunque la si voglia definire, il Pentagono sta ufficialmente perseguendo una dottrina nota come “full-spectrum dominance”, una dominanza globale, degli Stati Uniti. Dovete sottomettervi – ovvero, lasciateci controllare le risorse mondiali – o ne pagherete il prezzo.
In pratica, una “politica estera” come questa ha necessariamente diviso il mondo in due: coloro che stanno dalla parte del Padrino e coloro che ne sono fuori.
Se non fosse stato possibile contenere e neutralizzare la Russia trasformando l’Ucraina in una base avanzata della NATO alle porte di Mosca, l’Occidente avrebbe dovuto trascinarla in una debilitante guerra per procura che avrebbe neutralizzato la capacità della Russia di allearsi con la Cina contro l’egemonia globale degli Stati Uniti.
Atti di violenza
Questo è ciò che la Badenoch e Johnson intendevano con la guerra per procura in Ucraina. Ma in che modo l’omicidio di massa di civili palestinesi da parte di Israele con bombardamenti a tappeto e carestia programmata può essere considerato una guerra per procura, e a quanto pare a vantaggio del Regno Unito e dell’Occidente, come sostiene la Badenoch?
È interessante notare che la Badenoch ha proposto due motivazioni non del tutto compatibili per giustificare la “guerra” di Israele contro Gaza. Inizialmente, ha dichiarato a Sky che: “Israele sta combattendo una guerra in cui vuole riavere 58 ostaggi che non sono stati restituiti. È di questo che si tratta… Dobbiamo assicurarci di essere dalla parte di chi sradicherà Hamas”.
Ma anche “sradicare Hamas” è difficile da conciliare con gli obiettivi di politica estera britannica. Dopotutto, nonostante il Regno Unito abbia definito Hamas un’organizzazione terroristica, non ha mai attaccato la Gran Bretagna, e ha dichiarato di non avere alcuna intenzione in tal senso ed è improbabile che sia mai in grado di farlo.
Al contrario, è molto più probabile che la distruzione di Gaza da parte di Israele, con l’evidente collusione occidentale, infiammerà le teste calde, spingendole ad atti di violenza casuali o fuorvianti che non possono essere previsti o bloccati: atti di terrorismo simili a quello dell’uomo armato statunitense che ha recentemente ucciso due membri dell’ambasciata israeliana a Washington DC.
Questo potrebbe essere motivo sufficiente per concludere che il Regno Unito dovrebbe prendere le distanze dalle azioni di Israele il più rapidamente possibile, anziché schierarsi fermamente dalla parte di Tel Aviv.
È stato solo quando è stata spinta da Phillips a spiegare la sua posizione che la Badenoch ha cambiato discorso. A quanto pare non si trattava solo degli ostaggi. Ha aggiunto: “Chi finanzia Hamas? L’Iran, un nemico di questo Paese”. Messa alle strette dalla sua stessa logica, si è aggrappata alla comoda copertura neoconservatrice dell’Occidente e ha parlato di “guerra per procura”.
Verità “sconvolgenti”?
Il punto di Badenoch non è passato inosservato a Stephen Pollard, ex direttore del Jewish Chronicle. In un articolo, ha commentato l’intervista a Sky: “La Badenoch ha un atteggiamento incoraggiante nei confronti della verità: dice le cose come stanno, anche se questo non la rende popolare”.
La verità “sconvolgente” della Badenoch è che Israele è tanto centrale nella proiezione del potere occidentale nel Medio Oriente ricco di petrolio quanto lo era più di un secolo fa, quando la Gran Bretagna concepiva la Palestina come una “patria nazionale per il popolo ebraico” al posto della popolazione palestinese nativa.
Dal punto di vista della Gran Bretagna, la guerra di Israele contro Gaza, come ammette la Badenoch, non riguarda principalmente lo “sradicamento di Hamas” o la “restituzione degli ostaggi” presi durante l’attacco del gruppo contro Israele il 7 ottobre 2023.
Si tratta piuttosto di armare Israele per indebolire coloro, come l’Iran e i suoi alleati regionali, che rifiutano di sottomettersi al dominio dell’Occidente sul Medio Oriente o, nel caso dei palestinesi, alla loro stessa espropriazione e cancellazione.
In questo senso, armare Israele non è visto come diverso dall’armare l’Ucraina per indebolire l’influenza russa nell’Europa orientale. Si tratta di contenere i rivali geostrategici dell’Occidente – o i potenziali partner, se non fossero visti esclusivamente attraverso il prisma del “Full-spectrum dominance” occidentale – con la stessa efficacia con cui Israele ha rinchiuso i palestinesi in prigioni e campi di concentramento a Gaza e nella Cisgiordania occupata.
Questa strategia mira a scongiurare il pericolo che un giorno Russia, Cina, Iran e altri paesi possano unirsi efficacemente per estromettere gli Stati Uniti e i loro alleati dalla loro roccaforte fortificata. Alleanze come i BRICS sono viste come un potenziale veicolo per un simile attacco al predominio occidentale.
A prescindere dalla retorica, le capitali occidentali non si preoccupano principalmente delle minacce militari o “civilizzatrici”. Non temono di essere invase o conquistate dai loro “nemici”. Anzi, i loro comportamenti sconsiderati in luoghi come l’Ucraina rendono più probabile un catastrofico scontro nucleare.
Ciò che guida la politica estera occidentale è il desiderio di mantenere il primato economico globale. E terrorizzare gli altri stati con la superiore potenza militare dell’Occidente è visto come l’unico modo per garantire tale primato.
Non c’è nulla di nuovo nei timori dell’Occidente, né di parte. Le divergenze all’interno delle istituzioni occidentali non vertono mai sulla questione se l’Occidente debba affermare un “dominio a spettro completo” in tutto il mondo per mezzo di stati clienti come Israele e Ucraina. Piuttosto, emergono divisioni tra fazioni su quali elementi all’interno di questi Stati clienti l’Occidente dovrebbe scegliere per allearsi più strettamente.
Politica “canaglia”
La questione delle alleanze è stata particolarmente delicata nel caso di Israele, dove le fazioni di estrema destra e gli estremisti religiosi nel governo hanno una visione quasi messianica del loro posto e ruolo in Medio Oriente. Il primo ministro Benjamin Netanyahu e molti dei suoi più stretti collaboratori cercano da decenni di manovrare gli Stati Uniti affinché sferrino un attacco contro l’Iran, non da ultimo per eliminare il principale rivale di Israele in Medio Oriente e garantire per sempre il suo primato regionale in termini di armi nucleari.
Finora, Netanyahu non ha trovato candidati adatti alla Casa Bianca. Ma questo non gli ha impedito di provarci. È ampiamente noto che sia impegnato a fondo nei tentativi di spingere Trump a unirsi all’attacco contro l’Iran, nel bel mezzo dei colloqui tra Washington e Teheran.
Per molti anni, i falchi britannici sembrano aver giocato un ruolo importante in queste manovre. Nel recente passato, almeno due ambiziosi ministri del governo britannico di destra sono stati sorpresi a cercare di ingraziarsi gli elementi più belligeranti dell’apparato di sicurezza israeliano.
Nel 2017, Priti Patel è stata costretta a dimettersi da segretario allo Sviluppo internazionale dopo che si è scoperto che aveva tenuto 12 incontri segreti con alti funzionari israeliani, tra cui Netanyahu, mentre si presumeva fosse in vacanza con la famiglia. Ha avuto anche altri incontri non ufficiali con funzionari israeliani a New York e Londra.
Sei anni prima, anche l’allora Segretario alla Difesa Liam Fox dovette dimettersi dopo una serie di incontri poco chiari con funzionari israeliani. Il ministero di Fox era noto anche per aver elaborato piani dettagliati per l’assistenza britannica in caso di un attacco militare statunitense all’Iran, tra cui la possibilità per gli americani di utilizzare Diego Garcia, un territorio britannico nell’Oceano Indiano.
All’epoca, anonimi funzionari governativi dichiararono al Guardian che Fox stava perseguendo una politica governativa “alternativa”. L’ex diplomatico britannico Craig Murray fu più diretto: le sue fonti all’interno del governo suggerirono che Fox stesse cospirando con Israele in una politica estera “canaglia” nei confronti dell’Iran, contraria agli obiettivi dichiarati della Gran Bretagna.
La scena del crimine
I comportamenti dell’Occidente sono determinati da motivazioni ideologiche, non razionali o morali. La natura compulsiva e autolesionista del sostegno occidentale al genocidio israeliano a Gaza non è diversa – sebbene molto più grave – dalla natura autolesionista delle sue azioni in Ucraina.
L’Occidente ha perso la battaglia contro la Russia, ma si rifiuta di imparare o adattarsi. E ha sprecato tutta la legittimità morale che gli rimaneva per sostenere un occupante militare israeliano intenzionato a far morire di fame milioni di persone, se non possono essere prima espulse etnicamente in Egitto.
Netanyahu non è stato la mascotte militare facile da comprare e coccolare che Zelensky si è rivelato essere in Ucraina.
Mentre il sostegno a Kiev potrebbe almeno essere presentato come uno schieramento dalla parte giusta in uno scontro di civiltà con una Russia barbara, quello a Israele non fa che smascherare l’ipocrisia dell’Occidente, la sua adorazione del potere fine a sé stesso e i suoi istinti psicopatici.
Il sostegno al genocidio di Israele ha azzerato la pretesa di superiorità morale dell’Occidente, fatta eccezione per i suoi più illusi seguaci. Purtroppo, tra questi rientrano ancora gran parte delle istituzioni politiche e mediatiche occidentali, la cui unica giustificazione è quella di evangelizzare il sistema di credenze che presiedono, sostenendo che sia il più degno della storia.
Alcuni, come Starmer, stanno cercando di moderare la loro retorica nel disperato tentativo di proteggere il sistema moralmente fallito che li ha investiti del potere.
Altri, come la Badenoch, sono ancora così affascinati dal culto di una superiorità dell’Occidente da non accorgersi dell’assurdità delle loro invettive contro chiunque non sia come loro rapito da devozione. Invece di prendere le distanze dalle atrocità di Israele, è lieta di mettere sé stessa – e il Regno Unito – sulla scena del crimine.
Le opinioni pubbliche occidentali sono ormai prive di peso. Ora è il momento di chiederne pienamente conto ai nostri leader.