LA CORSA PER SALVARE SAN SIRO

DiSonia Milone

29 Agosto 2025
È una corsa contro il tempo quella dei milanesi per salvare lo stadio Meazza. Il 10 novembre scatta il vincolo della Sovrintendenza per la sua tutela che viene imposto in automatico dopo 70 anni dalla creazione di un bene culturale. Ciò impedirebbe di abbatterne una parte e di modificarlo, come prevede invece il nuovo progetto.

Il comune di Milano, proprietario dell’impianto, è infatti in trattativa con le due squadre della città, Inter e Milan, che a marzo avevano fatto un’offerta per comprare lo stadio e la zona circostante. La trattativa doveva essere chiusa entro la fine di luglio, ma lo scandalo urbanistico milanese ha portato il sindaco Beppe Sala a rimandare la decisione sul destino di San Siro a settembre.

Può una giunta devastatrice e abusatrice del suolo pubblico, di fatto già delegittimata politicamente perché seriamente sospettata di essere “asservita alle utilità di una cerchia ristretta elitaria di soggetti” in un “sistema gravemente corruttivo che ha come risultato lo svilimento dell’interesse pubblico” nella totale “degenerazione della gestione urbanistica” (parole della Procura [1]), assumersi la responsabilità di abbattere uno dei monumenti simbolo di Milano? E per di più a pochi giorni dalla sua dichiarazione di bene culturale?

Abbiamo già visto la fine che ha fatto il Villaggio Olimpico di Milano-Cortina 2026, bloccato dalla Procura. Da quel che sappiamo, per ora, la trattativa sul Meazza non è coinvolta nell’inchiesta, ma con un sindaco indagato, un assessore all’Urbanistica e un presidente della Commissione Paesaggio già agli arresti domiciliari, non è il caso di essere ottimisti, che a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca quasi sempre… Anche perché la torta dell’affare Meazza è grande, e parecchio, e riguarda un intero quartiere quale è quello di San Siro, “fragile” secondo la prospettiva dei moderni picconatori e gendrificatori,, perché ancora caratterizzato da una residenza mista, oltre che concernere la costruzione dei due nuovi stadi previsti alle porte della città.

Il problema, però, non è questo. La vera questione è il fatto che si sia pensato di alienare lo stadio perché “vecchio”. Siamo di fronte a un problema culturale enorme che scambia per sviluppo urbano la distruzione di tutto ciò che ha una storia, una memoria, un significato collettivo per la città sostituendolo con nuova, indiscriminata, cementificazione, avvenga essa secondo procedure legali o no.

Eppure, non è questa la cultura italiana del progetto che ha una storia di grande autorevolezza in tema di tutela e conservazione e che teorizza lo sviluppo armonioso delle nuove costruzioni nel rispetto di quelle esistenti.

San Siro è nel cuore e nello skyline di tutti i milanesi, anche di quelli disinteressati al calcio. Non è semplicemente un luogo sportivo simbolo di un secolo di storia del calcio italiano e mondiale, ma è un luogo di costume e società che ha raccontato Milano nel Novecento.

Ed è, inoltre, un esempio di architettura sportiva d’eccellenza, uno degli stadi più belli del mondo, un capolavoro ingegneristico del XX secolo che ha saputo rinnovarsi rispettando le strutture preesistenti, leggibili strato dopo strato quasi come in una matrioska architettonica. E’ quindi anche il simbolo di quella cultura del progetto che ha reso famosa Milano nel mondo e di quel saper fare che ha portato ha rinnovare lo stadio per ben quattro volte in tempi brevi senza mai interrompere i campionati.

Edificato nel 1926 vicino all’Ippodromo, l’impianto sportivo è stato voluto da Piero Pirelli (figlio di Giovan Battista Pirelli, fondatore dell’omonima azienda produttrice di pneumatici) come stadio del Milan di cui era presidente (l’Inter giocava all’Arena Civica).

Il progetto è firmato dall’ingegnere Alberto Cugini e dall’architetto Ulisse Stacchini, autore in quegli stessi anni della Stazione Centrale con la sua splendida galleria coperta dell’atrio, ispirata al gusto Art Nouveau dell’epoca, stile con cui il progettista aveva tratteggiato i profili di tanti edifici residenziali milanesi.

Verso la fine degli anni Trenta le due squadre della città iniziano a ottenere risultati positivi e un buon seguito di pubblico e lo stadio entra quindi nelle attenzioni dei progetti sportivi del comune che lo acquista dal Milan nel 1935 e ne progetta l’ampliamento con la costruzione di quattro curve di raccordo con tribune ad opera dell’ingegner Bertera e dell’architetto Perlasca. Con una capienza salita a 60-65mila lo Stadio San Siro risulta l’impianto più grande del mondo, record detenuto fino al 1950.

Nel secondo dopoguerra, il calcio diventa la grande passione degli italiani e, dopo aver discusso se costruire un nuovo stadio, si opta infine per la conservazione e ristrutturazione del Meazza. Il progetto viene affidato all’ing. Calzolari e all’arch. Ronca (1955) e prevede il mantenimento del catino esistente e la costruzione del secondo anello di gradinata a sbalzo che si regge staticamente su un fascio di rampe elicoidali che avvolge esternamente la struttura originale. Si tratta di uno slancio architettonico di enorme valore, realizzato con un virtuoso impegno di cantiere in soli 500 giorni di lavoro permettendo il continuo svolgersi delle partite senza alcun disagio. Nel 1957 viene realizzato l’impianto di illuminazione, il primo d’Italia per le partite in notturna. Si arriva così ad avere 85 mila posti disponibili, 60 mila dei quali a sedere.

Lo stadio, così rinnovato, diventerà quello dell’epica calcistica di Rivera e di Mazzola, dei nebbioni durante le partite, delle centinaia di automobili parcheggiate nel piazzale o del via vai continuo dei tram nelle domeniche d’altri tempi.

L’ultimo grande intervento del Meazza avviene in occasione dei Mondiali del 1990 giocati in Italia. Anche in questo caso, come già nel 1956, gli architetti Ragazzi e Hoffer intervengono nel rispetto della struttura esistente che viene “abbracciata” dai nuovi elementi. Le undici torri cilindriche a rampa elicoidale vengono addossate all’esterno e fungono da unico supporto per il nuovo terzo anello che si sviluppa su tre lati dello stadio. Viene aggiunta anche la copertura che si erge sulle quattro torri angolari principali ed è sostenuta da un sistema di travi reticolari rosse che, da quel momento, diventano il nuovo segno iconico dello stadio. I lavori si svolgono senza mai chiudere l’impianto.

Il terzo anello ha una pendenza di 37° senza eguali in Europa, paragonabile solo all’anello superiore dell’Estadio Mestalla di Valencia o il quinto anello dell’Estadio Bernabéu di Madrid. E’ una sorta di binocolo architettonico, infatti, fra i campioni di tutto il mondo gira la voce che per giocare di fronte ai tifosi di San Siro occorre avere una grande personalità.

Nel 1980 lo stadio viene intitolato a Giovanni Meazza, il più grande calciatore milanese di sempre, ed è stato, inoltre, il primo impianto in Italia, nel 1996, ad ospitare al suo interno il Museo del calcio.

Nel frattempo i comitati cittadini sono in lotta. Già a maggio il Comitato SìMeazza aveva raccolto contro l’abbattimento dello stadio 542 firme di architetti, ingegneri, docenti universitari, liberi professionisti,, giornalisti e artisti fra cui quella del regista inglese Ken Loach. 

Di recente, 200 professori universitari di tutta Italia (gli stessi che si erano schierati contro la legge Salva Milano) hanno sottoscritto un appello indirizzato a sindaco, giunta e consiglieri comunali di Milano e a tutte le istituzioni pubbliche italiane chiedendo di bloccare la vendita di San Siro e di ripensare da capo l’idea di città attuale (sono ).

I comitati cittadini avevano già presentato in passato due esposti alla procura per contestare l’abbattimento portando anche delle fotografie del 1954 che dimostrerebbero che il secondo anello dello stadio veniva usato dagli spettatori già allora. Se così fosse, il vincolo sarebbe già scattato dall’anno scorso, senza dover aspettare il prossimo 10 novembre.

Dopo il rigetto della Sovrintendenza secondo la quale negli anni Cinquanta il secondo anello veniva utilizzato dagli spettatori mentre i lavori erano ancora in corso, prima quindi del suo collaudo e dell’inaugurazione ufficiale, i cittadini hanno fatto ricorso al TAR chiedendo che la trattativa venisse intanto sospesa. A giugno il TAR ha respinto la richiesta di sospensiva, autorizzando il comune ad andare avanti poiché “ci sono seri dubbi sulla ammissibilità dei ricorsi”.

Ricorso quindi annullato per dei “dubbi” da parte di un tribunale amministrativo!

Noi di dubbi, invece, non ne abbiamo più.


NOTE

  1. S. Milone, I grandi picconatori: Milano S.p.A. Città bene comune
  2. S. Milone, Green, digitale, neoliberale. La città del XXI secolo fra Onu, Ue e Silicon Valley
  3. S. Milone, Negoziocidio. Chiudono due negozi al giorno mentre Amazon vola (anche con i droni)
  4. S. Milone, A modo nostro: Italia capitale mondiale del design

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