Dietro ogni azione politica e ogni mancata azione si nasconde una visione del mondo.

di Lama El Horr, chinabeyondthewall.org, 1 novembre 2025 — Tradotto a cura di Gino Maria Panzeroni Langerhans
Dietro ogni azione politica e ogni mancata azione si cela una visione del mondo.
Dalle parole infuocate della Palestina, di Haiti, del Congo, del Sudan, del Sahara occidentale, della Somalia e dello Yemen, alla sanguinosa repressione di Mosca, Pechino, Teheran, L’Avana, Managua e Caracas, chi può guardare al mondo di oggi senza rimanere colpito dalle sue disfunzioni croniche e organiche?
Di fronte all’intensità del male che ci affligge, è dovere di tutti noi – leader mondiali, accademici, aziende, media, artisti, cittadini comuni – agire e incoraggiare l’azione per contrastare queste calamità, anche se ciò significa prendere la strada delle parabole, delle leggende e degli eroi immaginari.
Il neutralismo o la sfera delle certezze
“Scegliere tra il male minore” è un’espressione comune usata per descrivere l’impossibilità di scegliere tra due opzioni ugualmente insoddisfacenti. È così che alcune persone vedono l’alternativa tra il blocco atlantico e il mondo multipolare: dopotutto, questi neutralisti credono che la politica sia violenta, indipendentemente da chi siano gli attori, e che i nuovi arrivati nell’arena del potere mostreranno inevitabilmente lo stesso cinismo di coloro che hanno criticato. In altre parole, per questi sostenitori del “tutto è uguale”, la Cina e i suoi partner nella SCO, nei BRICS e nel Sud del mondo sono destinati a riprodurre il modello colonialista delle potenze imperialiste occidentali, che lo vogliano o no.
Possiamo denunciare immediatamente l’ipocrisia insita in questa affermazione. Spacciando l’idea disfattista secondo cui è inutile cercare di cambiare l’ordine internazionale perché siamo tutti creati a immagine dell’imperialismo occidentale, i fautori di questo neutralismo stanno, in realtà, servendo gli interessi egemonici del blocco atlantico, respingendo qualsiasi prospettiva di un ordine mondiale più equo e persino sminuendo l’importanza di rendere conto degli innumerevoli crimini commessi. Ricordiamo inoltre a questi “neutralisti” che, a differenza di quanto avvenne durante la Guerra Fredda, quando il Movimento dei Paesi Non Allineati fu istituito per scongiurare la guerra, oggi, al contrario, i cosiddetti paesi occidentali “neutrali”, come Svizzera, Svezia e Finlandia, hanno visto la loro “neutralità” dissolversi al primo fischio di Washington.
Ma quando si tratta di Russia e Cina, fatti e logica cessano di avere importanza. Le certezze diventano un’erba infestante. Si può ripetere a questi seguaci del “Sei di uno, mezza dozzina dell’altro” che la Cina ha subito devastanti invasioni da parte delle potenze occidentali e del Giappone, che l’hanno mantenuta tecnologicamente arretrata e sottosviluppata per tutto il “Secolo dell’Umiliazione”; che poi ha lavorato per sviluppare la sua popolazione tramite il lavoro, non attraverso guerre di aggressione e saccheggio; che ha compiuto l’impresa di far uscire 800 milioni di persone dalla povertà, mentre gli imperi occidentali hanno precipitato centinaia di milioni di persone nella miseria e nell’inferno della guerra; che ha ribadito in tutti i suoi piani politici sin dall’indipendenza che il paese rifiuta qualsiasi dominio egemonico sul mondo. Ebbene, nonostante tutto ciò, ribatteranno senza battere ciglio che l’egemonia che la Cina non è riuscita a stabilire in passato, cercherà di stabilirla in futuro. Insomma, stiamo attenti a non turbare la tranquillità della sfera delle certezze.
Neutralismo paralitico vs. dubbio metodico
Per analogia inversa, ritroviamo la stessa paralisi nell’asino di Buridano, la cui incapacità di scegliere tra fame e sete lo condanna infine a morire di entrambe. Un destino che ricorda l’esitazione della Vecchia Europa, paralizzata tra il suo vitale bisogno di indipendenza da Washington e la sua dipendenza dall’ombrello di sicurezza americano. A causa del continuo procrastinare, i paesi europei si sono trovati sottoposti a un rafforzamento del controllo americano, come era prevedibile .
Questa situazione illustra la crisi strutturale e multidimensionale che attanaglia il blocco europeo, che manca gravemente di immaginazione per affrontare le sue debolezze sistemiche: nessuna risorsa strategica, nessuna sicurezza indipendente, un’unità in rovina, una diplomazia ridotta a proteggere crimini di genocidio, una deindustrializzazione dilagante, un debito che cresce a dismisura al ritmo dei tamburi di guerra e un sfacciato calpestare i valori democratici, tutto in nome della democrazia. Se l’élite europea, controllata a distanza da Washington, vede solo la prospettiva di una guerra con la Russia, è perché, in fondo, ammette di aver esaurito le altre opzioni di sopravvivenza.
Ma questa situazione dimostra soprattutto che rimandare perpetuamente la presa in carico del proprio destino finisce per privare l’individuo della capacità di proteggere i propri interessi. Afflitta dall’espansionismo della NATO ai suoi confini, la Russia, nell’inverno del 2022, ha compreso in tempo che la sua inazione, se prolungata, le avrebbe fatto perdere l’integrità territoriale, la sovranità e persino l’identità. Altre potenze emergenti, consapevoli di essere nel mirino dell’Asse dell’Egemone Caduto, potrebbero essere indotte a emulare l’esperienza di Mosca.
In definitiva, è importante tenere presente che il dubbio metodico, per quanto indispensabile, si trasforma in neutralità paralizzante se non conduce a una scelta decisa, seguita da azioni concrete. Se i leader europei, per mancanza di iniziativa, hanno lasciato che gli istinti egemonici di Washington si scatenassero, devono sopportarne le conseguenze di fronte ai loro popoli, per porre fine al ritornello cacofonico di un’Europa per metà libera e per metà vassalla.
Il dilemma di Amleto e i nostri tempi
Più coraggioso, Amleto riesce a fare una scelta attraverso un processo di eliminazione: “Chi sopporterebbe lo squallore di questa vita se non fosse per la paura dell’altra terra della morte, da cui nessun viaggiatore è mai tornato?“. Al termine di questa riflessione di portata universale – essere o non essere – l’eroe shakespeariano sceglie di rassegnarsi allo squallore che conosce, per paura di doverne sopportare altri, ancora più insopportabili. Il monologo di Amleto trae la sua forza dalla semplificazione dell’enigma, dove “essere” diventa sinonimo di “terra conosciuta” e “non essere ” di “terra inesplorata”. Così, il dilemma di Amleto è diventato il simbolo della necessità per l’umanità di rassegnarsi alle sventure presenti, per quanto crudeli possano essere.
Eravamo a questo punto, per così dire, fin dalle meditazioni del Principe di Danimarca, quando la nostra epoca – una prima dai tempi moderni – ha iniziato a riesaminare il dilemma shakespeariano. Impercettibilmente, negli ultimi vent’anni, una nuova realtà ha preso piede: le turpitudini della vita sotto il giogo atlantista sono diventate così insopportabili, così contrarie alla sopravvivenza stessa dell’umanità, che la maggior parte dei paesi del mondo si è, in un certo senso, “rivoluzionata”, optando per l’avventura dell’ignoto – relegando il coraggio di Amleto al periodo sedentario della Storia.
È vero che queste nuove realtà sono difficili da comprendere per le popolazioni occidentali, indottrinate come sono da un terrorismo mediatico implacabile il cui scopo è distorcere la realtà, facendo credere alla gente che i propri interessi siano gli stessi del complesso militare-industriale dell’oligarchia atlantista. Senza dubbio, il popolo palestinese, dal bambino più piccolo amputato senza anestesia agli anziani che vagano senza cibo sotto le bombe occidentali, compresi gli uomini selvaggiamente torturati, violentati e folgorati per aver osato chiedere la propria libertà, possiede una comprensione del mondo molto più sofisticata di questi autoproclamati difensori dei diritti umani, suprematisti che cercano di schiavizzare, attraverso la pulizia etnica e lo sterminio se necessario, popoli che anelano alla libertà.
In definitiva, nella sua meditazione – per quanto bella, non è questo il punto – Amleto non pensava a noi: la realtà innegabile e irreversibile del nostro tempo è che la maggior parte dei paesi del mondo, dall’Africa all’Eurasia all’America Latina, ha deciso di abbandonare la nave dell’unipolarismo per l’ignoto – qualunque nome si voglia dare a questo ignoto: SCO, BRICS, BRI, Sud del mondo, Mondo multipolare, Comunità di destino per l’umanità…
