Di Keith Woods su keithwoods.pub – traduzione a cura di Old Hunter

Dall’elezione del governo conservatore di Margaret Thatcher nel 1979, la Gran Bretagna ha vissuto un grande esperimento. Dal punto di vista economico, il Regno Unito è diventato l’esempio del neoliberismo in Europa. Dal punto di vista politico, il Regno Unito si è silenziosamente trasformato in uno Stato post-nazionale, subendo una delle più grandi trasformazioni demografiche dell’Occidente. Sebbene la vittoria schiacciante del “New Labour” di Tony Blair nel 1997 potesse sembrare un ritorno al modello di socialdemocrazia europea che la Gran Bretagna aveva esemplificato dopo la Seconda Guerra Mondiale, la “Terza Via” di Blair ha piuttosto rappresentato l’abbraccio del neoliberismo da parte della sinistra dell’establishment, ben riassunto dalla dichiarazione del loro portavoce Peter Mandelson secondo cui “ora siamo tutti Thatcheristi”. Sotto la guida del Partito Conservatore e del New Labour, la Gran Bretagna è passata da una tradizionale potenza industriale e manifatturiera a un’economia di rentier altamente finanziarizzata. Gli effetti sono stati profondi. Il britannico medio sta molto peggio e intere regioni sono state trascurate, mentre Londra è diventata un centro in piena espansione della finanza internazionale. Il Regno Unito è stato denazionalizzato da decenni di immigrazione di massa e di una sinistra culturale ed è diventato il primo esempio di “anarco-tirannia”, dove lo Stato punisce con estrema severità i reati minori e gli atti di dissenso contro il consenso liberale, mentre nelle grandi città la criminalità grave è fuori controllo.

Il regime dei rentier

La trasformazione fondamentale dell’economia britannica a partire dagli anni Ottanta è il passaggio da un’economia che produceva cose a un’economia che produceva denaro. Fino ad allora, la potenza economica della Gran Bretagna era stata incentrata sull’industria manifatturiera. La Gran Bretagna è stata il luogo di nascita della rivoluzione industriale e la duplice espansione sia dell’impero coloniale che i rapidi progressi dell’ingegneria hanno permesso la creazione di una vasta rete commerciale, in cui le colonie fornivano le materie prime e al contempo i mercati per la produzione britannica. Le città del nord dell’Inghilterra, come Manchester, Sheffield e Newcastle, divennero centri di produzione al servizio del mondo. La Gran Bretagna è passata da un capitalismo imprenditoriale a un capitalismo dei rentier: un sistema economico organizzato attorno a beni che generano un reddito [passivo, ndt]. In questo sistema, la proprietà di beni scarsi e ricercati – terra, risorse naturali, proprietà intellettuale – è la fonte di una parte significativa dell’attività economica e il sistema è dominato dai rentier più ricchi. La ricchezza si costruisce intorno all’avere piuttosto che al fare. Nel suo libro Rentier Capitalism, il geografo economico Brett Christophers ha dimostrato che gli effetti principali delle riforme dell’era Thatcher sono stati quelli di aprire ai rentier nuovi flussi di reddito che hanno avuto pochi o nessun effetto produttivo. Da allora il modello è stato quello di privilegiare l’accumulazione da parte dei rentier rispetto all’investimento in attività economiche produttive. La quota del PIL britannico proveniente dal settore manifatturiero era del 32% nel 1973, oggi è inferiore al 9%. Oggi il Regno Unito produce molto denaro, ma non molto altro. Sin dal primo governo Thatcher, una serie di sviluppi ha potenziato i rentier e tolto potere gli affittuari: seguendo le prescrizioni monetariste della scuola economica di Chicago, il governo Thatcher ha privatizzato grandi quantità di beni pubblici e ha deregolamentato i mercati finanziari, consentendo una massiccia crescita del credito fruttifero (il debito delle famiglie è aumentato dal 37% al 70% del PIL sotto la Thatcher). Le grandi scoperte di petrolio e gas nel Mare del Nord britannico, così come l’emergere di nuove tecnologie e piattaforme digitali in grado di generare rendite, hanno portato all’incremento dei portafogli dei rentier. I governi che si sono succeduti hanno modificato la politica fiscale per favorire i rentier. Ad esempio, nel 2016 il governo conservatore ha introdotto il “Patent Box”, che ha permesso alle aziende di pagare un’imposta sulle società sostanzialmente più bassa, pari a solo il 10%, sui profitti ottenuti dalla proprietà intellettuale. A beneficiarne sono stati soprattutto colossi aziendali come GlaxoSmithKline, l’azienda farmaceutica britannica che ha dichiarato che questo cambiamento le ha permesso di tenere per sé stessa 458 milioni di sterline in più all’anno. Il Regno Unito è stato anche il primo governo a fare da apripista ai Partenariati Pubblico-Privati, in base ai quali i servizi e le infrastrutture pubbliche vengono affidati a società private per la riscossione dei canoni di locazione, anche se gran parte del rischio finanziario rimane a carico dello Stato. Questi schemi di PPP non solo hanno portato a enormi guadagni per le società private che li gestiscono, ma hanno dimostrato più volte di costare al governo più che se finanziasse direttamente i progetti pubblici. Un rapporto sul “disastro dei PPP nel Regno Unito” osserva che:

Dal 1992 i PPP hanno prodotto asset pubblici con un valore di capitale di 71 miliardi di $. Il governo del Regno Unito pagherà più di cinque volte tale importo in base ai termini dei PPP utilizzati per crearli.

Non solo, ma gran parte di questa gigantesca estrazione di rendite dal Tesoro britannico a favore della finanza privata viene delocalizzata ed evita la tassazione. Nel 2011, la commissione per i conti pubblici del Regno Unito ha riferito che gli investitori stavano estraendo enormi profitti dai contribuenti britannici acquistando contratti per scuole e ospedali finanziati tramite PPP e portando i proventi all’estero. La commissione ha riferito che molti appaltatori di PPP hanno sede in paradisi fiscali offshore, mettendo in ridicolo l’assunto del Tesoro britannico secondo cui questi appaltatori sarebbero stati d’aiuto per l’economia britannica pagando le tasse. Il governo Thatcher ha anche concesso condizioni estremamente generose alle compagnie petrolifere che estraevano il petrolio del Mare del Nord britannico. La scoperta di abbondanti riserve di petrolio e gas nel Mare del Nord può avere il merito di aver finanziato il boom economico degli anni ’80, contribuendo a mascherare la contrazione che in quel periodo si stava verificando nell’economia reale. Ma mentre Paesi come la Norvegia hanno usato i redditi delle grandi scoperte petrolifere in investimenti a lungo termine come i fondi sovrani, il governo della Thatcher li ha utilizzati per finanziare tagli alle aliquote più alte dell’imposta sul reddito. Un economista ha stimato che se il 3% del reddito nazionale generato dalla estrazione di petrolio e gas fosse stato investito in attività ultra sicure, nel 2008 avrebbe avuto un valore prudenziale di 450 miliardi di sterline. Invece, questo denaro è stato utilizzato per finanziare una grande distribuzione di denaro a favore dei più ricchi della società britannica, gran parte del quale è stato poi nuovamente investito in attività immobiliari e utilizzato per gonfiare quel solo mercato, anziché stimolare una reale crescita economica. La privatizzazione, la deregolamentazione e la finanziarizzazione hanno portato la Gran Bretagna a diventare, secondo le parole del Financial Times, un “paradiso dei rentier”. Nel frattempo, questa trasformazione e l’enorme trasferimento di ricchezza che ha comportato sono stati sovvenzionati dai cittadini britannici, la maggior parte dei quali ha visto un tenore di vita in calo o stagnante per decenni. Il Regno Unito è un regime di rentier: tutte le politiche condotte a partire dagli anni ’80 possono essere intese come favorevoli ai rentier, anche (e spesso) a spese dell’interesse nazionale.

Il buco nero finanziario di Londra

Londra è stata storicamente la sede della finanza e del governo britannico, ma sotto la Thatcher l’economia finanziarizzata ha iniziato a sganciarsi sempre più dall’economia tradizionale, diventando al contempo la forza trainante della crescita economica del nuovo modello. I livelli più alti del governo britannico e la Banca d’Inghilterra si trovarono a servire sempre più gli interessi dell’élite finanziaria londinese. Il nuovo modello adottato in Gran Bretagna era:

Molto influenzato da persone con un’esperienza nei mercati finanziari. Sapevano molto della City e dei mercati dei capitali, ma relativamente poco delle industrie manifatturiere e regionali. Per loro i mercati riguardavano solo le transazioni, non la produzione, il lavoro o i materiali. Per loro l’industria faceva parte di uno spazio estraneo che stava invecchiando. Il loro nuovo mondo era la finanza [1].

Il grafico che segue dimostra l’esplosione dei servizi finanziari con sede a Londra nel fornire la crescita all’economia britannica

A Londra, oltre a consentire la crescita dei servizi finanziari, la deregolamentazione dei successivi governi Thatcher e Blair ha reso la città un enorme centro di speculazione. Gli immobili londinesi sono diventati per le élite mondiali un bene particolarmente popolare su cui speculare. Nel 2015 è stato riferito che gli acquirenti non residenti nei sei anni precedenti hanno speso oltre 100 miliardi di sterline in immobili del Regno Unito. Gli acquirenti stranieri rappresentano oggi il 41% dell’attività sul mercato immobiliare londinese. Molte delle proprietà residenziali di alto livello acquistate dagli oligarchi sono lasciate vuote: a Londra ci sono oltre 34.000 case classificate come “sfitte a lungo termine”. Sapendo che Londra è un centro finanziario in piena espansione e la principale destinazione dei super ricchi del mondo, si potrebbe pensare che questo sia un bene assoluto per l’economia del Regno Unito. Ma è evidente che il centro finanziario di Londra è diventato un buco nero per il resto della Gran Bretagna e per la sua economia più tradizionale. Era opinione diffusa tra i riformatori neoliberisti che una crescita del settore finanziario avrebbe portato benefici ad altri settori dell’economia: non solo più denaro che fluttua alla ricerca di opportunità di investimento, ma un settore finanziario più ampio significa più conoscenze in circolazione sui mercati che studia, mercati più efficienti e quindi investimenti più efficaci. Dopo il crollo finanziario del 2008, si è appreso molto che mette in discussione questa ipotesi.

Uno studio del 2015 della BRI, la Banca dei Regolamenti Internazionali, ha concluso che:

La crescita del sistema finanziario di un paese è un freno alla crescita della produttività. Vale a dire, una crescita più elevata nel settore finanziario riduce la crescita reale. In altre parole, i boom finanziari non sono, in generale, un fattore di crescita, probabilmente perché il settore finanziario compete per le risorse con il resto dell’economia [2].

Riferendosi specificamente alla Gran Bretagna, gli autori di The Finance Curse scrivono che:

La “finanziarizzazione” ha estromesso la produzione e i servizi non finanziari, ha privato il governo di personale qualificato, ha consolidato le disparità regionali, ha favorito la ricerca di rendite finanziarie su larga scala, ha accresciuto la dipendenza economica, ha aumentato la disuguaglianza, ha contribuito a privare del diritto di voto la maggioranza ed esposto l’economia a crisi violente. La Gran Bretagna è soggetta alla “presa di possesso del paese” con l’economia limitata dalla finanza e la politica e i media sotto la sua influenza [3].

Nel 2018, un trio di economisti ha provato a quantificare il costo di questa “maledizione finanziaria”. Hanno concluso che in un periodo di soli 20 anni, dal 1995 al 2015, l’eccessiva finanziarizzazione è costata all’economia del Regno Unito 4,5 trilioni di sterline in crescita non realizzata [4].

La deregulation ha anche consentito al Regno Unito di diventare un centro globale per le frodi finanziarie. Un rapporto del 2016 ha stimato che le frodi finanziarie costano al Regno Unito 193 miliardi di sterline all’anno, più dell’intero bilancio del National Health Service. Margaret Hodge, ex capo del Public Accounts Committee del Regno Unito, ha definito la Gran Bretagna come “il paese di scelta per ogni cleptocrate, truffatore e despota del mondo”. In un caso di alto profilo che ha dimostrato questo ruolo che attualmente Londra svolge, la città era al centro di un massiccio schema di riciclaggio di denaro russo in cui gli insider russi hanno riciclato fino a 80 miliardi di dollari in denaro sporco, facendolo passare attraverso società fittizie registrate a Londra.

La City di Londra, il distretto finanziario deregolamentato e semi-indipendente di Londra, è anche al centro dell’economia mondiale dello “shadow banking”, che si stima rappresenti la metà delle attività mondiali. La Gran Bretagna ha creato, a partire dagli anni ’50, un ecosistema finanziario profondamente complesso che sfrutta giurisdizioni britanniche offshore deregolamentate come le Isole Cayman e Jersey, che consentono ai super ricchi del mondo di nascondere la propria ricchezza e le proprie attività commerciali da tasse e regole. La deregolamentazione da parte del governo britannico del “mercato dell’eurodollaro” del trading offshore, fatta consapevolmente in un periodo di declino coloniale britannico per cercare di mantenere il potere finanziario del Paese, ha permesso alla City di Londra di diventare “il principale centro nevralgico del più oscuro sistema offshore globale che nasconde e custodisce la ricchezza rubata del mondo”. La City di Londra trae quindi vantaggio dal privare il mondo di centinaia di miliardi di dollari in tasse evase e dall’agevolare frodi e inganni su larga scala. Un modo non considerato in cui la finanziarizzazione trascina il resto dell’economia è il modo in cui lo Stato rinunciatario tratta la valuta nazionale. Il tentativo di fare della Gran Bretagna un centro di afflusso di denaro estero ha fatto sì che i governi che si sono succeduti volessero una sterlina “forte” o sopravvalutata rispetto alle altre valute. L’effetto di questa sterlina sopravvalutata ha contribuito in modo sostanziale al declino dell’industria manifatturiera britannica: chi esporta risente di una valuta sopravvalutata, poiché i suoi prodotti diventano meno accessibili dagli altri Paesi. Dal 1950 al 1970, la quota della Gran Bretagna nel settore manifatturiero mondiale è scesa dal 25% al 10%. Mentre questo fenomeno è stato spesso presentato come una caratteristica inevitabile della modernizzazione, nello stesso periodo la Germania ha aumentato la sua quota dal 7% al 20% [5]. La differenza fondamentale è che in Germania le politiche monetarie sono state consapevolmente impostate per favorire la crescita dell’industria, mentre la Gran Bretagna ha trattato gli interessi industriali come subordinati a quelli della finanza e delle banche. Affidandosi alla finanza per sostituire la crescita economica un tempo garantita dalla produzione industriale e dall’innovazione, la Gran Bretagna ha seguito il corso di altri grandi imperi. Anche precedenti egemoni capitalistici, come Genova e i Paesi Bassi, hanno incoraggiato la speculazione finanziaria e hanno cercato di costruire le loro economie sull’usura quando è iniziato il loro declino. In Gran Bretagna, questo ha permesso al paese di mantenere un livello di potenza economica a cui i suoi cittadini erano abituati, ma si tratta di una situazione precaria. L’economista Philip Pilkington spiega come funziona questa relazione con la finanza internazionale:

Alla Gran Bretagna è consentito avere grandi deficit commerciali perché i suoi partner nel commercio sono desiderosi di detenere asset finanziari domiciliati in Gran Bretagna. Ciò a sua volta consente ai britannici di vivere al di sopra delle proprie possibilità. Gli stranieri inviano alla Gran Bretagna beni che altrimenti non sarebbero in grado di permettersi, la Gran Bretagna offre sterline in cambio e gli stranieri, invece di riversarle sui mercati valutari, abbassandone così il valore e rendendo i beni meno accessibili ai britannici, acquistano asset finanziari britannici. La Gran Bretagna è un paese potenzialmente a basso reddito che vive la vita di un paese ad alto reddito e l’intero teatrino è tenuto in piedi dai finanzieri della City. Un accordo intelligente, ma chiaramente instabile.

C’è già motivo di pensare che questa relazione precaria sia in pericolo. I ricchi stanno fuggendo dal Regno Unito in massa: 9.500 milionari sono destinati a lasciare il Regno Unito nel 2024. Il Regno Unito è nel mondo dietro solo alla Cina per emigrazione di milionari, ma la supera pro capite di un fattore 14. Allo stesso tempo, molte dei principali operatori dell’economia britannica vengono venduti a capitali americani. Blackrock ha appena concluso un accordo per acquisire il fornitore di dati britannico Preqin per 3,2 miliardi di dollari. Per economisti come Pilkington, questa è un’altra fase del lungo declino e ritiro della Gran Bretagna dalla scena mondiale, il consolidamento finale di un accordo postbellico che ha reso il Regno Unito un partner subordinato agli Stati Uniti:

Negli anni Ottanta e Novanta, la Gran Bretagna è riuscita a ritagliarsi un posto nel mondo diventando un importante centro finanziario. Ma è risaputo da tempo che la City di Londra è solo un avamposto di Wall Street. Dalla crisi finanziaria del 2008, la City ha perso importanza con sempre più aziende britanniche quotate alla Borsa di New York. Ora l’economia britannica finanziarizzata viene attivamente usata come arma contro il paese per spogliare le sue aziende di asset e farle diventare di proprietà americana.

Lasciati alle spalle

Un articolo  del 2022 del Financial Times ha dipinto un quadro desolante della realtà economica della maggior parte dei britannici, mascherata da misure popolari di salute economica come il PIL. Sebbene la Gran Bretagna abbia molti ricchi, la persona media non è molto benestante rispetto ad altri Paesi sviluppati. In effetti, la fascia di famiglie con il reddito più basso in Gran Bretagna risulta star peggio del 20% rispetto alle loro controparti in Slovenia. Anche la classe media britannica sta rapidamente diminuendo il proprio tenore di vita rispetto al resto d’Europa:

Nel 2007, la famiglia media del Regno Unito era in condizioni peggiori dell’8 percento rispetto ai suoi omologhi nell’Europa nord-occidentale, ma da allora il deficit è aumentato a un record del 20 percento. Con le tendenze attuali, la famiglia media slovena entro il 2024 sarà in condizioni migliori rispetto alla sua controparte britannica, e la famiglia media polacca andrà avanti prima della fine del decennio.

La Gran Bretagna è, secondo le parole degli autori, un paese povero con alcune persone molto ricche. Un altro modo per dire che la Gran Bretagna è un paese povero con una regione molto ricca. I dati presentati dallo stesso autore dimostrano che se Londra venisse rimossa dalla classifica toglierebbe il 14% agli standard di vita medi britannici, abbastanza per lasciare il resto della Gran Bretagna più povero di qualsiasi stato degli Stati Uniti.

Ciò riflette quanto il declino generale della Gran Bretagna sia stato mascherato dalla crescita del capitalismo finanziario. L’economia britannica è stagnante dalla crisi finanziaria del 2008. Nel periodo successivo, i salari reali sono diminuiti del 3%. Per fare un confronto, i salari reali in Germania sono cresciuti di quasi il 9% nello stesso periodo. A ciò si è aggiunta una crisi del costo della vita e un’inflazione persistentemente elevata dal 2021, nonché un aumento del costo degli affitti. Più di un terzo delle persone in Gran Bretagna spende più della metà del proprio reddito in affitto, l’80% ne spende più di un terzo. Anche in questo caso, il passaggio a un’economia rentier è stato devastante. Nelle elezioni generali che le valsero il potere nel 1979, una delle promesse più popolari di Margaret Thatcher fu il “Right to Buy” [Diritto di Acquisto], che prometteva a oltre 5 milioni di inquilini di case popolari il diritto di acquistare la propria casa dalle autorità locali a prezzi molto ridotti. Lo sconto medio ottenuto da coloro che si avvalsero del programma fu del 44%, un affare incredibile considerando quanto sarebbe aumentato poi il valore di molte di queste case considerando che nell’Inghilterra meridionale nel 1981 la valutazione media di una proprietà con diritto di acquisto era di poco inferiore a £ 20.000. La maggior parte delle vendite fu finanziata tramite prestiti. Questa politica incarnava l’etica della Thatcher come nessun’altra, offrendo risorse pubbliche a prezzi scontati, finanziate dal credito privato, e instillando nei milioni di nuovi proprietari di case uno spirito di individualismo e di indipendenza dal welfare state. Nel decennio successivo, gli affitti sono aumentati in modo sostanziale per coloro che non si sono avvalsi del Diritto di Acquisto. In effetti, gli affittuari più poveri sovvenzionavano, tramite affitti più alti, la capacità dei loro vicini più ricchi di diventare proprietari di casa. Dopo il “Diritto di Acquisto”, il numero di alloggi sociali disponibili è crollato, così come la costruzione di questo genere di case. Il 40% degli ex appartamenti comunali venduti grazie al diritto di acquisto sono ora proprietà private in affitto. Così, mentre i britannici di classe medio-bassa hanno potuto sperimentare la proprietà di una casa a prezzi accessibili negli anni ’80, milioni di giovani vivono oggi nella precarietà abitativa, costretti a vivere in alloggi privati con affitti troppo costosi e senza alcuna speranza di potersi permettere una casa. Il programma ha anche tolto potere alle autorità locali, che ora possono fare ben poco per risolvere i problemi abitativi se non rivolgersi al governo di Londra. Si è trattato di uno dei più grandi programmi di privatizzazione mai intrapresi, un passo importante nella transizione verso un’economia di rendita e un classico esempio di politici che incassano guadagni a breve termine a scapito di preoccupazioni a lungo termine. Proprio come l’elargizione di denaro dal petrolio del Mare del Nord, il governo della Thatcher ha sottratto un beneficio alle generazioni future per ottenere un’abbondanza a breve termine. Naturalmente, nessuna crisi abitativa può essere spiegata solo guardando all’offerta, e l’edilizia abitativa è uno dei settori dell’economia più chiaramente colpiti da decenni di immigrazione di massa.

Lo Stato delle immigrazioni

Ho scritto in precedenza sulla trasformazione demografica della Gran Bretagna a causa dell’immigrazione di massa. Non ripeterò l’analisi presentata in quell’occasione, ma in questo contesto vale la pena discutere di come la trasformazione della Gran Bretagna in uno Stato per immigrati sia andata di pari passo con l’abbraccio del neoliberismo. La sinistra in Gran Bretagna, come nel resto d’Europa, ha voluto presentare una narrazione della Gran Bretagna come un Paese storicamente multiculturale. Allo stesso tempo, la destra dissidente, concentrandosi sui cambiamenti radicali che hanno interessato l’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, a volte non si rende conto di quanto siano recenti i cambiamenti demografici radicali delle nazioni europee. Gli anni ’80 …L’immigrazione netta nel Regno Unito è esplosa sotto il governo del New Labour dopo il 1997, e ha continuato con i governi conservatori successivi a partire dal 2010, ora a un massimo storico. Ciò è stato in gran parte guidato da ideologie, come ha ammesso l’ex consigliere del Labour Andrew Neather, il cui partito voleva far sbattere il naso alla destra sulla diversità e “rendere il Regno Unito veramente multiculturale”. Ma l’adesione del New Labour alle prescrizioni economiche neoliberiste ha anche guidato questo nuovo approccio all’immigrazione, poiché il Labour si è spostato dalla sua tradizionale visione economico-keynesiana per dare priorità alla flessibilità del mercato del lavoro e alla contro-inflazione. I rappresentanti del Labour hanno parlato della migrazione di massa delle persone come parte necessaria della vita in un’economia globale e finanziarizzata, paragonandola alla libera circolazione dei capitali. Un consigliere speciale del partito ha riflettuto sul cambiamento nella politica sull’immigrazione come proveniente da un:

il riorientamento della politica economica del centro-sinistra, che si è allontanato dalla gestione keynesiana della domanda per abbracciare più esplicitamente la globalizzazione, si è orientato in modo più deciso anche verso l’immigrazione. L’enfasi sulle competenze, sull’istruzione e sull’apertura ai mercati globali ha fatto sì che ci fossero persone più aperte alle argomentazioni sul fatto che l’immigrazione è una componente importante di un’economia di successo [6].

Ciò che era nato come politica del New Labour è diventato in Gran Bretagna un consenso trasversale. L’immigrazione netta è stata di 685.000 persone nel 2022. Mentre una delle principali motivazioni per molti di coloro che hanno votato per lasciare l’Unione Europea era l’opposizione all’immigrazione di massa, i conservatori hanno risposto aumentando l’immigrazione. Di fatto, il principale risultato sull’immigrazione della Brexit è stato semplicemente quello di scambiare gli immigrati dell’UE con immigrati extracomunitari ancora più culturalmente incompatibili.

Parrebbe che, dopo decenni di tradimenti, gli elettori preoccupati per l’immigrazione siano finalmente disposti ad abbandonare in massa il Partito Conservatore. A questo punto, però, il cambiamento della demografia britannica è stato enorme. Il censimento del 2021 di Inghilterra e Galles ha mostrato che 10 milioni di persone, ovvero un sesto della popolazione, sono nate fuori del Regno Unito. Nel 2010, il demografo David Coleman ha prodotto un’analisi che prevedeva che i britannici bianchi sarebbero diventati una minoranza entro il 2066. Poiché l’immigrazione è aumentata notevolmente da allora, questa cifra può probabilmente essere rivista in molto meno tempo. Lo status di minoranza è già una realtà quotidiana per molti britannici bianchi, che ora sono una minoranza in grandi città come Manchester, Birmingham, Leicester e Londra, dove due terzi dei residenti della capitale sono minoranze etniche.

Anarco-tirannia

Un’altra caratteristica distintiva dello Stato britannico postnazionale è l’anarco-tirannia, il crescente crollo della capacità dello Stato di mantenere la legge e l’ordine e la sua incapacità di perseguire i crimini più elementari, combinati con la sempre più tirannica sorveglianza della società civile e la soppressione di libertà un tempo date per scontate. La polizia britannica è ora più incompetente che mai: un’indagine sulla loro capacità di investigare sui crimini ha scoperto che più della metà delle forze prese in considerazione non è riuscita a soddisfare gli standard di base. Nessuno dei 43 corpi di polizia analizzati ha raggiunto la categoria più alta di “eccezionale”. La maggior parte dei britannici non si aspetta più che la polizia indaghi su crimini come rapine o furti di biciclette e molti non si preoccupano più di denunciare questo tipo di crimini. Questa è un’ipotesi corretta: tra il 2015 e il 2023 in Inghilterra e Galles la percentuale di crimini che hanno portato il colpevole a essere catturato dalla polizia e portato in tribunale è scesa dal 16% al 5,7%. La polizia ora risolve meno del 3% dei furti con scasso. La maggior parte dei criminali ha poche possibilità di affrontare una punizione nel Regno Unito. In compenso, lo Stato ha dimostrato di essere assolutamente impegnato a controllare i discorsi dei britannici bianchi, soprattutto se riguardano la critica al pluralismo liberale multirazziale. Un articolo del 2017 sul The Telegraph ha riferito che più di 3.300 persone sono state arrestate e interrogate l’anno precedente per “trolling” [messaggi offensivi] sui social media e altri forum online. Due esempi particolarmente eclatanti di questo tipo di controllo si sono verificati nel 2018: prima, una donna di 19 anni è stata condannata per aver inviato un messaggio “grossolanamente offensivo” dopo aver pubblicato testi rap che includevano parole che esprimevano crimini d’odio sulla sua pagina Instagram. Poi, lo YouTuber Count Dankula è stato dichiarato colpevole di un crimine d’odio per aver pubblicato un video che mostrava il suo carlino che alzava la zampa in quello che lui aveva definito un saluto nazista. La polizia britannica monitora anche gli “incidenti d’odio non criminali”, incoraggiando il pubblico a segnalare se si offende per il discorso di qualcuno sulla base delle sue “caratteristiche protette”. La polizia è stata istruita che nel caso di queste segnalazioni “la vittima non deve giustificare o fornire prove delle proprie convinzioni, e gli ufficiali e il personale di polizia non devono contestare direttamente questa percezione”. Quasi 120.000 di questi incidenti sono stati registrati durante 5 anni dal 2014 al 2019. La maggiore azione tirannica è stata riservata ai nazionalisti. Quest’anno Sam Melia, attivista e organizzatore di Alternativa patriottica, è stato condannato a due anni di carcere per “incitamento all’odio razziale”. Melia aveva creato un gruppo chiamato Hundred Handers su Telegram, che pubblicava grafiche che i membri potevano scaricare e stampare come adesivi. Gli adesivi contenevano messaggi come “è giusto essere bianchi”, “ama la tua nazione” e “stop alle bande di stupratori anti-bianchi”. L’accusa ha utilizzato materiali trovati durante una perquisizione della casa di Melia, come un libro di Oswald Mosley, come “segni evidenti dell’ideologia di Melia che sosteneva il suo desiderio di diffondere le sue opinioni razziste in modo deliberato”. Pertanto, il materiale di lettura privato di Melia è stato utilizzato come prova del fatto che nutriva opinioni che l’accusa considerava razziste. Al processo stesso, l’accusa ha riconosciuto che il linguaggio sugli adesivi era lecito, ma era stato prodotto come un corpus di opere destinate a fomentare l’odio razziale. La giuria è stata anche istruita a ignorare qualsiasi considerazione sul fatto che le affermazioni sugli adesivi fossero effettivamente vere, poiché la verità non è una difesa in casi come questo. La giuria ha debitamente dichiarato Melia colpevole, dopo di che è stato condannato a due anni di prigione. Gli impegni ideologici degli amministratori dello Stato britannico non li hanno solo indotti a prendere di mira i dissidenti politici, ma anche a nascondere crimini su larga scala. Ora sappiamo che la polizia britannica e le istituzioni statali hanno ignorato e contribuito a nascondere il più grande scandalo di abusi sessuali su minori nella storia britannica, con una serie di “gang di adescamento” di pedofili composti da uomini asiatici, per lo più pakistani, ignorati per anni. Un rapporto sul peggiore di questi, nella città di Rotherham nel South Yorkshire, ha scoperto che 1.400 bambini sono stati abusati sessualmente dal 1997 al 2013, prevalentemente da uomini di origine pakistana. Ha rivelato che il personale del consiglio e altri erano a conoscenza degli abusi ma hanno chiuso un occhio su ciò che stava accadendo e si sono rifiutati di identificare i colpevoli per paura di essere etichettati come razzisti. Alla stessa conclusione si è giunti dopo un’indagine durata 8 anni condotta dall’Independent Inquiry into Child Sexual Abuse, che ha scoperto che le bande di adescatori esistevano ancora in tutto il Paese, ma che le indagini su di esse erano ancora ostacolate dal timore delle autorità di perseguire così tanti criminali non bianchi.

La fine?

Pubblico questo articolo il 4 luglio 2024, giorno delle elezioni generali nel Regno Unito. Quando leggerete questo articolo, è probabile che il Partito Conservatore abbia subito la sua peggiore sconfitta elettorale di sempre, consegnando una maggioranza schiacciante al Partito Laburista. Decenni di tradimento della loro base di elettori patriottici li hanno portati a un punto di stanchezza assoluta. Il consenso neoliberale Thatcher-Blair-Cameron che ha governato la Gran Bretagna per quasi mezzo secolo ha trasformato il Paese da nazione orgogliosa e coesa in una zona economica post-nazionale, sempre più asservita al capitale finanziario americano e in uno stato di declino terminale. Le prospettive di inversione di queste tendenze sono scarse, soprattutto se il potere politico passerà a una sinistra altrettanto impegnata nella diversità e nella repressione del sentimento patriottico. Ma lasciare il partito conservatore nella pattumiera della storia potrebbe essere l’inizio di una riaffermazione di ciò che resta delle nazioni inglese, scozzese e gallese.

Note e Riferimenti

  1. Davis, Aeron. Bankruptcy, bubbles and bailouts: The inside history of the Treasury since 1976. Manchester University Press, 2022. Pg. 82-83.
  2. Cecchetti, Stephen G., and Enisse Kharroubi. “Why does credit growth crowd out real economic growth?.” The Manchester School 87 (2019): 1-28.
  3. Christensen, John, Nick Shaxson, and Duncan Wigan. “The finance curse: Britain and the world economy.” The British Journal of Politics and International Relations 18, no. 1 (2016): 255-269.
  4. Baker, Andrew, Gerald Epstein, and Juan Montecino. “The UK’s finance curse? Costs and processes.” SPERI report (2018).
  5. Eglene, Ophelia. Banking on Sterling: Britain’s Independence from the Euro Zone. Lexington Books, 2011.
  6. Quoted in Consterdine, Erica. Labour’s immigration policy: the making of the migration state. Springer, 2017. Pg. 130

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