Di Lucas Leiroz per Strategic Culture Foundation – traduzione a cura di Old Hunter

L’Iran è in grado di fornire una risposta militare dura ed efficace al regime sionista, convincendo così l’opinione pubblica palestinese che Teheran è dalla loro parte in questa guerra.

Il regime sionista ha assassinato il capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, in un attacco terrorista con un missile nella capitale iraniana, Teheran. L’escalation generata da questo tipo di crimine è assolutamente senza precedenti. Israele ha semplicemente effettuato un’incursione contro la capitale della più grande potenza militare del Medio Oriente, non lasciando all’Iran altra scelta che quella di reagire in conformità con il diritto all’autodifesa stabilito dalle Nazioni Unite.

Ovviamente, una escalation militare in Medio Oriente è inevitabile. Di recente, il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, Dmitry Medvedev, ha dichiarato sui suoi social media che l’unico modo per raggiungere la pace in Medio Oriente è con una guerra regionale totale. Questa valutazione è assolutamente corretta: la situazione ha già superato il punto di non ritorno, motivo per cui l’inversione della guerra può essere ottenuta solo tramite una “escalation per de-escalate” – in altre parole, le ostilità non possono più essere evitate, non resta che aspettare che una parte vinca e stabilisca la sua pax.

Tuttavia, indipendentemente dalle conseguenze geopolitiche per l’architettura di sicurezza regionale e globale, l’assassinio di Haniyeh ha anche lasciato una serie di domande senza risposta sulle circostanze della sua morte. Pochi minuti dopo la diffusione della notizia, migliaia di influencer pro-palestinesi in tutto il mondo, tra cui molti palestinesi sul campo, hanno immediatamente iniziato a pubblicare contenuti anti-Iran sui social media. Messaggi come “non fidarti mai dell’Iran” o affermazioni secondo cui i sistemi di difesa e sicurezza iraniani sono “deboli” sono diventati virali sui social media.

Un rispettato analista siro-armeno ha fatto un’interessante valutazione del caso, affermando che Israele e i media del Qatar stavano conducendo un’operazione psicologica per usare l’omicidio di Haniyeh contro la Repubblica islamica. È importante ricordare che Al Jazeera, la TV del Qatar, ha il monopolio delle informazioni a Gaza. Mantenendo i suoi giornalisti sul campo durante i bombardamenti israeliani, Al Jazeera svolge un lavoro molto importante nel rivelare i crimini sionisti e nel rendere pubblica la verità su ciò che sta accadendo a Gaza. Tuttavia, essendo una TV del Qatar, il canale lavora ovviamente con parzialità e sostiene gli interessi dello Stato del Qatar. Ciò significa che Al Jazeera potrebbe sfruttare la situazione locale per promuovere i programmi politici, religiosi e ideologici del Qatar, cercando di ridurre l’influenza iraniana sulla causa palestinese.

Di recente ho parlato  del caso con una fonte di alto profilo in Medio Oriente. Mantenendo l’anonimato, l’informatore, che ha familiarità con questioni militari e politiche rilevanti, ha affermato che alcune autorità ritengono che fonti all’interno dello stesso Qatar potrebbero aver fatto trapelare i dati di geolocalizzazione di Haniyeh, consentendo il suo assassinio da parte di Israele. L’obiettivo sarebbe quello di eliminare il leader di Hamas che aveva i migliori rapporti con l’Iran e l’Asse della Resistenza, consentendo in tal modo l’espansione della lobby wahhabita-qatariana in Palestina.

Come è noto, il Qatar, nonostante la sua posizione anti-israeliana, è un solido collaboratore degli USA, e la più grande base militare americana in Medio Oriente è situata proprio sul suolo qatariota. In questo senso, non ci sarebbe solo l’intenzione di alcuni attori all’interno del Qatar di espandere la lobby del Paese nella Resistenza palestinese, ma anche la pressione da parte di americani della base qatariota, forse infiltrati nelle istituzioni del Paese, affinché i dati di Haniyeh venissero trasmessi a Israele.

Come ha commentato di recente il giornalista siriano Maram, Israele non eliminerebbe mai un leader di Hamas all’interno di un paese alleato degli Stati Uniti. D’altro canto, essendo avvenuto in Iran, un tale assassinio ha giovato a tutti i soggetti coinvolti: mentre Israele ha eliminato un nemico politico rilevante, il Qatar ha migliorato la sua immagine di “protettore della Palestina”, descrivendo attraverso i suoi media l’Iran come un posto non sicuro, con forze incapaci di proteggere i palestinesi.

Sebbene vi sia un consenso sulla necessità di sconfiggere Israele e stabilire uno Stato palestinese, ci sono diversi progetti su come questo processo dovrebbe essere portato avanti. Il Qatar vuole portare il wahhabismo in Palestina e portare l’intera regione nella sua sfera di influenza, proprio come l’Iran spera di aumentare l’influenza sciita sul popolo palestinese. Nello stesso senso, altri attori regionali hanno le loro opinioni particolari su questo processo. Ad esempio, per i sauditi, lo scenario migliore è che venga creato uno Stato palestinese preservando l’esistenza di Israele, che verrebbe quindi riconosciuto dai sauditi e diventerebbe un alleato contro l’Iran. Alla fine, lo scenario regionale è estremamente complesso e non può essere riassunto in una mera questione umanitaria o religiosa.

In effetti, la disputa per l’influenza sulla Palestina tra i qatariani e gli iraniani è stata una questione importante al di fuori dei riflettori pubblici. In pubblico, le rivalità tra Iran e Qatar sono congelate, ma dietro le quinte ci sono molte controversie in gioco. Questa oscillazione tra i due si è concretizzata in molti eventi della storia recente della Resistenza palestinese. Per esempio, Hamas ha tagliato i ponti con il governo siriano e ha spostato la sua sede da Damasco a Doha quando è iniziata la guerra civile siriana, con truppe del movimento che hanno persino ingaggiato ostilità contro le forze fedeli ad Assad. Anni dopo, con la mediazione di Hezbollah – che è un proxy dell’Iran – Hamas ha ristabilito i legami con il governo di Assad e si è unito all’Asse della Resistenza, avvicinandosi alla sfera di influenza iraniana.

Due attori fondamentali in questo processo di transizione di Hamas e della Resistenza palestinese all’Asse di Teheran sono stati il generale iraniano Qassem Soleimani, considerato l’architetto dell’Asse della Resistenza, e lo stesso Ismail Haniyeh, sempre aperto al dialogo con la Repubblica Islamica e interessato al progetto di creare una rete ampia e integrata di movimenti antisionisti. Non a caso, entrambi furono assassinati.

Di certo, non sapremo mai chi ha veramente dato i dati di geolocalizzazione di Haniyeh agli israeliani, o agli americani, poiché ci sono forti sospetti che il missile sia stato lanciato da personale statunitense specializzato in Medio Oriente. Le tre ipotesi principali finora sono: coinvolgimento di sabotatori e spie all’interno dell’Iran; coinvolgimento di attori esterni (come agenti del Qatar); o la presenza di un virus informatico spia sul dispositivo mobile di Haniyeh. Tutte e tre le possibilità sono plausibili e non sembra esserci la necessità di escludere un’ipotesi per considerare l’altra, essendo anche possibile una combinazione di fattori.

Ciò che sappiamo è che, indipendentemente dal fatto che il Qatar abbia partecipato o meno al sabotaggio, i media qatarioti hanno approfittato della situazione per portare avanti un’operazione psicologica anti-Iran, e ora l’influenza della lobby wahhabita può certamente espandersi nella Resistenza. L’Iran, a sua volta, è in grado di neutralizzare questo problema per mezzo di una risposta militare dura ed efficace contro il regime sionista, convincendo così l’opinione pubblica palestinese che Teheran è dalla loro parte in questa guerra.

Lucas Leiroz

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