CONTRO I MULINI A VENTO. LA SARDEGNA INSORGE CONTRO L’ASSALTO SPECULATIVO DELLE MULTINAZIONALI VERDI

DiSonia Milone

31 Agosto 2024

Venti di guerra in Sardegna. L’isola è sotto l’attacco di un vero e proprio uragano generato dall’assalto speculativo delle multinazionali del capitalismo verde. Al ritmo di 30/40 nuove richieste di concessioni di impianti eolici e fotovoltaici alla settimana, i progetti presentati al 30 giugno 2024 erano già 824 (secondo i dati ufficiali forniti dalla Regione), che in totale corrispondono a 54,39 GW , ossia ad una potenza trenta volte superiore a quella che servirebbe per garantire il fabbisogno elettrico della Sardegna. (1) Un’eccedenza di energia che non può essere consumata sull’Isola, che ha già il 38% di energia prodotta in più rispetto alla propria autosufficienza, nè può essere trasportata verso la Penisola neppure quando entrerà in funzione il “Thyrreniam Link” dato che l’eletroddotto sottomarino avrà una potenza complessiva di circa duemila MW, nè può essere conservata non essendoci impianti appropriati. E tuttavia questo surplus, anche se non utilizzato, dovrà comunque essere pagato con soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti.


Girano a tutta velocità le eliche delle multinazionali, degli oligarchi del cielo, dei predatori del sole e del vento, per spazzare via a 120 Km/orari un patrimonio ambientale e culturale unico: con 10.000 siti censiti, la Sardegna vanta il più alto numero di monumenti archeologici al mondo; con 340 specie di uccelli, l’isola ospita il 74% dell’intera avifauna italiana, senza dimenticare la ricchezza della flora endemica, caratterizzata da tantissimi vegetali che crescono esclusivamente qui. La natura, quella vera (non l’ecologismo), abita qui da sempre, in questo paradiso di biodiversità che va dai mari cristallini alle aspre montagne dell’interno, dalle vallate della macchia mediterranea alle foreste secolari, dalle spiagge più belle del mondo ai villaggi che conservano culture antiche. Venti di guerra in Sardegna che infuriano da tutta estate con le comunità locali scese in piazza per manifestare e lanciare un grido d’allarme urgentissimo in difesa dell’Isola, della sua bellezza selvaggia, dei suoi paesaggi incontaminati, delle sue tradizioni millenarie che rischiano di essere compromessi in maniera irreversibile. Dove vengono installate le pale eoliche gli animali scappano, gli uccelli spariscono e le rotte migratorie vengono deviate; sotto i pannelli fotovoltaici non sono possibili coltivazioni. Diminuiscono i pascoli, si diradano le aree agricole e si perdono mestieri antichi legati al territorio, profitti sani guadagnati in armonia con la natura. L’impatto anche solo visivo di torri alte quasi come la Torre Eiffel lungo le coste e in mezzo al mare deturpa il profilo dell’isola creando danni economici devastanti al settore turistico, fonte primaria di reddito. Si riduce inoltre il valore dei terreni e delle abitazioni perchè le pale causano un danno diretto sulla salute a livello uditivo e neurologico. Si sradica dal territorio un modello socio-economico agri-turistico per uno sviluppo sostenibile che di “green” non ha proprio nulla: le logiche espansionistiche delle lobby assaltano coste ed entroterra stravolgendo l’equilibrio degli ecosistemi, cannibalizzando il suolo, erodendo le aree verdi naturali, desertificando la regione. Don Chisciotte immaginava nemici dietro ai mulini a vento, ora il suo delirio è divenuto realtà. Migliaia di aerogeneratori alti come grattacieli di 90 piani invaderanno sia la terra che il mare. Sull’isola dei fenicotteri oggi sono presenti 1800 torri eoliche a cui se ne aggiungeranno 3000 mentre i pannelli fotovoltaici occuperanno più di 70000 ettari di terreno con la discesa in campo anche della Chint, la più grande fabbrica cinese del settore, che ha comprato 1000 ettari di terreno in provincia di Sassari per un mega progetto di assorbimento dell’energia solare da 7,2 milioni di euro.

In assenza di una mappa delle aree idonee all’installazione degli impianti che il Governo italiano avevano annunciato di presentare fin dall’autunno del 2021, nella negligenza della Regione che afferma di non poter fare una sua mappa se prima non la fa il Governo, in violazione alla tutela del paesaggio e dell’ambiente garantita dall’articolo 9 della Costituzione, la localizzazione dei parchi eolici e fotovoltaici viene decisa esclusivamente dalle multinazionali private senza nessuna considerazione per il bene pubblico. E così gli eco-mostri avanzano persino nelle estreme vicinanze di aree di protezione speciale o accanto a siti archeologici ultramillenari (alcuni patrimonio dell’Unesco). Silenzio della magistratura. A nulla sono valse le denunce di autorevoli intellettuali come Salvatore Settis (2) che da anni denuncia una transizione green che progredisce a scapito dei beni ambientali e culturali, un patrimonio dal valore inestimabile (che significa che non ha prezzo, è fuori dalle logiche di mercato, come la Gioconda) la cui preservazione deve essere una priorità imprescindibile. Persino la Soprintendenza Speciale per il PNRR ha ammesso senza mezzi termini che in Sardegna sta per “prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto.” (3) Le pale eoliche si moltiplicano e vorticano nel clima dell’emergenza perenne fra il cielo dell’Onu e la terra sterilizzata dalla fecondità della vita. Come ha scritto il sociologo Jean Baudrillard, la nozione di ecologia è potuta arrivare solo quando la naturalità della natura è stata definitivamente distrutta. La strategia politica dell’emergenza perenne (ora sanitaria, ora bellica, ora ambientalista) serve ad abbattere lo stato di diritto delle democrazie a favore dello stato di eccezione delle oligarchie, veicolato dai prestanome Onu, Eu, Oms, ecc. Come aveva scritto Naomi Klein fin dal 2008, l’economia dei disastri, la “shock economy”, è il neoliberalismo imposto con lo shock che strumentalizza crisi globali (vere o presunte) grazie alle quali vengono emanate norme straordinarie tese a introdurre un nuovo modello socio-economico che cambia in maniera radicale la vita dei popoli. Il terrore e il disorientamento opportunamente diffusi impediscono la reazione delle persone che, altrimenti, non accetterebbero mai una riforma che le rende sempre più povere per arricchire multinazionali e poteri finanziari. E’ una riforma che il neoliberalismo autoritario non può semplicemente imporre ma deve sagaciamente occultare sotto la maschera dei buoni principi come la crociata ecologista, uno dei principali obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu che, in linea con gli accordi di Parigi sul clima del 2015, prevede di ridurre almeno del 40% le emissioni di CO2 entro i prossimi sei anni. E tutto ciò nonostante 1.500 dei più autorevoli scienziati internazionali abbiano denunciato in una dichiarazione pubblica (“World Climate Declaration”) l’infondatezza scientifica della tesi promossa dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite affermando che “la responsabilità antropica del cambiamento climatico osservato nell’ultimo secolo è ingiustificatamente esagerata e le previsioni catastrofiche non sono realistiche”, auspicando che “siano adottate politiche di protezione dell’ambiente coerenti con le conoscenze scientifiche“. (4) Una cosa è l’inquinamento, altra cosa è il cambiamento climatico il quale, per fortuna, è sempre mutato così come, per fortuna, esiste la CO2 che non è un inquinante ma la fonte stessa della vita, della natura e dell’agricoltura. Accusati di negazionismo, esplulsi dal dibattito pubblico, censurati dai media, l’ambientalismo autoritario fanatico e neoliberista accende i roghi per chiunque avanzi dubbi mandando in fumo secoli di metodo scientifico: via Galileo, al suo posto Greta Thunberg e la propaganda eco-catastrofista, una nuova religione fondamentalista. L’attacco eolico alla Sardegna inizia sotto il governo Draghi quando, con la complicità di tutti i partiti, vengono adottati una serie di provvedimenti straordinari per semplificare e velocizzare la transizione energetica finanziata dal PNRR. Ad esempio, le procedure preliminari di valutazione di impatto ambientale sono affidate alla Commissione Tecnica Pnrr– Pnec che esclude, di fatto, le Regioni, i Comuni e le comunità locali, oltre a limitare fortemente il ruolo del Ministero della cultura e delle Soprintendenze, prevedendone persino forme di commissariamento. Infatti, l’incremento degli investimenti nell’energia eolica in Sardegna schizza a partire dal 2021 quando l’allora Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani adottano una politica aggressiva mirata a trasformare l’isola in un hub energetico per il resto del Paese. In particolare, con il decreto legislativo n. 199 del 2021 viene autorizzata l’installazione (potenziale) di circa 1.500 nuove pale eoliche in tutta l’isola. Nonostante lo statuto autonomo, la Regione viene di fatto esclusa dal processo decisionale e le resistenze locali aggirate con strumenti normativi straordinari come il ricorso alla Corte Costituzionale. Ad esempio, proprio quest’anno il Consiglio di Stato ha rigettato un ricorso della Regione Sardegna contro il potenziamento del parco eolico alle spalle della storica Basilica della SS. Trinità di Saccargia. (5) E così non resta che combattere a mani nude contro i dominatori del cielo, i ladri del sole e del vento, i predatori della terra, gli espropriatori dei terreni, i distruttori del tessuto sociale, economico e culturale locale, i devastatori della tradizione italiana.

Come avviene da luglio nella campagna di Selargius, in provincia di Cagliari, dove si scava a mani nude per ripiantare gli ulivi sradicati dalle ruspe nel terreno di Gianluca Melis, colpito da esproprio coatto dopo aver rifiutato di cedere la sua proprietà alla società Terna per la realizzazione del “Tyrrhenian Link”, il mega progetto di cavi sottomarini al centro del Mediterraneo per trasportare energia elettrica dagli impianti eolici sardi alla Sicilia e alla Penisola. Con i suoi 970 chilometri di lunghezza il progetto da 1,9 miliardi di euro è considerato dal Ministero dell’Ambiente infrastruttura strategica essenziale per la transizione green dell’Italia. “Un’opera di importanza internazionale, un altro passo in avanti verso un futuro energetico più sostenibile”, ha dichiarato Terna, società a partecipazione statale quotata in borsa che gestisce la trasmissione dell’energia elettrica del Paese, nonchè primo operatore di rete indipendente d’Europa e tra i principali al mondo per chilometri di linee gestite, secondo Forbes e FinanzaOnline. Oltre alle trivellazioni, a Selargius è prevista la realizzazione di una stazione di conversione e una di smistamento. E così, a inizio luglio, è stato dato il via libera all’esproprio di 17 ettari di terreni necessari per realizzare il “Tyrrhenian Link”. L’urlo di protesta del signor Melis non si è fatto attendere e nel giro di poche ore ha suscitato la reazione veemente della comunità locale: un centinaio di persone si sono unite in un presidio permanente intorno ai terreni, determinate a proteggere gli ulivi e a resistere contro l’abuso di potere. Sono i lavoratori di questa campagna selargina popolata da uliveti, vigneti e orti che, di generazione in generazione, portano avanti una realtà di piccola produzione. “Terna sta effettuando un esproprio coattivo nei confronti di un cittadino di Selargius, è richiesta massima condivisione e massima partecipazione: non permetteremo che vengano portate via le nostre terre, il nostro lavoro, il nostro futuro, le nostre radici”, hanno scritto sui social. E l’indignazione ha generato altra solidarietà: nuove piante e nuove mani sono arrivate a Selargius da tutta l’Isola. La gente ha iniziato a donare ulivi, ma anche timo, lentisco, rosmarino, acacia, ginestra, corbezzolo, mandorlo e tante altre specie da reimpiantare come risposta allo sradicamento degli alberi e ad una transizione green che avanza sulle ceneri dei terreni nel ladrocinio della sovranità sul cielo, sul suolo e sul mare. Dove le ruspe e gli artigli degli speculatori del sole e del vento distruggono facendo tabula rasa della natura, inaridendo i territori e immiserendo i popoli, la gente risponde seminando e rifertilizzando la terra. Di seme in seme, da contadino a contadino, da persona a persona, dai sardi a tutti gli italiani, perchè, come scriveva Giacomo Leopardi “Nella Ginestra”, l’unica difesa è la “social catena”, allearsi e costruire una rete di solidarietà e soccorso reciproco.

E così è nata “la rivolta degli ulivi”, la protesta di una Sardegna unita contro l’avidità delle multinazionali, contro una classe politica corrotta, contro il finto green e l’ambientalismo autoritario, contro la predazione dei terreni custodi della memoria storica e dell’identità di un popolo, contro la cancellazione delle tradizioni agricole, contro i sistemi produttivi di piccola scala, contro la dignità delle comunità locali. Lo sradicamento degli ulivi è l’emblema dell’artificializzzazione del mondo che schiaccia i territori sotto il gigantismo delle eco-macchine desertificando la terra dei semi delle nostra colture e culture a favore della deterritorializzazione sradicante propria della globalizzazione. L’esproprio della proprietà del signor Mellis non significa solo cancellare una coltura che risale all’età del bronzo ma significa espropriare tutti noi della nostra cultura, dei nostri diritti, restringendo gli spazi della libertà.

E insieme a Selargius, migliaia di sardi sono scesi in piazza a Saccargia, altri nei pressi dei parchi eolici di Guspini, Sanluri e Quartu e così in tutte le provincie. Il 15 luglio i manifestanti hanno bloccato al porto di Oristano i camion che caricavano i pezzi delle torri eoliche destinati a nuovi impianti nel centro dell’isola, la protesta è finita con un massiccio dispiegamento di forze dell’ordine e la denuncia di 12 persone. Ma i sardi non si fermano e si sono coordinati tramite comitati territoriali, continuano a scendere in piazza con i sindaci a fianco dei cittadini. Continuano a seminare. Esemplare il caso del sindaco di Villanovaforru Maurizio Onnis che a inizio anno ha scritto alla comunità: “Cari compaesani, devo purtroppo annunciarvi che questa mattina abbiamo ricevuto due avvisi dal Ministero dell’ambiente. Si tratta di due diversi progetti riguardanti le fonti rinnovabili e facenti capo a due diverse multinazionali. Nel complesso pianteranno nel nostro territorio 4 pale eoliche alte 220 metri, senza alcuna compensazione per Villanovaforru. Le aree da espropriare sono già state individuate e riguardano parecchi di voi. Noi abbiamo poche settimane per opporci. Vi chiamo perciò ad assemblea pubblica per discutere i dettagli e vedere se possiamo fare qualcosa. È una questione che tocca tutti e che mette a rischio tutti.” Gli espropri riguardano aree agricole e sorgono anche a ridosso di siti archeologici di rilevante importanza per la cultura locale e mondiale, come quello di Genna Maria. L’impianto appartiene alla società piemontese Asja che ha ottenuto dalla Banca europea investimenti per 50 milioni di euro garantiti dall’Unione europea per realizzare parchi eolici anche in Campania, in Basilicata, in Sicilia oltre che in Sardegna. “Serve una presa di posizione forte nei confronti del governo nazionale. Sono decine i progetti presentati in Sardegna senza consultare i sindaci, le multinazionali ottengono le autorizzazioni ministeriali scavalcando i Comuni. Cari colleghi sindaci, cara gente dell’isola, prepariamoci a difenderci da soli”, dichiara Onnis. E così è stato. Ad agosto è partita la raccolta firme (ne occorrono diecimila) per portare i cittadini ad un referendum consultivo regionale per fermare la speculazione, ottenere un adeguato piano energetico che tuteli il paesaggio e riportare nella legalità procedure che fin’ora hanno scavalcato le amministrazioni e le comunità locali. A lanciarla è stato il “Comitato per il No” con l’avvocato Michele Pala promotore responsabile e il medico Pietro Satta. Nel frattempo i cittadini hanno presentato un esposto alla Procura di Cagliari contro il progetto del Tyrrhenian Link, autorizzato senza consultazione pubblica obbligatoria per legge richiedendo il sequestro delle infrastrutture in costruzione nelle aree di Selargius e nel mare di Quartu Sant’Elena. Si muovono anche associazioni ecologiste come il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) che il 16 luglio 2024 è intervenuto con un atto di “osservazioni” nel procedimento di valutazione di impatto ambientale (V.I.A. ) relativo al progetto di centrale eolica flottante nel Mar di Sardegna sud occidentale, proposto da Ichnusa Wind Power s.r.l. che prevede la realizzazione di 42 torri eoliche alte 265 metri, per una superficie marina di 273 ettari, a circa 35 chilometri dalla costa dell’Isola di San Pietro e del Sulcis. Coinvolti il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, l’I.S.P.R.A., i Comuni di Carloforte, Portoscuso, Gonnesa, Carbonia, Iglesias, Villamassargia, Vallermosa, Serramanna, Villasor, Musei, Siliqua, Decimoputzu, Nuraminis. Intanto, come era prevedibile, il Governo ha deciso di impugnare presso la Corte Costituzionale la moratoria votata dalla Sardegna a fine aprile 2024 che vietava per 18 mesi la realizzazione di nuovi parchi eolici e fotovoltaici. A conferma della volontà di perpetuare la politica aggressiva legata al green non solo sulla Sardegna ma su tutto il territorio italiano, il 4 giugno 2024 la Commissione europea ha approvato, su richiesta del Governo Italiano, un regime di aiuti “volto a sostenere la produzione di un totale di 4590 MW di nuova capacità di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili. Il regime sosterrà la costruzione di nuove centrali utilizzando tecnologie innovative e non ancora mature, quali l’energia geotermica, l’energia eolica offshore (galleggiante o fissa), l’energia solare termodinamica, l’energia solare galleggiante, le maree, il moto ondoso e altre energie marine oltre al biogas e alla biomassa. Si prevede che le centrali immetteranno nel sistema elettrico italiano un totale di 4590 MW di capacità di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A seconda della tecnologia, il termine per l’entrata in funzione delle centrali varia da 31 a 60 mesi.” Dall’eolico al fotovoltaico, da nord a sud, dalle Alpi alle coste fino dentro il mare, migliaia di eco-mostri ricopriranno il territorio italiano devastando il nostro patrimonio paesaggistico ambientale e culturale, sottraendo terreni agricoli e impedendo l’accesso alle risorse naturali fondamentali per la vita come la terra, il diritto al cibo e all’acqua con gravi violazioni dei diritti umani fondamentali. Con la scusa della transizione green avanzano veri e propri casi di “land grabbing”, un fenomeno che è esploso con la produzione di biocarburanti che tolgono impropriamente ai piccoli agricoltori il diritto alla proprietà del loro appezzamento. L’accaparramento della terra dall’Africa è sbarcato anche in Italia, a cominciare dalla Sardegna come aveva denunciato Action Aid fin dal 2012 quando a Narbolia, in provincia di Oristano, l’azienda EnerVitaBio Santa Reparata, controllata del colosso cinese Winsun Group, aveva realizzato il più grande impianto di energia solare occupando ben 64 ettari di terreni con 1600 serre fotovoltaiche che hanno privato un’ampia area a forte vocazione agricola dei suoi migliori terreni coltivabili. Il danno è stato enorme con la comunità che deve soddisfare il proprio fabbisogno alimentare con l’80% delle importazioni per esportare energia. (6)

Dietro ogni territorio ci sono storie, tradizioni, saperi e pratiche produttive preservati da donne e uomini che hanno costruito nei secoli identità e cultura. Uno sviluppo non è sostenibile se non concerne la cura dell’ambiente in tutte le sue implicazioni sociali, economiche, culturali e antropologiche. L’ulivo è diventato il simbolo della resistenza sarda, che poi è il simbolo stesso della civiltà mediterranea. Fu Atena, la dea della sapienza e della saggezza politica, che colpendo il terreno con la sua lancia fece nascere il primo ulivo della storia per offrire nutrimento all’umanità, medicare le ferite e illuminare la notte. Grazie a questo prezioso dono fu scelta per divenne la dea padronale di Atene, la città dove è nata la democrazia, con la pianta sacra a proteggere la polis che, se anche fosse stata bruciata, sarebbe rinata nel giro di un solo giorno più forte di prima perché le sue radici sono immortali, come si narra essere accaduto dopo l’incendio dell’Acropoli da parte dei Persiani nel 480 a.C. L’albero dai frutti verdissimi è un elemento fondamentale della cultura greca e rappresenta il radicamento con la terra, con la patria e con il divino. Bruciare la sacra pianta costituiva un atto di empietà che veniva punito anche con l’esilio. E se l’olivo è detto “lucente” è perchè Atena è la dea “dagli occhi lucenti” e la pianta è il simbolo di luce capace di illuminare il percorso degli uomini e della civiltà nell’oscurità della notte. La cultura e il commercio oleario risalgano all’età del bronzo assumendo ovunque un valore dietetico, politico e simbolico al contempo. Il cristianesimo farà dell’ulivo uno dei suoi simboli centrali, è il ramoscello che la colomba porta a Noè come segno che le acque si stanno ritirando dopo il diluvio universale.

Ed è sulle radici ben piantate nella profondità della terra di un ulivo secolare che Ulisse erige la sua dimora che nasce intorno al talamo nuziale: “quel letto non può essere spostato! Perché sono stato io a costruirlo, uno dei suoi piedi è un ulivo radicato nella terra, è stato proprio su questo ulivo, potato e tagliato, lasciato intatto e piantato nel suolo, che ho costruito il letto.” Dopo il lungo errare in balia della fluidità del mare, l’eroe greco torna a casa, all’ulivo, simbolo della solidità della terra, della patria, dell’albero degli antenati. Patria che Odisseo aveva quasi raggiunto a metà del suo lungo viaggio quando, dopo essere approdato sull’isola del re dei venti, il luogo in cui tutte le direzioni si incontrano, Eolo gli dona un’otre chiusa da un nastro d’argento raccomandandosi di non aprirla mai. Il dio vi ha infatto intrappolato i semi di tutti i venti e di tutte le tempeste tranne quello favorevole alla rotta verso Itaca che sarà l’unico a soffiare. Dopo nove giorni di navigazione la nave arriva di fronte alle coste dell’isola quando Ulisse si addormenta dimenticandosi di vegliare sul prezioso dono e l’equipaggio ne approfitta per aprire l’otre pensando di trovarci un tesoro segreto. Tutti i venti escono fuori alla rinfusa scatenando una tremenda tempesta che allontana la nave dalla sospirata meta. Dai venti dipendono le rotte di navigazione, ma anche l’orientamento dell’uomo se la coscienza resta sveglia. Le pale eoliche sono la nostra otre piena di venti cattivi aperta dalle élites per ricavare oro, profitto e speculazione. In questi venti non c’è nulla di ecologico, di naturale e di giusto. E’ un vento artificioso che sorvola i territori e mortifica le geografie, cancellando l’identità dei luoghi nell’equivalenza insignificante di un mondo globalizzato dove il nord è uguale al sud, l’est all’ovest. È una tempesta che infuria in tutte le direzioni per distruggere la natura, immiserire i territori, impoverire il tessuto sociale locale e sradicare definitivamente le nostre radici colturali e culturali. Nessun altro paese al mondo vanta la ricchezza e la varietà del nostro territorio e di una cultura così radicata, per natura, alla specificità dei luoghi, ai suoi climi, alle sue piogge. Il nostro è un territorio topologico qualitativamente differenziato localmente, ricco di spessori e stratificazioni storiche, zoccolo duro alla deterritorializzazione sradicante propria della globalizzazione. Nietzesche identificava il nichilismo con il deserto, il luogo dove nulla cresce. Le torri eoliche sono le nostre colonne d’Ercole, oltre le quali ci sono solo le terre inabitabili. Se la Sardegna perde la sua battaglia contro la speculazione energetica, la transizione green farà terra bruciata di tutta l’Italia. Ulisse ha impiegato 10 anni di naufragio prima di tornare in patria e a quella casa costruita sulle radici di un ulivo secolare. Da almeno 30 anni noi affondiamo dispersi nel grande naufragio del globalismo apolide e antidemocratico,

E’ ora di tornare a casa, di rinchiudere i venti cattivi nell’otre e di fermare l’occupazione neocoloniale delle multinazionali straniere. È ora di cacciare i Proci dall’isola e di riprenderci la patria.

NOTE

1) Le richieste di nuovi impianti di produzione energetica riguardano per il 43,81% da fonte solare per 23,82 GW; per il 30,73% da fonte eolica a terra per 16,72 GW; per il 30,90% da fonte eolica a mare per 13,85 GW.

2) Si veda il mio scritto Pale eoliche, l’urlo di Salvatore Settis contro la devastazione del paesaggio italiano – Come Don Chisciotte

3) Sopr. PNRR prot. n. 27154 del 20 novembre 2023 e Sopr. PNRR prot. n. 51551 del 18 marzo 2024.

(4) Si veda “World Climate Declaration”, il manifesto firmato da più di 1500 scienziati di tutto il mondo, fra cui 179 scienziati italiani come Antonino Zichichi (Professore Emerito di Fisica, Università di Bologna, Fondatore e Presidente del Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana di Erice), Franco Prodi (Professore di Fisica dell’Atmosfera, Università di Ferrara), Alberto Prestinizzi (Professore di Rischi Geologici dell’Università di Roma La Sapienza), Paolo Bonifazi, (Ex Direttore dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario dell’Istituto Nazionale Astrofisica) e Franco Casali (Professore di Fisica, Università di Bologna e Accademia delle Scienze di Bologna). WCD-version-02182311035.pdf (clintel.org)

5) La Nuova Sardegna, 2024

6) Si veda il documentario “Terra persa storie di land grabbing in Sardegna” di Michele Mellara e Alessandro Rossi, 2015, prodotto da Mammut Film.

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