“L’ULTIMA EUROPA”: COME LA POLITICA CINESE DELLA VON DER LEYEN INTRAPPOLA L’UE

DiOld Hunter

23 Gennaio 2025
La Commissione europea mantiene una politica aggressiva nei confronti della Cina, ma deve uscire dall’era Biden e adottare una posizione “Europe First”

di Sebastian Contin Trillo-Figueroa per Asia Times del 23 gennaio  –  Traduzione a cura di Old Hunter

Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha messo a nudo la paralisi strategica dell’Europa in modo spettacolare. Nonostante tutta la loro vantata lungimiranza, colma di piani di emergenza, documenti di posizione e sedute a porte chiuse per giocare a una seconda presidenza Trump, i leader dell’UE si ritrovano ora esattamente dove erano quattro anni fa: impreparati e fuori combattimento. A più di due mesi dalla vittoria di Trump, la risposta di Bruxelles si è limitata a vuote rassicurazioni, liquidando le sue proposte come mere ipotesi, comprese le sue rivendicazioni piuttosto serie sulla Groenlandia, che minacciano l’integrità territoriale di uno stato membro. Invece di intraprendere un’azione significativa, l’UE è ricorsa a un’azione diplomatica e a banalità riciclate sull’unità transatlantica.

Nel frattempo, i leader di destra europei hanno piantato le loro bandiere nello Studio Ovale; l’italiana Giorgia Meloni e l’ungherese Viktor Orban si sono già assicurati i loro biglietti ai posti privilegiati, mentre i tradizionali mediatori di potere dell’UE, Germania e Francia, restano ai margini. L’umiliazione di Bruxelles è stata completa quando sono stati spediti gli inviti all’inaugurazione: la leadership istituzionale dell’UE non ha nemmeno fatto parte della lista B. Questa frattura dell’unità europea non potrebbe arrivare in un momento peggiore. L’Europa si trova ad affrontare un delicato gioco di equilibri tra i suoi interessi economici cinesi e i legami di sicurezza americani. Alcuni stati si stanno già posizionando più vicini a Trump, puntando alla protezione dai dazi, mentre altri rimangono ancorati ai mercati cinesi, con le loro industrie profondamente intrecciate con l’economia di Pechino.

In questo scenario, la Commissione europea di Ursula von der Leyen si attiene ostinatamente alla sua posizione aggressiva sulla Cina, ignara delle crescenti ripercussioni. Nel frattempo, Washington e Pechino potrebbero muoversi verso una loro distensione. Trump, sempre il mediatore, potrebbe forgiare un accordo anticipato con il cinese Xi Jinping, lasciando l’Europa isolata in uno scontro che né l’America né la Cina desiderano. In quello che potrebbe diventare un caso di studio di auto-sabotaggio diplomatico, Bruxelles si è infilata in un vicolo cieco geopolitico, intrappolata tra due giganti in collisione, senza gli strumenti né l’unità per proteggere i propri interessi. La Commissione ha raddoppiato gli sforzi su questa strada sbagliata, lanciando misure incentrate sulla Cina (politiche di riduzione del rischio, quadri di sicurezza economica, indagini commerciali e critiche implacabili al sistema politico cinese) con il fervore di un convertito a un revival.

Nel frattempo, l’industria europea dipende sempre di più dai beni capitali cinesi. Secondo Eurostat, “Quando si tratta dei prodotti più importati dalla Cina, le apparecchiature per le telecomunicazioni sono state le prime, sebbene siano scese da 63,1 miliardi di euro (65,6 miliardi di dollari USA) nel 2022 a 56,3 miliardi di euro nel 2023. I macchinari e gli apparati elettrici (36,5 miliardi di euro) e le macchine automatiche per l’elaborazione dei dati (36 miliardi di euro) sono stati rispettivamente il secondo e il terzo bene più importato”. Le automobili e altri beni di consumo costituiscono una piccola parte delle importazioni UE dalla Cina e l’attenzione politica data al settore automobilistico è inversamente proporzionale al suo peso economico. Paradossalmente, dopo anni di pressioni americane sui governi europei per escludere l’infrastruttura di telecomunicazioni cinese, è diventata la magiore importazione europea dalla Cina.

Il commercio tra Europa e Cina è aumentato modestamente nel 2024. Il sito web statale cinese Global Times ha riportato il 13 gennaio: “Le esportazioni della Cina verso l’UE hanno totalizzato 3.675,1 miliardi di yuan, una crescita annua del 4,3 percento, che riflette la forte domanda europea di beni cinesi. Le importazioni dall’UE hanno raggiunto 1.916,4 miliardi di yuan, in calo del 3,3 percento rispetto all’anno precedente”. L’industria europea è già completamente integrata nelle catene di fornitura cinesi. Il discorso della Commissione europea sul “de-risking” smentisce la realtà economica. Separare l’Europa dalla Cina sarebbe come separare due gemelli siamesi con una mannaia.

Nonostante abbia ottenuto solo il 54% dei consensi, Von der Leyen ha definito la Cina la nemesi strategica dell’Europa, rispecchiando la posizione di Washington ma ignorando le realtà economiche che le aziende europee devono affrontare e compromettendo gli interessi geopolitici del continente. Questa situazione difficile è il risultato di uno scambio tra sottomissione e strategia. Sotto Joe Biden, Bruxelles ha fatto con entusiasmo un provino per il ruolo di alleato più accondiscendente dell’America, ripetendo a pappagallo discorsi duri su Pechino e trascurando di costruire una vera autonomia strategica.

Il vero problema non era semplicemente seguire Biden, ma l’illusione che le sue politiche debbano durare oltre il suo mandato. Con MAGA 2.0, l’Europa si aggrappa a un piano che è destinato a ritorcersi contro. Il 47° presidente non sta esattamente porgendo un ramoscello d’ulivo all’Europa, eppure, inspiegabilmente, i suoi leader hanno agito fingendo il contrario. Ora, mentre la dottrina “America First” di Trump torna in vita, l’Europa sta per imparare una lezione costosa: nel mondo della politica delle grandi potenze, la lealtà non ha valore, ma solo conseguenze per l’ingenuità.

Cina: Parzialmente maligna, minaccia alla sicurezza, minaccia sistemica

Nel 2024, un anno in cui i vertici istituzionali di Cina ed Europa non si sono incontrati nemmeno una volta, l’operazione USA-UE per aumentare le tensioni con Pechino è apparsa meticolosamente coreografata. Questa posizione combattiva ha trovato la sua perfetta espressione a ottobre, quando l’Alto rappresentante dell’Europa, Kaja Kallas, ha portato la diplomazia dell’UE a nuove vette di autodistruzione inventando una nuova categoria, etichettando la Cina come “parzialmente maligna”, qualunque cosa questo voglia dire. Non è stato un lapsus, ma piuttosto una risposta scritta ed elaborata attentamente che riesce a essere sia incendiaria che priva di significato. Con la stessa dichiarazione ha consacrato Washington come il “C” dell’UE, ignorando l’ombra incombente di un Trump 2.0.

I principali think tank allineati con UE e USA hanno proposto di aggiungere una “quarta categoria” al quadro tripartito (partner, concorrente, rivale sistemico), etichettando la Cina come una “minaccia alla sicurezza” per il suo presunto “sostegno” alla Russia in Ucraina, nonostante il rifiuto di Pechino di fornire armi letali. La mossa ha dato priorità alle richieste degli Stati Uniti rispetto agli interessi europei, riducendo la complessa geopolitica a semplicistici binari, mentre demonizzava la Cina senza prove adeguate. A settembre, un falco della Cina ha citato erroneamente la von der Leyen, affermando che vedeva la Cina come una “minaccia sistemica” che richiedeva “una più stretta cooperazione transatlantica”. I fatti non contavano: venivano adattati alla narrazione dominante. Questa retorica di leader di spicco e consiglieri influenti segnala una posizione di indurimento che accresce le tensioni senza fornire percorsi praticabili per l’impegno o la risoluzione. È una posizione adatta a una vera superpotenza militare e politica, qualcosa che l’Europa, sotto la sua attuale leadership, è ben lungi dall’essere o poter raggiungere.

Chiariamo cosa è realmente in gioco. Le legittime lamentele dell’Europa nei confronti della Cina (l’enorme squilibrio commerciale, le restrizioni all’accesso al mercato, le eccessive dipendenze, la concorrenza asimmetrica con le imprese statali cinesi) sono state sepolte sotto una valanga di atteggiamenti ideologici. Invece di affrontare queste problematiche concrete con una negoziazione pragmatica, Bruxelles ha optato per l’ostilità, incendiando ponti che hanno richiesto decenni per essere costruiti. Attaccando il suo carro all’approccio conflittuale di Washington, il blocco europeo ha dimenticato una regola fondamentale della geopolitica: quando due elefanti si scontrano, l’erba del vicino agonizza. E in questo caso, l’Europa si è offerta volontaria con entusiasmo per essere l’erba del vicino.

Oggi, l’“agenda abbandonata con la Cina” dell’UE si scontra con il “fattore Trump”, esponendo un evidente passo falso tattico. Il primo mandato di Trump lo aveva reso trasparente: lui vede l’UE come un rivale economico, non un alleato. “L’UE è probabilmente cattiva quanto la Cina, solo più piccola. È terribile quello che ci fanno”, ha detto Trump nel 2018. Ha ripetuto la stessa osservazione questa settimana dopo il suo insediamento, dicendo “Abbiamo un deficit di 350 miliardi di dollari con l’Unione Europea. Ci trattano molto molto male, quindi saranno costretti a pagare i dazi”.

E Bruxelles si è comportata risolutamente come se questa realtà potesse essere ignorata. Purtroppo, cinque anni dopo che l’autoproclamata “Commissione geopolitica” ha giurato di ripristinare la gloria sbiadita dell’Europa, il continente è più irrilevante che mai. Washington e Pechino dominano la scena mondiale, mentre Bruxelles, spogliata di qualsiasi strategia, ha svolto il ruolo della sostenitrice più entusiasta dell’America. Le conseguenze di questa negligenza si stanno già manifestando. In primo luogo, l’Europa si è esposta alla pressione economica e commerciale di entrambe le parti senza ottenere nulla in cambio, con una leva limitata per negoziare termini favorevoli con entrambe le potenze. Inoltre, il suo cieco allineamento con l’agenda di Biden ha indebolito la sua capacità di elaborare una politica estera indipendente, una dipendenza che diventa ancora più problematica man mano che le politiche di Trump divergono nettamente dagli interessi europei.

Ma la cosa più critica è che, scegliendo una delle parti nella rivalità tra Stati Uniti e Cina anziché mantenere una saggia ambiguità strategica, l’UE ha sacrificato il suo potenziale ruolo di costruttore di ponti politici. La suprema ironia? Quando Trump inizierà a imporre dazi sui beni europei, e lo farà, Bruxelles tornerà strisciando a Oriente per cercare sollievo. La Cina, sempre pragmatica, è pronta a salvare l’Europa dall’irrilevanza, di certo non per altruismo, ma per calcolata realpolitik.

Il 50° anniversario dell’associazione diplomatica UE-Cina nel 2025 ha offerto un’opportunità perfetta per un cambiamento. Pechino ha segnalato la sua apertura a ripristinare le relazioni. Invece, la Von der Leyen l’ha nascosta sotto il tappeto, come se ignorarla potesse renderla irrilevante. Ci è voluta una chiamata di Xi con il presidente del Consiglio europeo António Costa per ricordare a tutti l’esistenza di questa pietra miliare della diplomazia.

Bruxelles, quindi, si trova di fronte a una scelta netta: continuare la sua marcia verso l’irrilevanza geopolitica o tracciare una rotta indipendente. L’UE deve confrontarsi con la realtà. Nel gioco delle grandi potenze, non ci sono alleati permanenti, solo interessi permanenti. Finché Bruxelles non coglierà questa verità fondamentale, continuerà a giocare a dama mentre Pechino e Washington giocano a scacchi. Tutto sommato, se l’Europa si immagina come qualcosa di più di un insieme di stati, dovrà adottare la tenacia di una strategia “Europe First”. Non si tratta di rivalità o imitazione; si tratta di evoluzione. “America First” di Trump riguardava una leva senza scuse. Quando si tratta di trovare il vantaggio dell’America, Trump negozia duramente con amici e nemici.  

Allo stesso modo, dalla dipendenza all’agenzia, l’Europa dovrebbe presentarsi come una forza equilibratrice: né sottomessa né aggressiva, ma una potenza che afferma la propria autonomia e impone il rispetto sia degli alleati che degli avversari.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *