Dopo le accuse a padre Moscone dell’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede. alcuni intellettuali scendono in campo a fianco del vescovo di Manfredonia e firmano una lettera aperta.

“Il vescovo di Manfredonia, Franco Moscone, ha sminuito l’Olocausto e ha usato parole che fomentano antisemitismo e odio mentre commentava la situazione a Gaza. Tale retorica, moralmente corrotta e fattualmente scorretta, dovrebbe essere pubblicamente denunciata da tutti.” Con queste parole l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Yaron Sideman, ha commentato le dichiarazioni pronunciate durante una manifestazione per la pace dal Monsignore, bersaglio di numerose altre accuse. Silenzio delle istituzioni ecclesiastiche.
Di seguito riportiamo la “lettera aperta”, scritta e inviata al vescovo da un gruppo di intellettuali di varia provenienza e orientamento, ma tutti concordi nell’unirsi alla voce di padre Moscone, “colpevole” di aver avuto il coraggio di mettersi dalla parte dei più deboli, della giustizia e della pace.
«Abbiamo sentito le parole dell’Arcivescovo di Manfredonia, padre Franco Moscone, in occasione della manifestazione a Bari “No alla corsa al riarmo, fermare le guerre, tornare all’ONU” del 29 marzo 2025. Gli siamo più che riconoscenti, e, quelle parole, le facciamo pienamente nostre.
In un contesto in cui il regime dell’”informazione” ripete in forma ossessiva “chi è l’aggredito e chi è l’aggressore”, azzerando la possibilità di proporre all’attenzione pubblica analisi articolate e storicamente fondate degli scenari di guerra in corso, un discorso chiaro come quello pronunciato dal prelato, animato da un profondo e sincero rispetto dell’essere umano, da un lato è oggetto di vergognose e deliranti accuse da parte dell’ambasciata israeliana presso la Santa Sede, dall’altro è totalmente oscurato dai sedicenti paladini della “democrazia” occidentale e della libertà di pensiero.
Quali sono gli aspetti “sconvolgenti” del discorso del prelato, per gli attuali gestori del potere? Innanzitutto il fatto di aver evocato l’imperativo morale per cui “non vogliamo più stare zitti!!” a fronte degli orrori che si consumano quotidianamente a Gaza e negli altri scenari di guerra: “È dal 1947 che la Striscia di Gaza e la Palestina sono un campo di concentramento a cielo aperto e dal 7 ottobre 2023 sono diventate un campo di sterminio con il silenzio del mondo e dell’Europa”.
Siamo al punto che asserzioni che sono la constatazione di una realtà che è sotto gli occhi di tutti sono accusate di “fomentare l’odio” e, ovviamente, di “antisemitismo” (???): in realtà si vuole legittimare l’idea che lo sterminio e la deportazione di un popolo siano prassi necessaria per salvaguardare la “sicurezza” di un altro popolo!
Il prelato sottolinea inoltre come la corsa al riarmo promossa da quell’oggetto misterioso che continuiamo a chiamare “Unione Europea” sia da inscrivere nella categoria della follia, in considerazione del contesto “atomico” in cui viviamo e per le inevitabili e drammatiche conseguenze sociali; quella che il prelato ha definito “un’offesa alla ragione” è stata giudicata “retorica moralmente corrotta”! È incredibile. Questo all’indomani della surreale rappresentazione della Commissaria europea addetta alla “preparazione e gestione delle crisi” (Hadja Lahbib) che ha serenamente illustrato a noi cittadini come tutelarsi per 72 ore con il kit UE per la guerra: “Siate preparati, siate al sicuro”.
Non ci sono parole per stigmatizzare questo delirio. E invece, come ha testimoniato il prelato, queste parole dobbiamo trovarle, traducendole in azioni concrete. Diciamoci la verità: come ormai viene segnalato da più parti il problema non è rappresentato dai cosiddetti intellettuali e dai vari addetti al regime dell’informazione – con conseguenti retribuzioni – ma l’assordante silenzio di tutti gli altri, l’indifferenza, quasi assistessimo da anni ad un videogioco.
Stati, governi, istituzioni e noi tutti, siamo ostaggio di veri e propri “terroristi del non-pensiero”, gli stessi che guidano l’enorme macchina finanziaria, tecnologica e militare mondiale. Qualsiasi persona sana di mente, che abbia conservato dentro di sé inderogabili principi etici e sensibilità umana, deve, come può e dove può – anche in considerazione del ruolo sociale che ricopre – far sentire la propria voce per opporsi concretamente a questa deriva suicida che ci coinvolge tutti, indipendentemente dalle personali convinzioni politiche e religiose. La posta in gioco è troppo alta per dividerci.
Non vogliamo e non possiamo più stare zitti.»
Fabio Bentivoglio, Filosofo e saggista, Pisa
Luciano Boi, Professore di geometria, teorizzazione scientifica e filosofia della natura, École des hautes études en sciences sociales, Parigi
Stefano Isola, Professore di fisica e matematica, Università di Camerino
Ezio Laconi, Professore di scienze biomediche, Università di Cagliari
Lamberto Maffei, Presidente emerito dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Professore emerito Scuola Normale di Pisa
Filomena Maggino, Professoressa di statistica sociale, Università “La Sapienza”, Roma
Michele Maggino, Docente di scuola primaria, Firenze
Sonia Milone, Architetto, critico d’arte, Milano
Matteo Parigi, Filosofo, politologo, insegnante, Firenze
Giuseppe Vitiello, Professore onorario di fisica, dipartimento “E. R. Caianiello”, Università di Salerno
NOTE
Si veda anche:
- “Fermiamo il genocidio. L’urlo degli intellettuali“, 30-10-23
- “Un anno che racchiude cento anni di sofferenze” di M. Parigi, 7-10-24
- “La lettera di Calvino sulla Palestina” di S. Milone, 16-4-25
- “Non per tutti la vita è bella nella più grande invenzione degli ultimi cinquemila anni” di S. Milone, 3-4-25
Trascrizione dell’intervento di padre Moscone.
«È dal 1947 che la Striscia di Gaza e la Palestina sono un campo di concentramento a cielo aperto e dal 7 ottobre 2023 sono diventate un campo di sterminio a cielo aperto con il silenzio del mondo e dell’Europa. Quello che mi ha sempre fatto effetto è che dietro questo campo di concentramento e di sterminio ci sia quel popolo che di campo di concentramento e di sterminio è stato succube fino alla fine della seconda guerra mondiale. Dobbiamo liberare insieme alla Palestina anche lo Stato di Israele da una situazione e da una gestione che è contraria alla sua stessa natura visto che sa benissimo che cos’è stato e che cosa è la shoah e il genocidio. Quello che stiamo osservando e vivendo nel silenzio di tutti, e non possiamo più stare zitti, è che stiamo assistendo a un autentico crimine di genocidio mondiale. E se si risolve la situazione in Palestina si risolve veramente quello che è il cammino di pace in tutto il mondo perché è lì dove nasce l’odio e l’odio si fomenta, si fomenta per interesse di chi le armi le produce. La seconda cosa è che questa Europa a cui sono sempre stato legato… Prima di fare il vescovo giravo il mondo per motivi di missione, mi chiedevano “di dove sei?”, io non dicevo italiano o piemontese, dicevo europeo. Dopo l’ultimo atto del Parlamento Europeo del ritorno al riarmo in questo modo, mi vergogno di essere europeo, mi vergogno, non riesco più a dirmi europeo se l’Europa è questa! Non è l’Europa dei padri, non è l’Europa del trattato di Roma del 1957, 25 marzo abbiamo appena celebrato. Non era l’Europa per il riarmo e per la guerra ma era l’Europa per la pace. E poi ho visto il kit per la guerra: ma diamo i numeri? Questa è una buffonata e nello stesso tempo una presa in giro della ragione! Un kit per tre giorni, ma dopo tre giorni la guerra non c’è più? Basta un kit per risolvere i problemi di guerra? E un piccolo ricordo, qualche anno fa questa Europa ha messo a ferro fuoco e sangue la Grecia per pochi miliardi di euro che avrebbe potuto condonare e adesso mi dice che ha 800 miliardi per gli armamenti? Non è una contraddizione? Non è un’illogicità? Non è mettersi contro i popoli che fanno l’Europa?»
”.