OMBRE AL CONFINE: LA POSIZIONE MILITARE DELLA RUSSIA E LO SPETTRO DELL’ESCALATION

DiOld Hunter

3 Maggio 2025
Una palpabile tensione si sta intensificando lungo le vaste frontiere della Russia con Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania. Immagini satellitari e rapporti sul campo confermano un significativo e continuo rafforzamento militare, una dimostrazione di forza che getta una lunga ombra sulla regione baltica.

Prof. Ruel F. Pepa per globalresearch.ca   –   Traduzione a cura di Old Hunter

Sebbene questi dispiegamenti rappresentino una frazione minuscola – meno dell’uno per cento – della potenza militare totale della Russia, le loro implicazioni strategiche sono di vasta portata e meritano una seria considerazione.

Recenti analisi satellitari rivelano che la Russia non sta solo espandendo le proprie infrastrutture militari vicino ai confini baltici, ma sta anche modernizzando le installazioni chiave. Nella regione di Kaliningrad, l’ammodernamento dei siti di stoccaggio di armi nucleari e la costruzione di nuovi bunker suggeriscono un rafforzamento delle capacità strategiche. Analogamente, nell’istmo careliano, vicino alla Finlandia, l’istituzione di un grande campo tendato e l’afflusso di nuove attrezzature militari indicano una presenza sostenuta e in crescita [1].

Questo potenziamento militare fa parte di una più ampia strategia russa volta ad aumentare le proprie forze armate a 1,5 milioni di effettivi entro il 2026, con particolare attenzione al rafforzamento delle unità in prossimità dei confini nord-orientali della NATO. L’espansione include lo sviluppo di nuovi quartieri generali dell’esercito e la modernizzazione delle basi esistenti, a dimostrazione di un impegno a lungo termine per mantenere una formidabile presenza nella regione [2].

Questa ostentazione di forza militare potrebbe servire da finta strategica, per distogliere l’attenzione dall’impatto sul campo di battaglia della devastante potenza del missile Oreshnik, testato di recente. Dando prova di potenza in modo più esplicito, anche se proporzionalmente più limitato, lungo i suoi confini occidentali, la Russia potrebbe puntare a spostare l’attenzione e a proiettare un’immagine immutata di forza.

L’Oreshnik, un missile balistico a raggio intermedio (IRBM) derivato dall’RS-26 Rubezh, ha ampiamente dimostrato la sua capacità di poter distruggere e demolire con precisione ed alta velocità i suoi obiettivi. Capace di velocità superiori a Mach 10 e dotato di veicoli di rientro multipli a bersaglio indipendente (MIRV), può trasportare testate convenzionali o nucleari. In particolare, durante il suo primo utilizzo operativo confermato il 21 novembre 2024, in un attacco all’impianto ucraino di Pivdenmash a Dnipro, il missile avrebbe trasportato testate fittizie prive di esplosivo, suggerendo che l’attacco era inteso più come una dimostrazione politica che per un impatto sul campo di battaglia.

Il Presidente Vladimir Putin ha enfatizzato le capacità del missile, sostenendo che il dispiegamento di massa dei missili Oreshnik è in grado di rivaleggiare con la potenza distruttiva delle armi nucleari, evidenziandone la precisione e il potenziale strategico. Ha inoltre sottolineato che l’Oreshnik non ha un carico utile nucleare e quindi non crea contaminazione atomica, dimostrando la sua natura anche non nucleare come elemento significativo nel decidere quali mezzi di lotta armata la Russia impiegherà [3].

La dimostrazione di forza della Russia deve essere considerata nel contesto più ampio delle sue recenti risposte alle provocazioni della NATO e del suo assetto strategico in evoluzione. In seguito a quella che Mosca ha percepito come una serie di avvertimenti vaghi o incoerenti da parte dei leader occidentali – in particolare del presidente francese Emmanuel Macron, che ha ventilato la possibilità di schierare truppe europee in Ucraina – la Russia sembra determinata a dimostrare la credibilità delle sue capacità deterrenti.

Questa determinazione si manifesta in manovre militari altamente visibili e in un modello di escalation volto a proiettare la determinazione a sopravanzare seriamente le minacce degli avversari. L’attuale dimostrazione di potenza militare, quindi, non è una mera dimostrazione di forza, ma un segnale calcolato inteso a ricordare alla NATO e alle potenze europee le conseguenze catastrofiche che potrebbero derivare da qualsiasi errore di calcolo o da scontro diretto. Date le brevi distanze coinvolte, gli elevati livelli di prontezza di alcune unità russe e i confini sempre più sfumati tra risorse convenzionali e strategiche, alcuni analisti militari avvertono che un’escalation su vasta scala, potenzialmente con il coinvolgimento di armi nucleari, potrebbe essere avviata e raggiungere qualsiasi obiettivo in ​​tutto il continente in meno di trenta minuti.

Questa triste realtà sottolinea non solo la fragilità dell’attuale contesto di sicurezza, ma anche l’urgenza di sforzi diplomatici per allentare le tensioni prima che la retorica si trasformi in azioni irreversibili.

In questo contesto già teso, le potenziali implicazioni della cosiddetta “Opzione Karaganov” non possono essere trascurate, soprattutto da politici e analisti interessati alla traiettoria del pensiero strategico russo. Sebbene il termine stesso rimanga vagamente definito e soggetto a notevoli interpretazioni, è generalmente associato alle opinioni di Sergej Karaganov, eminente politologo russo ed ex consigliere del Cremlino, che ha sostenuto una politica estera più assertiva – e in alcune interpretazioni, preventivamente aggressiva – in risposta a quello che la Russia percepisce come un accerchiamento occidentale sempre più ostile.

Al centro di questa dottrina c’è la convinzione che la Russia non debba solo difendere la propria sovranità nazionale, ma anche plasmare proattivamente il proprio ambiente di sicurezza, anche se ciò significa avviare azioni preventive per neutralizzare le minacce prima ancora che si materializzino. In questo contesto, il continuo rafforzamento militare lungo la frontiera occidentale della Russia, in particolare in prossimità degli Stati baltici, potrebbe rappresentare più di una semplice manovra di routine o di deterrenza.

Potrebbe invece essere un segnale deliberato e calcolato della disponibilità di Mosca a un’escalation militare, se necessario, in difesa di quelli che definisce propri interessi esistenziali. Questo atteggiamento sfida i tradizionali assunti occidentali sulla stabilità della deterrenza e introduce un ulteriore livello di ambiguità strategica, alzando la posta in gioco verso qualsiasi potenziale passo falso o incomprensione. Per la NATO, questi sviluppi evidenziano l’urgente necessità di rivalutare sia la sua posizione avanzata sia la resilienza della sua architettura di deterrenza, in particolare in regioni come il Suwałki Gap, dove geografia e geopolitica si scontrano con allarmante intensità.

La convergenza di questi fattori – il visibile e costante rafforzamento militare lungo il fianco orientale della NATO, il possibile ricorso a schieramenti convenzionali come tattiche di diversione, il tono sempre più sprezzante del Cremlino in risposta ai messaggi occidentali sulla deterrenza e la crescente influenza di una dottrina di politica estera più assertiva, radicata nella prevenzione e nell’ambiguità strategica – dipinge complessivamente un quadro profondamente preoccupante. Ciascuno di questi elementi, da solo, potrebbe essere interpretato come parte di un più ampio schema di postura geopolitica, ma, nel loro insieme, suggeriscono un cambiamento calcolato e potenzialmente pericoloso nell’approccio di Mosca sia alla deterrenza che alla coercizione.

Sebbene gli attuali schieramenti di forze costituiscano solo una frazione della capacità militare totale della Russia, il loro peso simbolico e il loro impatto psicologico sono sproporzionatamente elevati, in particolare per gli stati di prima linea come Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia. Queste azioni non solo accentuano il senso di vulnerabilità tra le nazioni confinanti, ma mettono anche a dura prova l’unità, la credibilità e i meccanismi di risposta dell’alleanza NATO.

Da una prospettiva strategica, l’ambiguità che circonda le intenzioni della Russia – che si tratti di intimidire, provocare o preparare il terreno per azioni future – complica la capacità dell’Occidente di calibrare una risposta efficace e proporzionata.

Inoltre, le tempistiche decisionali ristrette imposte dalla prossimità, dagli elevati livelli di prontezza operativa e dai moderni armamenti, riducono il margine di tollerabilità e aumentano il rischio di errori di calcolo. In un simile contesto, comprendere la sottigliezza delle manovre di Mosca – sia in termini di schieramenti militari che di segnali dottrinali – è essenziale non solo per la deterrenza, ma anche per il mantenimento della stabilità strategica in Europa. La situazione richiede maggiore vigilanza, solida condivisione delle informazioni e un agile impegno diplomatico per evitare un involontario slittamento verso lo scontro in un panorama geopolitico che sta diventando sempre più volatile e spietato.

Note

  1. La Russia costruisce basi militari lungo il confine con la Finlandia, mostrano le immagini satellitari  | UNITED24 Media
  2. L’espansione militare della Russia: implicazioni per l’Europa e la geopolitica globale – Analisi – Eurasia Review
  3. Il missile russo Oreshnik: un’arma rivoluzionaria – BLiTZ

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