L’economia cinese è relativamente giovane e, per quanto il suo sviluppo sia stato eccezionalmente rapido, non bisogna dimenticare che sono inseguitori rispetto alla concorrenza praticamente su tutto.

I veri punti di forza, generalizzando, sono la quantità ed i prezzi, non esattamente due sinonimi di qualità. In un passato non troppo lontano, la cantieristica europea fu messa fuori gioco da quella giapponese. Non perché questi costruissero dal primo giorno navi migliori: fu il costo delle loro navi che divenne troppo competitivo per permettere agli europei di tenere il passo. Negli anni, anche la qualità giapponese superò quella europea per la maggioranza dei tipi di navi merci, in particolare quelle più semplici come le “bulkers”. Il minimalismo giapponese si rivelò una carta vincente: navi semplici costruite bene, che consumavano poco ed offrivano ottimi margini di risparmio anche sul fonte della manutenzione. Da una prima delocalizzazione di questi nella vicina Corea del Sud arrivò in seguito la loro prima competizione locale. I coreani, dopo aver inizialmente appreso dai vicini un certo know-how, avevano anche loro solo prezzi più competitivi da offrire ed ancora oggi faticano a competere con l’alta qualità giapponese. Quindi, per ritagliarsi uno spazio nel mercato, lavorarono sui punti, se non deboli, quanto meno caratteristici della concorrenza nipponica: minimalismo e mancanza di flessibilità. I giapponesi sono efficienti ed affidabili, ma riluttanti nell’andare incontro alle esigenze della clientela. Infatti, con una certa arroganza tipica della loro cultura, hanno la pretesta di offrire il prodotto che vogliono loro, un prodotto di indubbia qualità, che però difficilmente potrà essere modificato su richiesta. Uno dei segreti del loro successo infatti è proprio quel minimalismo che risulta ottimale sulle navi più semplici, garantendogli margini di guadagno migliori e competitività sui prezzi, ma un po’ meno per quelle sofisticate. I coreani, al confronto, sono come dei sarti: le navi le fanno su misura. Chiedi e ti sarà dato. E proprio per questo nel tempo i due concorrenti si sono divisi il mercato in base alla specializzazione. I giapponesi sono rimasti i migliori costruttori di bulkers, ma i coreani divennero leader nella costruzione di cisterne, navi container e gasiere.

L’Europa lentamente andò a morire. L’ultima nicchia che resiste ancora sono le navi passeggeri, perché l’alta qualità delle finiture e gli elevati standard mal si conciliano con il modello seriale di stile orientale. La Cina è stata l’ultima ad arrivare in quest’industria pesante e già da una ventina d’anni è diventata una realtà importante. I punti di forza cinesi sono quelli citati nel preambolo: una capacità produttiva enorme e prezzi molto competitivi, ma sulla qualità logicamente sono indietro rispetto a tutti, salvo poche rare eccezioni dove al massimo pareggiano. Vero che il divario con il tempo si assottiglia sempre di più ed in futuro probabilmente diventeranno loro i leader dell’industria, ma, ad oggi, pur costruendo già più navi merci di tutti i concorrenti messi insieme, risultano ancora una seconda scelta. Intendiamoci, ci sono già armatori che preferiscono la Cina solo per risparmiare sull’acquisto, ma sanno che le prestazioni ed i costi di manutenzione saranno peggiori delle due concorrenti.

Un altro aspetto importante, che però varia molto a seconda delle condizioni di mercato, è la grande capacità produttiva che permette di offrire consegne più vicine nel tempo. In momenti di mercato forte, la domanda chiede le navi il prima possibile e, con il passare del tempo, i concorrenti risulteranno penalizzati. Storicamente va anche ricordato che la Cina risulta meno affidabile come controparte: eventuali ritardi, ritrattazioni e altre sorprese sono un rischio più concreto rispetto ai due concorrenti nella regione, da sempre decisamente più puntuali. Proprio per questo, la cantieristica cinese non andrebbe considerata come un conglomerato uniforme. Esistono grandi differenze tra cantiere e cantiere cinese, molto più marcate rispetto a quelle tra i diversi cantieri coreani o giapponesi quando confrontati tra di loro. I cantieri cinesi primari sono quelli statali. Dal momento che almeno risulta minimizzato il rischio finanziario, sotto questo aspetto il governo cinese è sicuramente una controparte affidabilissima. Per quanto riguarda i cantieri privati invece, quelli validi si contano sulle dita di una mano.

Una certa spinta sulla qualità, invece, è arrivata proprio da collaborazioni con i concorrenti giapponesi (Dacks e Nacks risultanti dal matrimonio di Cosco con Kawasaki o la collaborazione di Jiangsu Yiangzhijian con la Mitsui) con il gruppo Kambara (Tsuneishi), che ha addirittura un suo cantiere di proprietà a Zhoushan. Logicamente, al momento di rivendere, l’asset cinese risulterà meno liquido e sconterà qualcosa sul prezzo tranne rare eccezioni, come per i cantieri non interamente cinesi appena citati e pochissimi altri casi come grosse bulkers in cantieri statali, per esempio costruite da Shanghai Waigaoqiao Shipbuilding (SWS). Nonostante questo, molti attori, pur prendendo in considerazione tutti questi aspetti, preferiranno comunque la destinazione cinese per le ragioni già citate (ma mai per ragioni qualitative). Una tendenza in crescita che difficilmente cambierà direzione col passare del tempo.

Un ultimo cenno ai due mercati citati nel post da cui è scaturita la necessità di questo approfondimento: navi da crociera e metaniere. Qui stiamo parlando di due tipologie di navi molto costose e tecnologicamente sofisticate. Per quanto i progressi cinesi siano indiscutibili, bisogna mettere in chiaro che in questi settori sono decisamente molto indietro e ci vorranno ancora uno o probabilmente più lustri prima che possano solo che pareggiare con la concorrenza, figuriamoci superarla. Ritengo che bastino i crudi e freddi dati dell’attuale order book a spazzare via eventuali dubbi.

Iniziamo dalle metaniere. Dal 2024 in poi le nuove costruzioni in ordine, con qualcuna già consegnata da inizio anno, si attestano a 368 unità. Di queste 241 sono coreane e solo 75 cinesi. Difficile, di conseguenza, sostenere che questi ultimi stiano già dominando il mercato. Per quanto concerne le crociere, i numeri sono addirittura imbarazzanti, ma per questo confronto, viste le esigue dimensioni del mercato, prederei in considerazione le navi costruite dal 2015 in poi. Su un totale di 223 navi da 100 a 7000 passeggeri, la Cina se ne è aggiudicate solo 11, di cui 4 ancora da costruire. Restringendo il campo alle navi più grosse (da 3000 passeggeri in su), scendiamo a due sole navi da 5200 per la Carnival (alla faccia della guerra commerciale tra USA e Cina), con la prima consegnata appena l’anno scorso e la seconda ancora in ordine per il 2026. Insomma, si potrebbe dire che la Cina sia un esordiente in questo settore, una vera matricola. Il cantiere è giusto quel SWS di cui accennato in precedenza, senza dubbio il miglior cantiere cinese al 100% in circolazione e di proprietà del governo cinese.

Un’ultima nota, per tornare al discorso del presunto vantaggio “qualitativo” cinese, andrebbe fatta sui makers, ovvero i fornitori di componenti delle navi che svaria dai sofisticati motori alle semplici vernici, tutti quegli extra che lo scafo necessiterà per poter diventare una nave. Il discorso qui potrebbe diventare troppo tecnico e complicato, quindi sarò breve dicendo che la Cina ad oggi senza i componenti stranieri non avrebbe nessuna domanda eccetto forse quella domestica. Basti guardare ai motori delle navi, dove oggi, almeno in termini quantitativi, risultano i primi costruttori al mondo come le bulkers o portarinfuse qualsivoglia. I produttori di motori sono Man B&W (tedesca) e Wartsila (finlandese). Solo in pochi casi molto semplici, forse, la Cina risulta allineata alla competizione con prodotti domestici. Giusto sottolineare, però, che per quanto concerne i motori lo stesso discorso vale per i concorrenti. Detto ciò la stragrande maggioranza degli altri componenti vengono sempre dall’Europa, dalla Corea e dal Giappone, una makers list di produzione cinese come alternativa risulta un investimento pericoloso che pochi armatori (sprovveduti) al mondo saranno disposti a correre.

Come già detto, il vero vantaggio competitivo della Cina viene solo dalla manodoopera e dal prezzo dell’acciaio al limite, ma è un qualcosa che si sta erodendo col tempo. Quindi, la corsa alla qualità risulta una necessità esistenziale per l’industria pesante cinese e, nel frattempo, gli altri concorrenti asiatici non staranno certo fermi a guardare. Conclusione: sicuramente è possibile che in futuro la Cina diventerà un modello di qualità della cantieristica navale e primeggerà anche in settori come navi da crociera e metaniere, ma quel giorno è lungi dall’essere imminente.

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Di Jack C.

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