Di M.K. Bhadrakumar per indianpunchline.com traduzione a cura di Old Hunter
In un gesto eccezionale che supera di gran lunga le norme protocollari, il presidente russo Vladimir Putin (D) è stato accolto con un abbraccio all’aeroporto alle 3 del mattino dal presidente degli Affari di Stato della Corea del Nord Kim Jong-un (S) al suo arrivo per una “visita di Stato amichevole”, Pyongyang, 19 luglio 2024
La breve visita del presidente russo Vladimir Putin a Pyongyang il 19 giugno ha sollevato un gran polverone. La firma di un trattato di partenariato strategico globale da parte di Putin e del leader nordcoreano Kim Jong-un ha occupato le prime pagine dei media occidentali e ha scatenato una serie di speculazioni sulla nascita di un’alleanza militare che potrebbe minare la dinamica degli algoritmi di potere nella regione dell’Asia nord-orientale. L’aspetto sensazionale del trattato è che, secondo quanto riferito, prevede che i due Paesi si aiutino a vicenda in caso di attacco da parte di un Paese terzo. Senza dubbio, la geopolitica della regione potrebbe cambiare radicalmente rotta se la Russia e la RPDC portassero le loro relazioni a un nuovo livello qualitativo di alleanza militare. Ma le apparenze possono ingannare, soprattutto quando sono enfatizzate retoricamente da entrambi i protagonisti. Al di là delle straordinarie cortesie rivolte al suo arrivo dal Paese ospitante a Putin, resta il fatto che il Trattato non ha senso, probabilmente, dal momento che sia la Russia che la RPDC sono potenze nucleari. E se il loro deterrente nucleare non può renderli autosufficienti sul piano della sicurezza, solo Dio può aiutarli. Inoltre, un attacco americano alla RPDC sembra improbabile e un attacco degli Stati Uniti alla Russia lo è ancora meno. In realtà, il recente cambiamento di politica dell’amministrazione Biden, che ha permesso all’Ucraina di impiegare armi americane per attaccare la Russia – con il supporto e la guida di personale della NATO supportato da dati satellitari e da input dell’intelligence occidentale – sembra essere stata la proverbiale ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso delle tradizionali riserve russe. È noto che la bozza del trattato è in discussione dal settembre 2023. Gli americani, com’era prevedibile, si sono infuriati perché la Russia ha messo sotto scacco gli Stati Uniti nell’Asia nordorientale, una regione di massima criticità per la strategia globale degli Stati Uniti. Lo scorso fine settimana, in coincidenza con l’arrivo di Putin a Pyongyang, il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense Jack Sullivan ha dimostrato la sua ira per l’ulteriore escalation quando ha annunciato, in un’intervista attentamente strutturata con la PBS, e finanziata dal governo americano, che:
- Kiev è libera di usare le armi americane “ovunque le forze russe attraversino il confine”;
- in particolare, questo si applicherà anche alla regione russa di Kursk, da dove sono state effettuate “mosse esplorative” contro la regione ucraina di Sumy;
- “Non si tratta di geografia. Si tratta di buon senso. Se la Russia sta attaccando o sta per attaccare dal suo territorio l’Ucraina, ha senso consentire all’Ucraina di rispondere”;
- Il metro di giudizio è se le forze russe stanno utilizzando il territorio russo come “rifugio”;
- L’Ucraina sarà anche libera di utilizzare i sistemi di difesa aerea, compresi gli armamenti forniti dagli Stati Uniti, per eliminare gli aerei russi dal cielo anche se questi aerei russi si trovano nello spazio aereo russo, “se stanno per sparare verso lo spazio aereo ucraino”;
- I jet F-16 (a capacità nucleare) saranno dispiegati in Ucraina poiché l’intenzione è quella di consentire a Kiev di avere la capacità di attaccare la Russia.
Questo nonostante l’esplicito avvertimento di Putin sulla possibilità di fornire armi russe a regioni da cui lanciare attacchi se Bruxelles e Washington non smetteranno di armare l’Ucraina. L’Izvestia ha scritto che “sembra che la Corea del Nord possa essere un candidato adatto”. In effetti, la delegazione di Putin comprendeva il nuovo ministro della Difesa, Andrei Belousev. Lo stesso Putin ha definito il Trattato [1] “un documento veramente rivoluzionario… un documento fondamentale che costituirà la base delle nostre relazioni a lungo termine”. A parte le polemiche dei media sul contenuto militare della nascente alleanza tra Russia e Repubblica Democratica Popolare di Corea, non va trascurato il fatto che le relazioni tra Russia e Repubblica Democratica Popolare di Corea presentano un vasto potenziale economico non sfruttato. Le strategie estere di Putin, a differenza di quelle dei suoi predecessori sovietici, hanno sempre un contenuto economico ben ponderato. In questo caso, Mosca sta anche costruendo legami con partner asiatici come vettore cruciale della priorità data da Putin allo sviluppo dell’Estremo Oriente russo. In questa prospettiva, Putin ha chiesto l’abrogazione delle sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite contro la RPDC. Dal punto di vista di Pyongyang, solo questo è un vero e proprio cambio di gioco per uscire dall’isolamento internazionale. L’anno scorso il commercio bilaterale è aumentato di nove volte e ha superato i 34 miliardi di dollari. La Russia ha grandi possibilità di importare manodopera qualificata dalla RPDC nell’Estremo Oriente, che è cronicamente a corto di forze lavoro. Inoltre, la visita di Putin ha rilanciato il progetto di importanza strategica per il ripristino e lo sviluppo del porto logistico congiunto di Rajin, il porto per tutte le stagioni della RPDC, che può garantire un flusso stabile di merci dalla Russia ai mercati dell’Asia-Pacifico. Il 19 giugno, inoltre, i due Paesi hanno firmato un accordo per la costruzione di un ponte stradale di confine sul fiume Tumannaya. Inoltre, come ha affermato l’assistente presidenziale russo Yury Ushakov, il trattato è necessario a causa dei profondi cambiamenti della situazione geopolitica nella regione e nel mondo. Ma ha anche sottolineato che il trattato osserverà tutti i principi fondamentali del diritto internazionale, non sarà conflittuale o diretto contro alcun Paese e mirerà a garantire una maggiore stabilità nell’Asia nordorientale. Inevitabilmente, c’è molta curiosità su come la Cina si inserisca in questo nuovo paradigma. Per una curiosa coincidenza, proprio mentre Putin atterrava a Pyongyang, Pechino ospitava il suo primo dialogo diplomatico e di sicurezza a livello di viceministri, o dialogo 2+2, con la Corea del Sud. La Corea del Sud non gradirà il patto tra Russia e Repubblica Democratica Popolare di Corea, mentre la Cina assumerà una posizione “di principio” non impegnativa, secondo la quale la Corea del Nord e la Russia, in quanto confinanti e amici, hanno legittimamente bisogno di scambi, cooperazione e sviluppo delle relazioni. D’altra parte, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha affermato che il dialogo 2-2 a Pechino risponde alla necessità di far crescere le relazioni bilaterali tra Cina e Corea del Sud e non ha alcun legame particolare con impegni tra altri Paesi. È interessante notare che il Global Times ha citato l’opinione di un importante esperto cinese secondo cui il dialogo 2+2 potrà servire come “stabilizzatore e mediatore delle tensioni e dei conflitti regionali”, in quanto consente alla Cina e alla Corea del Sud, che hanno stretti legami commerciali e culturali, di migliorare la comunicazione e la fiducia sulle questioni diplomatiche e della sicurezza. Secondo il Ministero degli Esteri cinese, durante il dialogo 2+2 entrambe le parti hanno ribadito il loro impegno a mantenere relazioni amichevoli e reciprocamente vantaggiose tra Cina e Corea del Sud e a “impegnarsi attivamente nel dialogo e negli scambi a tutti i livelli e in tutti i campi”. Hanno inoltre concordato di rafforzare le comunicazione attraverso meccanismi quali i dialoghi strategici di alto livello, i dialoghi diplomatici di sicurezza 2+2 e i dialoghi su binario 1,5 “per rafforzare la fiducia reciproca in politica e far progredire lo sviluppo sano e stabile del partenariato strategico di cooperazione Cina-Corea del Sud”. Chiaramente, la Cina e la Corea del Sud, due grandi beneficiari della globalizzazione, sono interessate alla stabilità delle catene di produzione e degli approvvigionamento globali e saranno contrarie al tipo di politicizzazione e “securizzazione” che la Russia e la RPDC potrebbero intraprendere. Così, scrive il Global Times, la parte cinese “ha sottolineato che il mantenimento della pace e della stabilità nella penisola è nell’interesse comune di tutte le parti, comprese Cina e Corea del Sud… il compito urgente è quello di raffreddare la situazione, evitare l’escalation nel confronto e aderire alla direttiva generale per una soluzione politica. La Cina ha sempre determinato la sua posizione in base al merito della questione stessa e continuerà a svolgere a suo modo un ruolo costruttivo negli affari della penisola coreana”. Il punto è che Russia e Cina si muovono su binari indipendenti per quanto riguarda la Corea del Nord e la dinamica di potere nell’Asia nordorientale. La visita di Stato di Putin a Pyongyang ha probabilmente portato in superficie questa linea di frattura nella partnership “senza limiti” tra Russia e Cina, il che fa sorgere il sospetto che, forse, non si dovrebbe credere troppo nell'”alleanza” Russia-RPDC una volta che le acque si saranno calmate. Sebbene i legami fraterni della Russia con la Corea del Nord risalgano al sostegno di Joseph Stalin per l’indipendenza di quest’ultima dall’occupazione coloniale giapponese – si dice addirittura che Kim Il-Sung, il fondatore della Corea del Nord, abbia ricoperto un incarico nell’Armata Rossa – nelle circostanze attuali, la Russia attribuisce centralità alle sue relazioni con la Cina e perciò non farà una mossa unilaterale nell’Asia nordorientale che possa colpire gli interessi fondamentali di Pechino. In fin dei conti, quindi, il trattato Russia-RPDC può essere considerato solo come un’alleanza di convenienza in risposta alle strategie regionali degli Stati Uniti, rispettivamente in Eurasia e in Asia nord-orientale, sullo sfondo della guerra in Ucraina e del forte deterioramento delle relazioni della Russia con Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, che sono anche gli oppressori della RPDC.
Detto questo, non ci si può sbagliare: il leader nordcoreano Kim Jong-Un è il vero vincitore. Vittoria che si è guadagnata anche lui attraversando il Rubicone sui campi di battaglia dell’Ucraina, dimostrando un livello di solidarietà con la Russia che non ha eguali tra gli amici “di lunga data” di Mosca nel Sud globale.
- https://www.globaltimes.cn/page/202406/1314460.shtml