I risultati che arrivano da Turingia e Sassonia segnano la sconfitta dell’estremismo guerrafondaio e una grande opportunità per tutti i paesi europei. L’analisi di Riccardo Paccosi.
Se ce ne fosse l’intelligenza e la forza, i risultati delle elezioni regionali tedesche in Turingia e Sassonia potrebbero essere occasione per contrattaccare, in Germania come nel resto d’Europa, innanzitutto sul piano del linguaggio: questo al fine di spazzare via la mistificazione retorica, il veleno ideologico, l’occultamento delle contraddizioni reali che il neoliberalismo mette in atto attraverso l’utilizzo della diade destra-sinistra.
Tutto ciò che la casta atlantista-globalista definisce in queste ore “vittoria dell’estrema destra”, infatti, non è stato altro che la sconfitta del partito della guerra, che è altresì il partito dell’aggressione al ceto medio e dello svuotamento di ogni sovranità popolare.
La classe dirigente tedesca, insomma, dovrà in un modo o nell’altro fare i conti con la valenza autolesionistica e anti-nazionale del suo asservimento agli Stati Uniti. Palesi menzogne propagandistiche come “se vince in Ucraina, Putin non si fermerà”, pronunciate per giustificare l’innesco di una guerra devastante in Europa, vengono oggi rigettate dalla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica.
Oltre al 30% ottenuto da AfD, fra i risultati di questa tornata regionale tedesca va segnalato il tracollo della SPD e della Linke ma, soprattutto, quello dei Verdi che sono divenuti negli ultimi anni la più fanaticamente bellicista formazione del paese: in Turingia, coloro che si definiscono difensori dell’ambiente e sostengono l’industria delle armi, non arrivano neppure alla soglia di sbarramento e restano fuori dall’assemblea del Land.
Ma il dato più importante – giacché non avente analogie con altri paesi europei – consta del fatto che, col 15%, il BSW di Sarah Wagenknecht si candidi oggi a diventare il terzo partito tedesco. In sostanza, un partito di formazione marxista è riuscito a intercettare il voto popolare con un programma che va apertamente contro TUTTI i punti che costituiscono l’attuale agenda dell’Unione Europea: la continuazione della guerra, l’austerità economica, il biosecuritarismo pandemico, l’ambientalismo rivolto contro il ceto medio, il deregolazionismo dei flussi migratori.
Il punto, adesso, è capire se questo parziale smottamento elettorale sia destinato a essere un fenomeno transitorio o se sussista, invece, l’occasione per un cambiamento politico reale.
Per saperlo, il tempo dovrà chiarire tre aspetti:
1) Per quanto riguarda sia AfD che BSW, bisognerà verificare se davvero queste formazioni saranno pronte o meno a sabotare l’istituzione antidemocratica chiamata Unione Europea al fine di perseguirne il dissolvimento, per lasciare poi spazio a un’area di scambio e cooperazione composta da democrazie costituzionali e sovrane.
2) Per quanto riguarda la sola AfD, essa avrà la necessità di oltrepassare almeno parzialmente la sua impostazione ideologica liberale arrivando a comprendere – come già molto vagamente accennato nel suo programma – che il contrasto all’Unione Europea parte innanzitutto da una politica incentrata sul welfare e sull’aumento della spesa pubblica.
3) Per quanto riguarda la sola BSW, bisognerà vedere se Wagenknecht e soci sapranno comprendere – non dico a breve, ma entro un arco di tempo ragionevole – la necessità di coalizzarsi con AfD, o almeno di fare un tentativo in tal senso. In questo passaggio storico, non ci si può più permettere alcun adeguamento alle categorie linguistiche del nemico quali “destra” e “sinistra”. Al contrario, in Germania come teoricamente anche in Italia, è urgente puntare a una coalizione patriottica per salvare la democrazia costituzionale e salvare il proprio paese dalla follia guerrafondaia.