“Percorrendo il sentiero Di Marco Polo” è il racconto di un viaggio che ha – come bussola e guida – il racconto del Il Milione, scritto più di 700 anni fa. L’entusiasmo dei viaggiatori in questa impresa piena di incontri e scoperte – ma anche di incognite – è la dimostrazione di come il viaggiatore veneziano sia stato fondamentale testimone di una realtà storica che può essere rivissuta, ricostruita e aggiornata.
Dimostra anche la duratura vitalità dei rapporti con l’Occidente, poiché per la prima volta nel secolo XIII la percezione e narrazione occidentale sull’Oriente abbandonano il racconto favoloso – leggendario e le paure per la minaccia proveniente da un mondo altro e sconosciuto. Consultando le carte dei geografi medievali si vede infatti come territori vastissimi, dall’Asia settentrionale alla Cina al subcontinente indiano, risultavano precedentemente del tutto sconosciuti: spazi vuoti, con scritte “Hinc abundant leones” o “Antropophagi”. É dunque solo nel XIII secolo, con il lavoro dei primi missionari cristiani, con Marco Polo e le spedizioni dei mercanti, che vengono fornite osservazioni geografiche, descrizioni di luoghi e paesaggi, di usanze e uomini intenti al lavoro e al commercio.
Non a caso al China Millennium Monument di Pechino, nel fregio che celebra i fasti della Storia nazionale cinese, compaiono solo due occidentali (ambedue italiani): il viaggiatore Marco Polo e lo scienziato, astronomo e matematico gesuita Matteo Ricci (Macerata, 1552 – Pechino, 1610) mentre scruta il cielo col telescopio. Nel riassunto della Storia offerto al Popolo cinese manca vistosamente qualsiasi effigie di frate francescano, anche se proprio i francescani, nello stesso XIII secolo, furono divulgatori del cristianesimo in Cina e operatori umanitari. Secondo la visione diffusa cinese, quindi, sembra valere molto di più l’approccio collaborativo e culturale, interessato a fornire resoconti senza pregiudizi ideologici, piuttosto che l’intervento di chi era obbediente alle crociate politiche dei regni europei e del Vaticano.
Ma, vediamo brevemente quali furono i precedenti dei viaggi di Marco nel periodo dell’Impero mongolo (fondato da Genghis Khan nel 1206) della dinastia Yuan (fondata nel 1271 da Kublai Khan e regnante in Cina dal 1279 al 1368). Giovanni da Pian del Carpine fu inviato nel 1245 da Papa Innocenzo IV in legazione presso i Mongoli con l’incarico di consegnare due bolle papali al Gran Khan Güyük Khan, nipote di Genghis Khan, nell’intento di scongiurare un nuovo flagello sulla Cristianità. Il francescano riuscì nella missione impossibile di raggiungere la corte di Karakorum, furono due anni e mezzo di incognite, fatiche e stenti, ma anche di incontri narrati nella Historia Mongalorum. Allo scopo di evangelizzare l’Impero mongolo, il Re di Francia Saint Louis IX inviò il francescano fiammingo Guillaume de Rubrouck, tra il 1253 e il 1255. Al suo ritorno in patria Guglielmo presentò al re un rapporto preciso e dettagliato del viaggio dal titolo Itinerarium fratris Willielmi de Rubruquis de ordine fratrum Minorum, Galli, Anno gratia 1253 ad partes Orientales. L’Itinerarium descriveva i caratteri antropologici delle popolazioni, faceva molte osservazioni geografiche e notava una presenza diffusa dell’Islam in aree così lontane.
I viaggi dei fratelli Matteo e Nicolò Polo, che arrivarono in Cina nel 1262 passando per Bukhara e il Turkestan cinese (oggi Xinjiang) per raggiungere Khanbaliq, l’odierna Pechino, residenza di Kubilai Khan, si svolsero tra 1260 e 1295. Il più conosciuto è proprio il viaggio di Marco, iniziato nel 1271 insieme col padre e lo zio, e terminato 17 anni dopo.
Nel 1318 sarebbe iniziata la serie di viaggi che condusse il sacerdote missionario Odorico da Pordenone – una volta ottenuta la licenza di recarsi “nelle terre d’Oriente per fare guadagno di anime fra gl’infedeli” – fino nel Catai, a Khānbaliq, dove soggiornò tre anni. Tornato in Italia, nel maggio del 1330 gli fu ordinato dal ministro provinciale di fornire un resoconto del suo percorso (Relatio de mirabilibus orientalium Tatarorum). Frate Odorico era un grande osservatore: è il primo che parla dei piedi rimpiccioliti delle donne cinesi, delle unghie lunghissime dei nobili, non dediti a lavori manuali, della pesca tramite gli uccelli, di razze di galli, galline e anitre proprie della Cina. Le relazioni di viaggio di frate Odorico, di Marco Polo, Giovanni da Pian del Carpine, Guglielmo da Rubruck costituiscono la fonte principale delle più antiche e sicure informazioni sui paesi dell’Estremo Oriente durante il Medioevo.
Lasciando alla narrazione di Wang Miao e Shi Baoxiu il piacere della scoperta e della conferma del racconto di Marco Polo, nel breve saggio conclusivo tratterò – a prospettiva capovolta – di illuminanti “Viaggi in Occidente” del monaco buddista cinese Xuan Zang (VII secolo) ripreso dal “letterato” fuori dai canoni tradizionali Wu Cheng’en (1500-1582).
“Percorrendo il sentiero di Marco Polo” di Wang Miao e Shi Baoxiu (Anteo edizioni)