Lukashenko ha detto di voler usare armi nucleari solo nel caso di un’invasione convenzionale del suo paese da parte della NATO e non di un attacco non convenzionale da cui aveva messo in guardia all’inizio dell’anno da parte di militanti antigovernativi con base in Lituania e Polonia.
Andrew Korybko newsletter su substack.com – Traduzione a cura di Old Hunter
Il leader bielorusso ha parlato solo di un’invasione convenzionale del suo Paese da parte della NATO, non di un attacco non convenzionale come quello da cui aveva messo in guardia all’inizio dell’anno da parte dei militanti anti-governativi con base in Lituania e Polonia. In primavera ha anche affermato di aver sventato attacchi di droni provenienti dalla Lituania. Una combinazione di militanti e droni che attaccassero la Bielorussia dal territorio della NATO, ma senza il sostegno convenzionale di tutti i Paesi del blocco, potrebbe quindi non superare la soglia che comporta l’uso delle armi nucleari.
A differenza della Russia, tuttavia, la Bielorussia sarebbe costretta a usare le armi nucleari nel caso di una invasione convenzionale come quella di Kursk, dal momento che dispone solo di circa 60.000 uomini, di cui un terzo è schierato lungo il confine ucraino per contrastare i ben 120.000 che Lukashenko ha affermato Kiev vi abbia già inviato. Nel frattempo, la Polonia ha sfruttato il pretesto di fermare le invasioni di immigrati clandestini dalla Bielorussia per inviare durante l’estate 10.000 uomini alla frontiera, meno del 5% dei suoi 216.000 effettivi totali.
Di conseguenza, la Bielorussia potrebbe essere facilmente sopraffatta in caso di invasione convenzionale da parte dell’Ucraina e/o della Polonia, motivo per cui in tale scenario dovrebbe ricorrere alle armi nucleari. Anche la Russia lo sa, e questo spiega la sua dottrina nucleare aggiornata che afferma esplicitamente che attacchi convenzionali su larga scala contro il suo alleato per la reciproca difesa potrebbero comportare una risposta di questo tipo. Se la Bielorussia cadesse, la sicurezza nazionale della Russia ne risulterebbe fortemente degradata, ed è per questo che non può permettersi che ciò accada.
I politici occidentali dovrebbero quindi prendere molto sul serio l’avvertimento di Lukashenko sull’uso delle armi nucleari. È estremamente improbabile che stia bluffando, perché le minacce per il suo Paese sono letteralmente esistenziali. La Russia ha autorizzato Lukashenko a usare le armi nucleari a sua discrezione perché vuole dissuadere l’Occidente dall’invadere il suo alleato con un patto di mutua difesa, che potrebbe essere preceduto da un attacco convenzionale su larga scala che interrompa le comunicazioni militari tra i due e impedisca a Putin di trasmettere l’ordine.
Lukashenko ha avvertito a metà agosto che l’Ucraina vuole provocare la Russia a usare armi nucleari, la cui logica è stata analizzata qui, ma ora si trova nella situazione in cui l’Ucraina potrebbe provocarne l’uso nel caso di un’invasione. I falchi delle burocrazie militari, dell’intelligence e diplomatiche permanenti degli Stati Uniti (“lo Stato profondo”) potrebbero voler mettere in moto questa sequenza di escalation per aiutare Kamala prima delle elezioni o per sabotare gli sforzi di pace di Trump in caso di vittoria.
Dal loro punto di vista, l’uso di armi nucleari da parte della Bielorussia e/o della Russia contro l’Ucraina avrebbe molte meno probabilità di portare alla Terza Guerra Mondiale rispetto al loro utilizzo contro la NATO. Potrebbe anche creare il pretesto per un intervento NATO guidato dalla Polonia in Ucraina per rispondere a un disastro nucleare, in un remix dello scenario che Duda e Zelensky stanno preparando come ho già spiegato qui. Una “escalation per una de-escalation”, come la vedono loro, è una politica molto rischiosa perché molte cose potrebbero andare storte, perciò si spera che ci pensino due volte.