Il mancato riconoscimento del “diritto all’esistenza” di Israele e il sostegno al movimento BDS costituirebbero motivi per negare fondi pubblici a individui e organizzazioni nell’ambito di questa iniziativa.
Paoline Ertel per Middle East Eye. Traduzione di Old Hunter
Il governo di coalizione al potere in Germania ha infine approvato una nuova risoluzione contro l’antisemitismo, dopo mesi di dibattiti tra i politici tedeschi e il timore che possa mettere a tacere i critici di Israele. La bozza finale della risoluzione, intitolata “Mai più è ora: proteggere, preservare e rafforzare la vita ebraica in Germania” è stata approvata venerdì scorso dalla coalizione composta dal Partito Socialdemocratico (SDP), dal Partito Verde e dal liberale Partito Democratico Libero (FDP), oltre che dall’Unione Cristiano-Democratica (CDU).
La risoluzione sarà presentata al Parlamento il 9 novembre, quando si voterà per la sua ratifica. Le sue caratteristiche principali sono la priorità della controversa definizione di antisemitismo dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto (IHRA) e il rifiuto di fondi statali per le attività artistiche e scientifiche a coloro che partecipano al boicottaggio di Israele. Poiché la risoluzione è stata redatta da membri della coalizione e dell’opposizione insieme, è molto probabile che riceva la maggioranza dei voti e che venga quindi attuata.
Dal 7 ottobre 2023, quando i combattenti palestinesi guidati da Hamas hanno attaccato il sud di Israele, il governo tedesco è alla ricerca di nuovi modi per riaffermare il proprio sostegno a Israele. La bozza originale della risoluzione è stata sospesa in attesa che i principali partiti tedeschi definissero la formulazione del testo.
Soltanto a luglio di quest’anno una prima bozza, concordata da tutte le parti, è trapelata al quotidiano tedesco Die Zeit. Nonostante le critiche mosse da gruppi ebraici e della società civile dopo la fuga di notizie della prima bozza, non ci sono stati cambiamenti significativi nella risoluzione finale.
La bozza ha basato la sua idea di antisemitismo sulla definizione di antisemitismo data dall’IHRA, che confonde la critica al governo israeliano e alla sua politica di guerra con l’antisemitismo.
Sebbene le risoluzioni emanate dal Bundestag non siano giuridicamente vincolanti, hanno un forte impatto politico. Ad esempio, una risoluzione del Bundestag del 2019 stigmatizza gli individui e le organizzazioni che sostengono il movimento globale BDS, etichettandoli come antisemiti, ed è stata ripetutamente utilizzata come base per limitare la libertà di parola e violare altri diritti costituzionali.
Tale risoluzione affermava esplicitamente che i finanziamenti statali e le strutture pubbliche non sarebbero stati più resi disponibili a “organizzazioni che rilasciano dichiarazioni antisemite o mettono in discussione il diritto di Israele ad esistere”. Agli stati federali e alle autorità locali è stato chiesto di seguire questa politica, cosa che ha spinto molti comuni a fare lo stesso e ad approvare le proprie risoluzioni anti-BDS.
Il consiglio comunale di Monaco, ad esempio, ha vietato qualsiasi discussione sul movimento BDS negli spazi comunali. Successivamente, il tribunale amministrativo federale ha stabilito che il consiglio comunale di Monaco di Baviera ha violato il diritto costituzionale alla libertà di parola.
Critiche immediate
La bozza di risoluzione di luglio ha suscitato immediate critiche da parte di esponenti della società tedesca, in particolare di un gruppo di esperti legali, avvocati, sociologi e politici. Hanno sollevato dubbi sulla legalità costituzionale della bozza di risoluzione e hanno suggerito che la risoluzione potrebbe portare a “mettere a tacere le voci critiche ebraiche”. I critici hanno anche ipotizzato che la risoluzione avrebbe avuto ripercussioni su “molti scienziati, scrittori e artisti ebrei, in particolare per l’intreccio tra antisemitismo e critica delle politiche israeliane”.
In una lettera intitolata “Suggerimenti per una risoluzione“, il gruppo ha proposto 16 idee per migliorare la risoluzione, tra cui l’accettazione di più definizioni contrastanti di antisemitismo e la considerazione di una pluralità di opinioni tra gli ebrei in Germania.
Allo stato attuale, gli ebrei critici di Israele sarebbero soggetti a sanzioni per la loro opposizione allo Stato. “I tentativi di limitare gli ebrei a una certa visione o stile di vita e di presentarli e trattarli come un gruppo omogeneo e uniforme sono controproducenti e non corrispondono alla realtà”, si legge nella lettera.
Il gruppo ha inoltre suggerito un maggiore sostegno finanziario per i sopravvissuti all’Olocausto, molti dei quali vivono in condizioni di povertà, e ha sottolineato l’importanza della ricerca indipendente “in particolare sull’antisemitismo o sul conflitto in Medio Oriente”. “L’idea di credere che lo Stato possa prevenire l’antisemitismo imponendo regole agli artisti creativi, ad esempio ponendo condizioni all’assegnazione di finanziamenti, è fallace”, ha dichiarato a Die Zeit Olaf Zimmermann del Consiglio culturale tedesco. La bozza di risoluzione è stata definita “pericolosa” anche da un gruppo di artisti ebrei che hanno pubblicato una lettera aperta.
La lettera, pubblicata a settembre, è stata firmata da 15 importanti organizzazioni israeliane per i diritti umani, come l’Associazione per i diritti civili in Israele, Breaking the Silence e B’Tselem. Le organizzazioni hanno espresso “grande preoccupazione” per l’attuazione della risoluzione del Bundestag. “Siamo profondamente allarmati dal carattere repressivo e dalle implicazioni divisive di una bozza di questa risoluzione, che ha suscitato aspre critiche da parte di numerosi studiosi, artisti e organizzazioni della società civile in Germania e che danneggerebbe le nostre organizzazioni e il nostro lavoro sui diritti umani”, si legge nella dichiarazione.
In seguito all’ondata di critiche, la risoluzione è stata rinviata per un ulteriore dibattito, ma la versione finale annunciata il 1° novembre si è discostata di poco dall’originale e non ha recepito quasi nessuno dei suggerimenti presentati dal gruppo di esperti legali.
Nessun cambiamento
In base alla risoluzione, chiunque faccia richiesta di finanziamenti pubblici, siano essi culturali, accademici, scientifici o artistici, sarà valutato alla luce di [possibili] “narrazioni antisemite”. Nel decidere se una persona ha diritto al finanziamento, sono ammesse altre definizioni di antisemitismo, ma l’IHRA “dovrebbe essere considerata autorevole”, si legge nel documento.
“Il Bundestag tedesco ribadisce la sua decisione di garantire che non vengano finanziate organizzazioni o progetti che diffondano l’antisemitismo, mettano in discussione il diritto di Israele a esistere, chiedano il boicottaggio di Israele o sostengano attivamente il movimento BDS”, si legge nella risoluzione.
Diversi organi di informazione tedeschi, tra cui Deutschlandfunk, Frankfurter Allgemeine e Die Zeit, nonché Amnesty International, hanno riferito che la risoluzione è stata elaborata “in segreto”, a porte chiuse. A redigerla è una ristretta cerchia di parlamentari che non hanno divulgato alcuna informazione al pubblico.
Le risoluzioni vengono solitamente redatte con l’aiuto di organizzazioni della società civile e di gruppi interessati all’argomento in questione. Tali gruppi sono normalmente invitati a parlare in Parlamento per condividere opinioni e approfondimenti. Nel caso della più recente risoluzione sull’antisemitismo, non sono state adottate misure del genere.
“A porte chiuse, parlamentari, ministri e leader di partito si lamentano delle pressioni che hanno subito da più parti negli ultimi mesi: da organizzazioni di lobby filo-israeliane, dall’ambasciata israeliana e dal Consiglio centrale degli ebrei da un lato, e da avvocati, accademici e artisti dall’altro”, ha scritto la principale stazione radiofonica pubblica tedesca Deutschlandfunk in un editoriale di fine settimana.
“Il dibattito è da tempo tossico. La paura di essere diffamati come antisemiti e odiatori di Israele dal giornale Bild ha un effetto anche in politica, fino alle più alte sfere”, prosegue il documento. La risoluzione finale identifica diversi gruppi che sarebbero responsabili dell’aumento dell’antisemitismo in Germania, ovvero “estremisti di destra, membri degli ambienti islamisti e antimperialisti di sinistra”. Inoltre, cita esplicitamente “l’immigrazione dai Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente” come motore dell’antisemitismo, senza fornire cifre e statistiche.
La risoluzione ribadisce inoltre il “diritto all’autodifesa” di Israele e sottolinea i “legittimi interessi di sicurezza di Israele come principio centrale della politica estera tedesca”. Esprime inoltre il suo sostegno alla soluzione dei due stati, in quanto “migliore possibilità per una soluzione di pace praticabile”.
La risoluzione giunge nel bel mezzo delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti e mentre i partner della coalizione tedesca si contendono la loro influenza in una lotta di potere su questioni interne che potrebbero far cadere il governo.
Non è difficile immaginare quali conseguenze potrebbero derivare dalla risoluzione per la scena culturale tedesca, data l’attuale repressione delle critiche verso Israele. L’impegno della Germania nel mettere a tacere le voci critiche nei confronti di Israele ha già portato a casi di censura culturale e al silenziamento delle voci che si pronunciavano a favore dei diritti umani dei palestinesi.
Minacce di morte
Un esempio notevole è stata la controversia della Berlinale, quando il documentario No Other Land, co-diretto da registi israeliani e palestinesi, si è aggiudicato il premio come miglior documentario al più grande festival cinematografico annuale della Germania, tenutosi a febbraio.
Nel suo discorso di accettazione, il co-regista israeliano Yuval Abraham ha parlato di una “situazione simile all’apartheid”, dicendo al pubblico che “tra due giorni [io e il co-regista Basel Adra, un palestinese] torneremo in una terra dove non siamo uguali. Io vivo sotto la legge civile e Basil vive sotto la legge militare. Viviamo a trenta minuti l’uno dall’altro”. Il giorno seguente, il sindaco di Berlino, Kai Wegner, dell’Unione cristiano-democratica, ha rimproverato i vincitori per la loro “intollerabile relativizzazione” e ha bollato i loro discorsi come “antisemiti”.
Joe Chialo, senatore per gli affari culturali, Melanie Kuhnemann-Grunow, portavoce per la politica dei media dei Socialdemocratici (SPD), e Daniela Billig, portavoce per la politica artistica dei Verdi nel parlamento di Berlino, hanno criticato il festival per aver dato spazio a discorsi anti-israeliani.
Abraham ha poi dichiarato al Guardian di aver ricevuto minacce di morte sui social media e di essere stato bollato come antisemita dai media israeliani, che citavano funzionari tedeschi.
Abraham ha duramente criticato i funzionari tedeschi, affermando che la diffamazione da loro ricevuta sminuisce il valore del termine “antisemitismo” e mette in pericolo la vita degli ebrei.