“L’OPZIONE SANSONE” DI BIDEN

DiOld Hunter

26 Novembre 2024
Abbiamo appena assistito a una settimana di scioccanti provocazioni, mentre gli Stati Uniti e la Gran Bretagna intensificano la loro guerra per procura contro la Russia con il pretesto di difendere l’Ucraina in una guerra già persa.

di Patrick Lawrence per Scheerpost  –  Traduzione a cura di Old Hunter

È diventato chiaro fin dagli attacchi terroristici di New York e Washington dell’11 settembre 2001 (che ho scelto come data della grande svolta nell’ordine mondiale) che l’abdicazione dell’America alla sua egemonia postbellica sarebbe stata uno degli eventi più significativi del XXI secolo. 

Da quel giorno in poi ci si è chiesti come le cricche politiche di Washington avrebbero reagito a un tale cambiamento del ruolo dell’America nella comunità delle nazioni e cosa avrebbero potuto fare – con quali rischi – per evitare, o almeno prevenire, questo cambiamento di portata storica-mondiale.

Quanto caotico o meno, per dirla in altro modo, si rivelerebbe l’arrivo di un nuovo ordine mondiale post-americano?

Abbiamo appena assistito a una settimana di scioccanti provocazioni, mentre gli Stati Uniti e la Gran Bretagna intensificano la loro guerra per procura contro la Russia con il pretesto di difendere l’Ucraina in una guerra già persa.

Washington e Londra, quest’ultima con il consenso della prima, hanno ora autorizzato il regime di Kiev, palesemente irresponsabile, a lanciare missili di fabbricazione americana e britannica verso il territorio russo. 

Gli ucraini non hanno perso tempo a farlo. Lo scorso martedì, le Forze armate dell’Ucraina (AFU) hanno lanciato una raffica di missili ATACMS (Army Tactical Missile System) di fabbricazione statunitense contro obiettivi russi. Il giorno dopo, l’AFU ha lanciato una raffica simile di missili Storm Shadow di fabbricazione britannica in territorio russo. 

Il grado di pianificazione e coordinamento dietro questi attacchi mi sembra ovvio. Nessuno a Washington, Londra o Kiev commenta gli obiettivi colpiti, ma anche questi sono stati senza dubbio scelti dopo un’attenta consultazione.      

Mosca ha risposto esattamente come aveva detto che avrebbe fatto settimane fa. Ora si considera in guerra con le potenze occidentali e, giovedì scorso, ha attaccato un obiettivo ucraino con un missile ipersonico di nuova generazione in grado di trasportare una testata nucleare.

Il messaggio non potrebbe essere più chiaro, a patto, devo aggiungere, che si sia in grado di leggerlo con precisione.    

Abbiamo quindi ora le risposte alle domande che ho posto. 

Non è mai stato difficile prevedere che coloro che pianificano ed eseguono la politica estera degli Stati Uniti, privi di immaginazione e di qualsiasi cosa che assomigli lontanamente al coraggio, si sarebbero dimostrati incapaci di una transizione ordinata verso un ordine mondiale multipolare.

Dopo gli eventi dell’11 settembre, un impegno costante a favore della supremazia americana si sarebbe ineluttabilmente rivelato un impegno verso un grado o un altro di disordine.  

L’ultima escalation della guerra per procura in Ucraina da parte del regime di Biden indica i limiti di questo impegno: non ce ne sono.

Siamo ormai consapevoli che il mondo, amaro scriverlo, sarà condannato al caos e a una violenza incessanti finché gli ideologi dell’impero americano saranno capaci di opporre una resistenza al mondo che lotta per esistere.

Ora sappiamo quali rischi correranno coloro che si dedicano a prolungare la fase finale dell’impero in difesa di ciò che non è più difendibile: tutti i rischi sono accettabili per restare aggrappati al potere. Rischieranno un’altra guerra mondiale, rischieranno l’annientamento nucleare.

In questi giorni si sente molto parlare della dottrina israeliana nota come Opzione Sansone, in base alla quale gli israeliani, se si sentissero esistenzialmente minacciati, userebbero il loro arsenale nucleare per far crollare il mondo con loro. A quei terroristi da baraccone che gestiscono lo Stato sionista, si potrebbe chiedere: Chi o cosa potrebbe essere più diabolico?

È una domanda ragionevole. Ma non si può più fingere sulla perversità unica dell’Israele terrorista e della sua Opzione Sansone. L’America del dopo 11 settembre – impaurita, che si vede minacciata dalla storia stessa – si è appena dimostrata altrettanto perversa, altrettanto diabolica, altrettanto dedita al disprezzo della causa umana.

C’è un modo più o meno grande di comprendere la decisione degli Stati Uniti di autorizzare l’uso di missili forniti dall’Occidente contro obiettivi russi. Si tratta in parte di una questione di politica di passaggio e in parte delle dinamiche dell’ideologia tardo-imperiale. Consideriamo gli uni e gli altri.

È certamente così, come ha sottolineato Joe Lauria su Consortium News la scorsa settimana, che l’immensa avventatezza della decisione degli Stati Uniti di autorizzare l’uso di missili forniti dall’Occidente contro obiettivi russi riflette la dispettosa determinazione di un presidente fallito, in procinto di lasciare il suo incarico, di minare l’intenzione annunciata dal presidente eletto Trump di porre fine alla guerra in Ucraina.

Non vedo come dare a Kiev il permesso di usare missili di fabbricazione occidentale (con militari occidentali che li gestiscono) contro la Russia possa modificare le intenzioni di Trump. L’unico modo in cui una simile mossa potrebbe funzionare è provocare la Russia in una guerra molto più estesa e pericolosa. Questo si ricollega alla mia osservazione precedente: nessun rischio è troppo grande se assumerlo prolunga il lungo attacco degli Stati Uniti alla Russia in nome della supremazia americana.

C’è anche il miserabile desiderio di Joe Biden di preservare il suo “lascito testamentario”. Biden è stato sciocco oltre ogni dire quando ha scelto la sovversione della Federazione Russa (“sottomissione” è una parola mia?) come progetto che avrebbe inciso il suo nome nei libri di storia.

Questa è un’altra guerra persa: l’ “eredità” di Biden giace in rovina ancor prima di lasciarla. L’uomo di Scranton passerà, in base ai fallimenti, ai pericoli e ai pasticci che si lascia alle spalle, come il presidente che ha ottenuto i peggiori risultati nella storia americana del dopoguerra.

Possiamo attribuire questo fatto all’inettitudine di Biden: un’attenta analisi della sua carriera rivela che è – non mi scuso per la scelta delle parole – molto stupido. Il suo stato mentale in declino, che ha ricevuto molta attenzione dalla stampa nei mesi successivi a quando è stato costretto a ritirare la sua candidatura per la rielezione, è un caso di incapacità che si aggiunge all’incompetenza.

Qualche tempo fa i russi hanno iniziato a riferirsi al “collettivo Biden” per tenere conto della realtà che non c’è modo di sapere chi giudichi e assuma le decisioni politiche comunemente attribuite al “presidente”, al “signor Biden” o alla “Casa Bianca”.

Potreste pensare che sia incredibilmente irresponsabile da parte dei Democratici, e di tutta Capitol Hill con loro, lasciare gli Stati Uniti senza un presidente capace, ma propongo una considerazione: sebbene sia certamente irresponsabile lasciare lo Studio Ovale vacante per molti mesi, se non anni, è perfettamente credibile data la misura in cui lo Stato profondo (lo Stato di sicurezza nazionale, se così vi pare corretto) ora gestisce la politica degli Stati Uniti, non proprio alla luce del sole, ma quasi.

Per quanto ne sappiamo, per chiarire questo punto, il Segretario di Stato Blinken, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jake Sullivan, William Burns, direttore della Central Intelligence Agency, e pochi altri formano una cerchia ristretta che ha orientato la politica degli Stati Uniti per gran parte del mandato presidenziale di Biden, sia in autonomia che con il suo (letterale) assenso.

Un gruppo esterno, con sede al 1600 di Pennsylvania Avenue, ma con minore autorità operativa, includerebbe personaggi come Samantha Power, che dirige l’Agenzia per lo sviluppo internazionale, Avril Haines, direttrice dell’intelligence nazionale, e il segretario alla Difesa Lloyd Austin. 

Questo è “il collettivo Biden” – una frase così ben coniata. Guardate i suoi membri, e ce ne sono molti altri che non ho nominato. Sono i praefecti, i procuratori e i consoli dell’impero. Non hanno alcun interesse per la politica e non vogliono avere nulla a che fare con i cittadini. L’impero è la loro ideologia e si dedicano esclusivamente a estendere il suo potere.

E sono questi apparatchik più o meno remoti che formano il collettivo Biden e che sono ancora più indifferenti all’assunzione di rischi inconcepibili rispetto alla debole figura dietro la quale gestiscono gli affari dell’impero.

Come molti hanno osservato dopo l’intervento della Russia in Ucraina due anni e nove mesi fa, Joe Biden ha iniziato una guerra che non può permettersi di perdere. Ma Joe Biden si accontenterà della sua Corvette e dei suoi occhiali da sole tra qualche settimana.

Lo Stato profondo ha molto, molto di più in gioco a questo punto – non meno, direi, della longevità dell’impero americano. Le persone che ne fanno parte sono i veri perdenti che non possono permettersi di perdere.

A questo punto è impossibile sapere cosa succederà ora che gli Stati Uniti, con la Gran Bretagna al seguito, hanno autorizzato gli attacchi missilistici a lungo raggio.

Non sappiamo, tra l’altro, come lo Stato profondo gestirà i tentativi che Trump potrebbe fare per porre fine alla guerra. Queste sono le persone che hanno sovvertito i suoi piani per migliorare le relazioni con Mosca durante il suo primo mandato, dobbiamo ricordarcelo.

Ma l’entità della disperazione condivisa tra lo Stato profondo e Biden – il politico che esce di scena – è molto evidente. Secondo quanto riferito, il collettivo Biden non ha informato il Pentagono prima di prendere la decisione sui missili. Contemporaneamente ha annunciato l’intenzione di fornire a Kiev mine antiuomo, quelle che fanno saltare le gambe ai combattenti e mutilano i bambini che le incontrano anni o decenni dopo.

Questa non è, per usare un eufemismo, la condotta di una cricca politica sicura di controllare il proprio destino.

La risposta russa

Molto è stato detto del missile ipersonico, chiamato Oreshnik, che l’esercito russo ha lanciato contro uno stabilimento dell’industria della difesa ucraina nella città di Dnepropetrovsk giovedì scorso, un giorno dopo che Kiev aveva lanciato contro la Russia una raffica di missili Storm Shadow di fabbricazione britannica. I media occidentali hanno gridato che la “Russia di Putin” ha nuovamente minacciato di ricorrere a un attacco nucleare.

Non c’è dubbio sulla potenza insolita, se non senza precedenti, dell’Oreshnik. Ha innescato esplosioni durate tre ore, secondo i primi resoconti della stampa. E può effettivamente trasportare una testata nucleare.  

Ma non condivido la lettura prevalente del primo dispiegamento dell’Oreshnik, così come non ho condiviso nessuno dei precedenti discorsi sulle presunte minacce russe di passare al nucleare. Riassumerei il messaggio che il Cremlino avrebbe potuto scrivere col gesso sulla fusoliera dell’Oreshnik, così:

Vogliamo che vi ricordiate che noi, da entrambe le parti, siamo potenze nucleari. Introduciamo un po’ di buonsenso nell’impasse in cui ci avete portato.

Il discorso televisivo pronunciato dal Presidente Vladimir Putin lo scorso giovedì sera avvalora questa interpretazione. Sebbene sia probabile che vengano lanciati altri Oreshnik in Ucraina, gli obiettivi, come quello di giovedì scorso, saranno scelti per il loro valore militare e la Russia continuerà ad astenersi dal dispiegare missili a corto o medio raggio di fuori dell’Ucraina, a seconda di ciò che faranno gli Stati Uniti. 

Come di consueto, il leader russo ha assunto una visione di lungo periodo – come tutti noi dovremmo fare – e colloca la risposta della Russia alla crisi appena creata da Stati Uniti e Gran Bretagna nel contesto storico della lunga lista di tradimenti dell’Occidente dopo la Guerra Fredda.

“Non è stata la Russia, ma gli Stati Uniti a distruggere il sistema di sicurezza internazionale”, ha detto Putin, l’ultimo dei suoi numerosi riferimenti al ritiro di Washington da vari trattati sul controllo degli armamenti dopo l’amministrazione Bush II.

Glenn Diesen, redattore di Russia in Global Affairs e tra i più saggi in questa materia, ha pubblicato la scorsa settimana un articolo in cui afferma che l’Occidente ha “oltrepassato il confine tra guerra per procura e guerra diretta”. In esso Diesen ha posto la domanda che tutti hanno in mente in questo momento:

Come risponderà la Russia? Prima di premere il bottone nucleare, la scala dell’escalation prevede ancora diversi gradini. La Russia può intensificare gli attacchi agli obiettivi politici e alle infrastrutture ucraine, introdurre truppe nordcoreane che probabilmente erano destinate come deterrente per una situazione del genere, colpire i mezzi della NATO nel Mar Nero e i centri logistici in Polonia o Romania, distruggere i satelliti utilizzati per gli attacchi alla Russia o attaccare i mezzi militari USA/NATO in altre parti del mondo con il pretesto di consentire ad altri Paesi di difendersi“.

Non conosco la verosimiglianza o meno di queste supposizioni. Ma mi sembra che il collettivo Biden e l’apparato di sicurezza nazionale che lo sostiene possano aver messo il Cremlino in una sorta di Comma 22.

Finché la Russia eserciterà la moderazione che ora dimostra – diciamo finché Putin e il suo ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, rimarranno gli statisti nella stanza – gli Stati Uniti e i loro clienti, come la Gran Bretagna, probabilmente spingeranno la loro campagna di provocazioni al passo successivo, e a quello dopo ancora, e così via. Questa è la lunga strada verso la versione americana dell’Opzione Sansone.

E se l’unico modo per fermare queste provocazioni sarà quello di rispondere come vuole l’Occidente – cioè con una escalation della situazione verso uno stato di rischio che nessun uomo di Stato sano di mente riterrebbe accettabile – la Federazione Russa potrebbe trovarsi in quella guerra a cui per molti anni ha resistito ad entrare. La strada breve per l’Opzione Sansone.

Possiamo ringraziare Joe Biden per aver condotto il mondo a questo momento pericoloso. Ma non credo che Biden sia abbastanza diabolicamente intelligente da poterlo fare da solo. Ed è questo che dovrebbe preoccuparci di più.

Patrick Lawrence

Link alla fonte: https://scheerpost.com/2024/11/26/patrick-lawrence-bidens-samson-option/

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