
di Sergei Karaganov su profile.ru del 21 gennaio – Traduzione a cura di Old Hunter
L’elezione di Trump ha temporaneamente sospeso la nostra politica nei confronti dell’Occidente, compresa la guerra in Ucraina. Non abbiamo reagito in modo troppo energico (il che è corretto) alle provocazioni di retroguardia dei Bideniani, ma i nostri soldati hanno continuato le operazioni offensive e hanno annientato le truppe mercenarie occidentali in Ucraina. Ora, da tutte le parti, si parla della possibilità di un compromesso, dei suoi contorni. E qui, almeno sui media, si è cominciato a discutere animatamente di tali opzioni.
Assieme ai miei colleghi, stiamo preparando uno studio su larga scala e un’analisi della situazione, dedicati all’elaborazione di raccomandazioni riguardanti la politica russa verso l’Occidente. Non voglio fare previsioni sui risultati della discussione, ma semplicemente condividere alcune riflessioni preliminari. Possono rivelarsi utili nel periodo di preparazione del rapporto e mirano a creare le basi per una discussione più ampia.
L’amministrazione Trump non ha ora alcun motivo serio per negoziare con noi alle condizioni che abbiamo stabilite. La guerra è economicamente vantaggiosa per gli Stati Uniti, poiché consente loro di derubare i propri alleati con raddoppiata energia, di rinnovare il proprio complesso militare-industriale e di imporre i propri interessi economici attraverso sanzioni sistemiche a decine di Paesi in tutto il mondo. E, comprensibilmente, continuare a infliggere danni alla Russia nella speranza di logorarla e, nel migliore dei casi per gli Stati Uniti, di farla crollare o metterla fuori gioco come perno strategico-militare della nascente e liberatrice Maggioranza Mondiale, un potente pilastro strategico del principale concorrente – la Cina. Sebbene questa guerra sia inutile e persino un po’ dannosa dal punto di vista della politica interna, la bilancia degli interessi è piuttosto a favore della sua continuazione.
Mi metterò nei panni di Trump: un nazionalista americano con elementi di messianismo tradizionale, ma senza la feccia globalista-liberale degli ultimi tre o quattro decenni e il coinvolgimento di Biden nei piani di corruzione ucraina. Solo tre cose possono spingere questo ipotetico Trump verso accordi che ci convengano. La prima è la minaccia di un Afghanistan 2, la sconfitta totale e la vergognosa fuga del regime di Kiev e il fallimento evidente dell’Occidente, guidato dall’America. La seconda è l’uscita della Russia dall’alleanza di fatto con la Cina. La terza, il rischio che un’azione militare ce si estenda al territorio degli Stati Uniti e ai suoi possedimenti vitali, provocando morti di massa tra la popolazione americana (inclusa la distruzione delle basi militari).
Una sconfitta totale è necessaria, ma senza un uso molto più attivo del fattore deterrente nucleare, sarà estremamente costosa, se non proibitiva, e richiederà la morte di migliaia e migliaia di altri dei migliori figli della nostra patria. Arrendersi alla Cina sarebbe per noi assurdamente controproducente. Se i sostenitori di Trump durante il primo mandato hanno cercato di convincerci a farlo, ora sembrano rendersi conto che la Russia non accetterà. Più avanti parleremo più approfonditamente del fattore nucleare.
Una sconfitta completa è necessaria, ma senza un uso molto più attivo della deterrenza nucleare, sarà estremamente – se non proibitiva – costosa, richiedendo la morte di altre migliaia e migliaia di figli migliori della nostra patria. Arrendersi alla Cina è assurdamente controproducente per noi. Se i trumpisti del primo mandato hanno cercato di convincerci a farlo, ora sembrano rendersi conto che la Russia non accetterà una cosa del genere. Sul fattore nucleare si tornerà più avanti.
Per le attuali élite europee, per gli euro-integralisti, la guerra è un bisogno urgente. Non solo per la speranza di indebolire un tradizionale rivale geopolitico e vendicarsi delle sconfitte degli ultimi tre secoli, ma anche per via della russofobia. Queste élite, la loro euro-burocrazia, stanno fallendo quasi in ogni direzione. Il progetto europeo si sta incrinando.
L’uso della Russia come spauracchio, ormai diventato un vero e proprio nemico, che dura ormai da oltre un decennio, è lo strumento principale per legittimare il loro progetto e mantenere il potere da parte delle élite europee. Inoltre, in Europa, il “parassitismo strategico” – la mancanza di paura della guerra – è diventato molto più forte che negli Stati Uniti. Gli europei non solo non vogliono pensare a cosa questo potrebbe significare per loro, ma non sanno più come pensarci. Fin dall’epoca sovietica e sulla base della nostra esperienza di lavoro con de Gaulle, Mitterrand, Brandt, Schröder e altri come loro, ci siamo abituati a considerare gli americani come i principali istigatori dello scontro e della militarizzazione della politica in Occidente. Questo non è del tutto vero, e non lo è affatto. È stato Churchill, quando gli sembrò vantaggioso, a trascinare gli Stati Uniti nella Guerra Fredda. Furono gli strateghi europei – all’epoca ce n’erano ancora -, non gli americani, a dare inizio alla crisi missilistica degli anni ’70. L’elenco degli esempi è lungo. Ora le élite europee sono i principali sponsor della giunta di Kiev. Dimenticando che sono stati i loro predecessori a scatenare due guerre mondiali, stanno spingendo l’Europa e il mondo verso una terza. Mentre mandano al macello la carne da cannone ucraina, ne preparano di nuova: gli europei dell’est provenienti da diversi stati balcanici, dalla Romania e dalla Polonia. Hanno iniziato a dispiegare basi mobili dove stanno addestrando contingenti di potenziali lanzichenecchi. Cercheranno di continuare la guerra non solo fino all’“ultimo ucraino”, ma presto fino all’“ultimo europeo dell’Est”.
La propaganda anti-russa della NATO e di Bruxelles supera già quella di Hitler. Anche i legami umani personali con la Russia vengono sistematicamente recisi. Coloro che propugnano relazioni normali vengono avvelenati e cacciati dal lavoro. In sostanza, si sta imponendo un’ideologia liberale totalitaria. Si dimenticano persino delle loro pretese di democrazia, anche se continuano a parlarne. L’esempio più recente è l’annullamento dei risultati delle elezioni presidenziali in Romania, vinte da un candidato di Bruxelles.
Le élite europee non solo stanno chiaramente preparando le loro popolazioni e i loro paesi alla guerra. Indicano persino le date approssimative in cui potrebbero essere pronti a scatenarla.
Come fermare i pazzi? Arrestare la discesa verso la Terza Guerra Mondiale, almeno in Europa? Porre fine alla guerra?
Il discorso sul compromesso e sulla tregua ruota attorno al congelamento dell’attuale linea di scontro. Ciò consentirà ai resti degli ucraini di essere riarmati e, integrati da contingenti provenienti da altri Paesi, di dare inizio a un nuovo ciclo di ostilità. Dovremo combattere di nuovo. Inoltre, da posizioni politiche meno vantaggiose. Se proprio si dovesse arrivare al dunque, è possibile e necessario presentare un simile compromesso come una vittoria. Ma questa non sarà una vittoria, bensì, francamente, una vittoria dell’Occidente. È così che sarà percepito in tutto il mondo. E per molti versi sarà lo stesso anche per noi.
Non elencherò tutti gli strumenti per evitare uno scenario del genere. Ne citerò solo i più importanti. Per prima cosa, si deve finalmente dire a noi stessi, al mondo e ai nostri avversari l’ovvio. L’Europa è la fonte di tutte le principali disgrazie dell’umanità: due guerre mondiali, genocidi, ideologie anti-umane, colonialismo, razzismo, nazismo e così via. La metafora di un noto dirigente europeo sull’Europa come un “giardino fiorito” suona molto più realistica se la si definisce un campo invaso da sterpi, che fiorisce sull’humus di centinaia di milioni di persone assassinate, derubate e ridotte in schiavitù. E attorno ad esso sorge un giardino di rovine di civiltà e popoli soppressi e derubati. L’Europa deve essere definita come merita, per rendere più più convincente e giustificata la minaccia di usare le armi nucleari contro di essa.
In secondo luogo, per sottolineare un’altra verità ovvia: qualsiasi guerra tra Russia e NATO/UE diventerà inevitabilmente nucleare o si intensificherà fino a un livello nucleare se l’Occidente continuerà a combattere
contro di noi in Ucraina. Questa precisazione è necessaria, tra l’altro, per limitare la corsa agli armamenti in atto. . È inutile accumulare enormi arsenali di armi convenzionali se gli eserciti che ne sono dotati e gli stessi Paesi che li hanno inviati saranno inevitabilmente spazzati via da un tornado nucleare.
In terzo luogo, dobbiamo continuare ad avanzare per diversi mesi ancora, annientando il nemico. Ma prima lo faremo, meglio sarà, è necessario annunciare che la nostra pazienza, la nostra disponibilità a sacrificare i nostri uomini per il bene della vittoria su questo bastardo, presto si esauriranno e ne annunceremo il prezzo: per ogni soldato russo ucciso, mille europei morranno se non smetteranno di assecondare i loro governanti che stanno muovendo guerra alla Russia. Dobbiamo dirlo chiaramente agli europei: le vostre élite faranno di voi la prossima porzione di carne da cannone e, se la guerra diventa nucleare, non saremo in grado di proteggere la popolazione civile europea, come stiamo cercando di fare in Ucraina. Come promesso da Vladimir Putin, avvertiremo degli attacchi, ma le armi nucleari sono ancora meno selettive delle armi convenzionali. Naturalmente, le élite europee dovranno fare i conti con il fatto che loro e i loro luoghi di residenza diventeranno i primi obiettivi di attacchi di rappresaglia nucleare. Non gli sarà possibile stare a guardare.
E agli americani si dovrebbe semplicemente dire che se continuano a gettare legna nella fornace del conflitto ucraino, attraverseremo il Rubicone nucleare in pochi passi, colpiremo i loro alleati e, se ci sarà una risposta non nucleare, come hanno minacciato, seguirà un attacco nucleare alle loro basi in Europa e nel mondo. Se poi oseranno rispondere con armi nucleari, riceveranno un attacco nucleare sul loro territorio.
In quarto luogo, dobbiamo continuare il nostro rafforzamento militare, necessario in un mondo ultra turbolento e tormentato dalla crisi. Ma allo stesso tempo è necessario non solo cambiare la nostra dottrina nucleare, che, grazie a Dio, è già iniziata, ma anche riprendere, nel caso in cui gli americani e i loro lacchè non fossero disposti a negoziare, un deciso movimento verso l’alto della escalation nucleare, per aumentare l’efficacia delle nostre forze di deterrenza e di rappresaglia nucleare. L’”Oreshnik” è un’arma magnifica, ode ai suoi clienti e creatori, ma non è un sostituto delle armi nucleari, bensì semplicemente un altro efficace gradino sulla scala dell’escalation.
In quinto luogo, dobbiamo comunicare agli Stati Uniti, attraverso vari canali, che non vogliamo umiliarli e che siamo pronti a contribuire a garantire la loro uscita dignitosa dalla catastrofe ucraina, dove gli americani sono stati trascinati dai liberal-globalisti e dagli europei
Ma soprattutto, dobbiamo renderci conto che non possiamo e non abbiamo il diritto di essere indecisi di fronte al Paese, al nostro popolo e all’umanità. In gioco non c’è solo il destino della Russia, ma anche quello della civiltà umana nella sua forma attuale.
Se e quando gli americani si ritireranno, l’Ucraina sarà sconfitta piuttosto rapidamente. L’est e il sud dell’Ucraina cadranno in mano alla Russia. Al centro e all’ovest dell’attuale Ucraina si dovrebbe formare uno Stato neutrale e smilitarizzato, con una no-fly zone su di esso, dove chiunque non voglia vivere in Russia e rispettare le nostre leggi possa trasferirsi. Verrebbe concluso un cessate il fuoco.
Ebbene, dopo la tregua, sarà necessario procedere verso una soluzione comune ai problemi che affliggono l’umanità, insieme agli amici della Maggioranza Mondiale. E anche con gli americani, se finalmente torneranno in sé. Allo stesso tempo è urgente allontanare temporaneamente l’Europa dalla soluzione dei problemi del mondo. Ancora una volta, torna ad essere la principale minaccia per sé stessa e per il mondo.

con i resti del suo esercito che lasciano la Russia. Museo storico statale, Mosca
La pace nel subcontinente potrà essere instaurata solo quando la schiena dell’Europa verrà nuovamente spezzata, come è accaduto con le nostre vittorie su Napoleone e Hitler, e quando ci sarà un cambio generazionale tra le élite attuali. E anche in questo caso, non in un contesto strettamente europeo – ormai è cosa del passato – ma in un contesto eurasiatico.
Sergei Karaganov

Dottore in Scienze storiche, professore. Direttore scientifico e decano della Facoltà di economia mondiale e politica mondiale della National Research University “SCUOLA SUPERIORE DI ECONOMIA”. Presidente onorario del Presidium del Consiglio per la politica estera e della difesa. Presidente del consiglio editoriale della rivista “Russia in politica globale”. Uno dei fondatori dell’Istituto dell’Europa dell’Accademia russa delle Scienze. Autore e redattore, responsabile di oltre 25 libri e opuscoli, ha pubblicato circa 500 articoli scientifici. Membro del Consiglio Scientifico del Ministero degli Esteri della Federazione Russa, membro del Consiglio scientifico e consultivo del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, membro del Consiglio del Presidente della Federazione Russa per lo sviluppo della società civile e dei diritti umani. È uno specialista nel campo della politica estera e della difesa della Russia, delle relazioni russo-occidentali, dei processi internazionali nella Grande Eurasia, delle nuove sfide al moderno ordine globale.